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Speciale NBA 2017-2018: Denver Nuggets, con Jokic e Millsap per essere protagonisti a Ovest

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Riflettori puntati su Nikola Jokic, chiamato a essere il nuovo leader dei Nuggets, in un gruppo che accoglie anche un All-Star come Paul Millsap. Ma Denver deve migliorare drasticamente in difesa se vuole puntare ai primi playoff dal 2013

C’è grandissima attesa attorno alla stagione dei Denver Nuggets, che in estate hanno lasciato andare Danilo Gallinari consegnando la squadra in mano a Nikola Jokic: a dar man forte al serbo è arrivato Paul Millsap da Atlanta, ma in Colorado nutrono enorme fiducia anche nella crescita di Jamal Murray. Secondo l’apposito indice studiato da ESPN, i Nuggets hanno il calendario più facile di tutte le 30 squadre della lega sia a ottobre che a novembre, e questo potrebbe rivelarsi fondamentale per infilare una partenza lanciata che dia fiducia al gruppo di coach Michael Malone costruendo un trend positivo capace di autoalimentarsi. Uno dei punti di forza della scorsa stagione – la forza d’urto a rimbalzo (2° per percentuale in attacco, 5° in difesa) – dovrebbe restar tale, vista anche l’addizione di Millsap (7.5 di media in carriera) ma è ovviamente difensivamente dove i Nuggets sono chiamati a dimostrare maggiore solidità se vogliono avanzare ambizioni importanti. I dati sono schiaccianti: solo i Lakers hanno concesso agli avversari più dei loro 110.5 punti per possesso e le percentuali degli avversari tanto dal campo (47.7%, la seconda più alta) che da tre punti (37.5%, la terza) confermano la pochezza del reparto dietro, capace di forzare neppure 11 palle perse a partita, il peggior dato di tutta la lega. Dalla panchina coach Michael Malone vede alzarsi alcuni giocatori dal rendimento affidabile (Jameer Nelson, Darrell Arthur se sano, piuttosto che il solidissimo Mason Plumlee, addizione in corsa dello scorso anno, destinato a soppiantare Kenneth Faried in rotazione sotto canestro) con altri a cui è lecito chiedere qualcosa di più (Emmanuel Mudiay e un promettente Trey Lyles). 

RECORD 2016-17: 40-42 (4° Northwest Division; 9° Western Conference; 18° NBA)

PLAYOFF: no

OVER/UNDER 2017-18: 45.5 (11°)

Roster

JAMAL MURRAY | Jameer Nelson, Emmanuel Mudiay
GARY HARRIS | Malik Beasley
WILSON CHANDLER | Will Barton
PAUL MILLSAP | Kenneth Faried, Trey Lyles, Darrell Arthur
NIKOLA JOKIC | Juan Hernangomez, Mason Plumlee

ALLENATORE: Michael Malone

GM: Arturas Karnisovas

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Nikola Jokic giocatore-franchigia: è pronto?

I tifosi dei Nuggets guardano il bicchiere mezzo pieno: da quando Jokic è diventato il centro titolare (15 dicembre 2016) l’attacco di Denver è stato il migliore della lega per efficienza (113.3 punti per 100 possessi, addirittura 117.7 con lui in campo). I critici si concentrano sulla parte del bicchiere che resta vuota: Denver è stata titolare anche della peggior difesa di lega, concedendo 111.9 punti per 100 possessi agli avversari. Un rebus difficile da risolvere, verrebbe da dire, ma che senza dubbio illumina quanto decisivo sia il serbo sui destini dei Nuggets. Primo per squadra per usage rate (passa dalle sue mani un possesso su quattro), è stato il n°1 anche per percentuale a rimbalzo e negli assist (suoi 29 assist su 100 canestri della squadra quando è in campo): dati, soprattutto l’ultimo, che mettono in chiaro come il n°15 agli ordini di coach Malone sia il fulcro assoluto dell’attacco di Denver, che gira naturalmente attorno a lui e alle sue doti quasi uniche di point center (6.3 assist su 36 minuti il suo dato). Rimane però un giocatore di soli 22 anni (e due stagioni di esperienza) a cui viene chiesto di diventare la faccia e il leader di una squadra che vuole puntare in alto (molto in alto, secondo alcuni): troppe responsabilità, troppo presto? Il rischio c’è.

Cosa chiedono i Nuggets a Paul Millsap?

Difesa, prima di tutto, perché a Denver sono finiti tra le ultime dieci squadre della lega per efficienza dietro in ognuna delle ultime quattro stagioni. L’ex Atlanta – tra i 28 giocatori NBA con più di 100 possessi difensivi in post basso – è il giocatore che ha concesso la minor media punti agli avversari (solo 0.59 punti per possesso). In generale, il suo impatto in campo è sempre positivo (Hawks +2.0 con lui in campo, -5.0 con lui fuori lo scorso anno) e il suo rendimento qualcosa su cui coach Malone sa di poter contare con costanza (negli ultimi tre anni uno dei sette giocatori NBA nella top15 per real plus/minus, insieme a LeBron James, Steph Curry, Kawhi Leonard, Chris Paul, Russell Westbrook e Draymond Green). Un All-Star che con Jokic forma una coppia di lunghi moderna, perfetta per i dettami del gioco da terzo millennio: a lui (più ancora che al serbo 22enne) saranno richieste anche abbondanti doti di leadership.

Qual è il potenziale della coppia di guardie Murray-Harris?

A Murray, che nel suo primo anno nella lega ha dimostrato di poter mettere punti a tabellone con una certa facilità, verrà chiesto di prendere le redini dell’attacco dei Nuggets, preferendolo con ogni probabilità in quintetto al più esperto (ma meno futuribile) Nelson e a Mudiay, sempre più terzo uomo nella rotazione a tre di coach Malone in regia. Al suo fianco – a maggior ragione dopo il rinnovo da 84 milioni di dollari per 4 anni – ci sarà Gary Harris, forte di ottime percentuali al tiro (il 42% da tre punti, sopra il 50% dal campo) ma reduce da una stagione che difensivamente, almeno a livello statistico, ha lasciato parecchio a desiderare. Ha le doti per migliorare, sia fisiche che mentali (“è uno dei giocatori più ascoltati in spogliatoio – dice di lui Michael Malone – ha una leadership naturale”). Solo 23 anni lui, addirittura 20 Murray: hanno tutto il tempo per crescere e il potenziale per farlo ad altissimo livello. 

Gli obiettivi

I primi playoff dal 2013 sono l’obiettivo principale ma anche quello minimo, visto l’hype creato da più parti attorno alla squadra. I Nuggets 2017-18 vengono posizionati subito alle spalle del terzetto/quartetto di grandi squadre a Ovest (Golden State, Houston, San Antonio, ci si può aggiungere anche Oklahoma City), anche se la gioventù del roster  non costringe Denver all’obbligo di risultati immediati. Potrebbero essere una delle belle realtà della stagione NBA, ma anche una parziale delusione se le aspettative  dovessero gonfiare gli obiettivi in maniera eccessiva.