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Chicago Bulls, qualcosa non torna: Portis in campo mentre Mirotic è ancora ko

NBA

Finita la squalifica di otto turni, Portis è stato il migliore dei Bulls nel suo esordio stagionale contro i Raptors. La spaccatura con Mirotic però sembra ormai insanabile: il lungo spagnolo, contro ogni logica, è sempre più fuori dai giochi 

La sostanza in casa Bulls non è cambiata. Sconfitti per la settima volta nelle prime nove partite di questa regular season dopo aver fallito il tentativo di rimonta nel match contro Toronto. Inutile infatti il prepotente rientro dopo essere stati sotto di 23 punti nel primo tempo, incapaci di portarlo a termine nonostante il contributo di un eccellente Bobby Portis, che a livello tecnico ha giustificato il suo reintegro in squadra dopo otto turni di squalifica. Il numero 5 ha chiuso la sfida con 21 punti e 13 rimbalzi in 24 minuti di gioco: di gran lunga il migliore sul parquet con indosso la maglia di Chicago, la prestazione più convincente in carriera su un parquet NBA. Sul piano numerico un'ottima aggiunta a un roster in difficoltà, anche se restano dei dubbi enormi riguardo la scelta fatta dai Bulls: Nikola Mirotic infatti è ancora alle prese con i postumi del cazzotto che Portis gli ha rifilato durante un allenamento a ridosso dell’inizio della stagione e che gli ha causato due fratture al volto e una commozione celebrale (che il lungo spagnolo ha deciso di non operare, affrontando così una riabilitazione di sei settimane). Non una carezza insomma, come invece sembra essere stata la sospensione e la squalifica comminata al numero 5. D’altro canto i Bulls avevano già specificato in precedenza che, nonostante la gravità di quanto successo, la dirigenza è convinta del fatto che parte delle responsabilità siano da attribuire anche al giocatore spagnolo, reo di essere stato il primo a far degenere il duello fisico sul parquet in ben altro. Mirotic ormai vive a tutti gli effetti da separato in casa, non soltanto perché ancora infortunato. Ha già posto la squadra di fronte a un aut-aut (“O me o lui”) e frequenta il campo di allenamento dei Bulls soltanto nei giorni in cui la squadra è in trasferta; nessuno dei suoi compagni infatti lo ha più rivisto dopo quanto accaduto ormai tre settimane fa. “No, non ho ancora parlato con Niko dopo quanto successo”, ha commentato Portis prima della palla a due, raccontando come dopo l’accaduto abbia provato a contattare sia con un messaggio che con una telefonata il compagno di squadra, senza tuttavia ricevere alcuna risposta. Da quel momento ha sottolineato come non abbia più alzato la cornetta per riprovare: “Voglio provare a riallacciare i rapporti con lui, a mettere a posto le cose e fare del mio meglio per riuscirci, ma non sono io a controllare la situazione al momento”. I problemi quindi sembrano molto lontani dall'essere risolti.

Mirotic, cosa fare? L’unica opzione è cambiare aria

“Ciò che è stato è stato, non posso controllarlo. L’unica cosa che posso pensare di modificare è il mio comportamento. Non sono preoccupato da chi resterà o chi andrà via, dalle voci di mercato; l’unica cosa a cui penso è tornare a giocare nel miglior modo possibile e con il più alto livello possibile d’intensità. Sto vivendo un sogno, e voglio continuare a farlo. Ho sempre voluto giocare in NBA e adesso che sono qui non voglio lasciarmi sfuggire quest’occasione”. Queste le parole di Portis prima della palla a due, abile in parte a svicolare rispetto al senso incalzante delle domande fatte dai cronisti. “Ero soltanto un po’ frastornato prima della partita. Sono stato lontano per tre settimane dalla cosa che più amo al mondo e non voglio che qualsiasi altra cosa succeda mi costringa a dover rinunciare al mio sogno”. Il tentativo di provare a superare quanto successo però non sembra aver funzionato poi molto; l’elefante è ancora nella stanza e costa 12.5 milioni di dollari, quelli garantiti dal contratto che Mirotic ha sottoscritto lo scorso settembre e che lascia poi la possibilità a Chicago di decidere se utilizzare la team option da 14.5 milioni l’anno seguente. A leggere i commenti di coach Hoiberg e Kris Dunn (entrambi focalizzati solo ed esclusivamente a sottolineare quanto sia stato decisivo l’apporto di Portis, il suo impatto e il suo atteggiamento in campo) sembra chiaro che anche lo spogliatoio si sia schierato dalla parte del numero 5. “Ho sentito le urla del pubblico, ma sono un ragazzo molto forte mentalmente – racconta Portis a fine partita, durante la quale i tifosi dei Raptors hanno ironizzato sulla sua squalifica -. Non hanno alcun tipo di effetto quelle frasi; ne ho sentite di tutti i colori sin da quando ero un ragazzino. Non mi preoccupo e non ci faccio caso”. Tutti dunque sembrano voler dimenticare, tranne il diretto interessato che resta esiliato, infortunato e ancora in silenzio. A questo punto fare le valigie sembra l’unica opzione rimasta a disposizione dello spagnolo; la sua squadra sembra aver già deciso per lui.