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NBA, i risultati della notte: Harden trascina i Rockets, successi per Celtics e Warriors

NBA

Serata di successi in rimonta per tutte le squadre di vertice: i Rockets portano a casa l'undicesima vittoria in doppia cifra contro i Knicks (dopo essere stati sul -22 nel primo quarto) grazie ai 37 punti di James Harden. Anche Steph Curry e gli Warriors partono male, ma vincono in rimonta contro New Orleans. Boston la ribalta nel terzo quarto contro Indiana e vince la 18^ gara delle ultime 19

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Houston Rockets-New York Knicks 117-102

IL TABELLINO

I problemi alla schiena di Kristaps Porzingis sembravano soltanto l’ultimo indizio che già prima della palla a due raccontava come difficilmente ci sarebbe stata partita contro Houston. A leggere il quintetto titolare dei Knicks era difficile pronosticare che New York restasse in corsa per più di qualche minuto. Una convinzione e leggerezza che deve essere entrata anche nella testa dei giocatori dei Rockets, completamente svagati e disattenti nella prima metà di primo quarto e travolti da Michael Beasley (sì, proprio lui) e Kyle O’Quinn. Buona parte dei 50 punti totali messi a referto dai due (30 il primo, 20 il secondo) arrivano proprio all’interno del parziale da 29-7 che apre la sfida e scuote dal torpore i padroni di casa , costringendoli volente o nolente a rimboccarsi le maniche. Lo sforzo per loro fortuna paga subito i suoi dividendi e prima dell’intervallo lungo Houston fa già le prove generali per il sorpasso. Nella ripresa il copione del pre-partita viene finalmente rispettato: i Knicks vengono spazzati via dal campo con un parziale di 37-13 grazie alle 18 triple messe a segno dei texani (contro la sola realizzata da New York negli ultimi tre quarti e mezzo di gara) e a James Harden, protagonista con 37 punti e 10 assist. La panchina di Houston aggiunge 44 punti, surclassando i 14 raccolti dagli ospiti a partita in corso e dimostrando la completezza di un roster in un cui Chris Paul può permettersi una partita da sei punti (e 13 assist), senza che nessuno ne risenta più di tanto. Per i Rockets è l’undicesima vittoria in questo inizio di stagione con 15 o più punti di scarto, il secondo miglior dato raccolto nella storia NBA dopo 20 gare (al primo posto proprio i Knicks, nella stagione 1969-70).

Golden State Warriors-New Orleans Pelicans 110-95

IL TABELLINO

Senza Kevin Durant ancora fuori in via precauzionale e con uno Steph Curry da 0/10 al tiro per aprire il match (eguagliata la sua peggior prestazione in carriera a inizio gara), è sembrato fin troppo conveniente ai Golden State Warriors chiudere con soli 14 punti di svantaggio il primo quarto. Un affare nonostante l’ispirato Jrue Holiday dei primi 12 minuti di gioco e il solito Anthony Davis da 30 punti e 15 rimbalzi. Non abbastanza però per placare l’inevitabile mareggiata del terzo quarto firmata da Golden State. A soffiare nelle vele degli Warriors ci pensa prima Klay Thompson, che piazza 14 punti nella seconda frazione, seguito poi a ruota da Curry che ritrova la via del canestro e chiude con 27 punti e 6 assist. Omri Casspi parte in quintetto e gioca in maniera discreta, ma la scossa come al solito arriva quando entra Andre Iguodala – il tuttofare di una squadra che riesce a recuperare e vincere con 15 punti di scarto nonostante il 30% dall’arco di squadra e il modesto 41% dal campo. “La nostra panchina ha fatto la differenza”, racconta coach Kerr, uscita vincente dalla sfida anche per demerito di quella scarna e poco incisiva dei Pelicans, battuta 34-10 nel computo finale dei punti raccolti a gara in corso. Per Golden State è la quarta vittoria stagionale senza Durant, la diciannovesima consecutiva sommando anche quella dell’anno passato. Sì, gli Warriors sembrano sempre più una macchina perfetta.

Indiana Pacers-Boston Celtics 98-108

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I Pacers andavano a caccia di conferme contro Boston e, nonostante l’assenza di Victor Oladipo, fermato da un fastidio al ginocchio destro, il primo tempo sembrava poter dare loro ragione. Dopo cinque vittorie consecutive, un successo contro i Celtics avrebbe certificato le ambizioni playoff di una squadra che ha sorpreso tutti in questo primo mese di regular season. Nel terzo quarto però, è arrivata l’ondata da parte della miglior squadra NBA, guidata dal solito timoniere: “Siamo stati resilienti, abili a incassare i colpi e a limitare i loro punti di forza a inizio ripresa”, racconta Kyrie Irving, autore di 25 punti, 6 assist e delle giocate che hanno cambiato l’inerzia del match. A quel punto, il 37-16 della terza frazione è stato soltanto la più logica delle conseguenze. “Per noi è un modo per imparare: dobbiamo capire che per vincere contro squadre di questa caratura dobbiamo far salire ancora di più il livello del nostro gioco”, commenta coach McMillan. Non basta infatti ai padroni di casa chiudere con tutto il quintetto in doppia cifra, guidati da un chirurgico Myles Turner da 19 punti e 7/9 al tiro. Troppo poco il 30% con i piedi oltre l’arco, in una gara in cui Indiana ha perso 19 palloni. I Celtics conquistano così il 18° successo nelle ultime 19 gare; una vittoria particolare, da dedicare a Jaylen Brown che non ha seguito la squadra ed è rimasto ad Atlanta per i funerali del suo amico scomparso la scorsa settimana.

Philadelphia 76ers-Orlando Magic 130-111

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Gli Orlando Magic delle prime tre settimane avevano sorpreso tutti per livello di gioco, d’esecuzione e di qualità offensiva; tanto, forse troppo belli per essere veri. Nelle ultime otto gare il crollo rispetto a quegli standard è stato verticale e la sfida contro i 76ers ha rappresentato l’ennesimo match in cui il declino della squadra della Florida è stato lento e inesorabile, in una sfida in cui i Magic non hanno mai avuto serie chance di successo. Senza Ben Simmons per la seconda gara consecutiva, Philadelphia ha cavalcato Joel Embiid (suoi i primi 11 punti di squadra del secondo quarto), in campo per “soli” 28 minuti dopo aver saltato l’allenamento mattutino a causa della febbre: “Dopo aver perso due anni a causa degli infortuni, non sarà di certo qualche linea di febbre a non farmi scendere in campo”. A chiudere la sfida invece ci ha pensato il miglior realizzatore della serata, un letale J.J. Redick da 29 punti e 8/12 dall’arco. “Ogni volta che lo vedi libero con i piedi oltre l’arco, passagli il pallone”; il piano partita di T.J. McConnell era di quelli semplici, ma efficaci, come dimostrano le sue cifre a referto: 15 punti, 13 assist e 7 rimbalzi. “È il miglior giocatore che abbia mai avuto al mio fianco”. L’unico ad aver collezionato in questo inizio di stagione ben due partite con almeno otto triple a segno (nessuno c’è riuscito neanche una volta in questo primo mese di regular season); canestri utili a spingere i 76ers verso quei 130 punti realizzati che rappresentano un record per la franchigia: era infatti dalla partita vinta all’overtime contro i Knicks nel 2009 che Philadelphia non segnava così tanto (141 punti in quell’occasione). E bisogna ritornare addirittura al 1994 per trovarne uno senza supplementari (134 contro Detroit): sì, il processo sta finalmente portando i suoi frutti. 

Washington Wizards-Portland Trail Blazers 105-108

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John Wall non ci sarà nelle prossime due settimane, fuori a causa di un’infiammazione al ginocchio sinistro su cui il numero 2 degli Wizards ha continuato a giocare nonostante il gonfiore. Un’assenza pesante, che priva Washington dell’arma più importante a disposizione, caricando sulle spalle di Bradley Beal tutto il peso dell’attacco. Il numero 3 risponde presente nel primo quarto, segnando 12 dei suoi 26 punti totali nel primo quarto e spingendo gli Wizards oltre la doppia cifra di vantaggio già prima dell’intervallo lungo. A meno di dieci minuti dal termine i padroni di casa sono ancora sul +15, ma la rimonta di Portland è furiosa (31-11 di parziale): Damian Lillard chiude con 79 punti, a cui si aggiungono i 17 e 5 assist di Jusuf Nurkic. Il protagonista del finale di gara però è C.J. McCollum, autore di tre canestri consecutivi nel momento cruciale del match – quelli che portano i Blazers dal -6 al +1 con meno di 20 secondi da giocare. Beal riesce a costruirsi il tiro con spazio del controsorpasso, ma la palla balla sul ferro, si impenna e poi finisce fuori: il numero 3 arriva senza benzina nel serbatoio, sbaglia gli ultimi cinque tiri della partita e non riesce a evitare ai suoi la quarta sconfitta nelle ultime cinque gare.

Utah Jazz-Milwaukee Bucks 121-108

IL TABELLINO

Diciotto triple a bersaglio nello Utah non si erano mai viste; un risultato storico per la franchigia di Salt Lake City, raccolto al termine di una gara da 31 assist (massimo in stagione), chiusa con ben sei giocatori in doppia cifra. Il protagonista in casa Jazz però è stato Donovan Mitchell, decisivo con dieci dei suoi 24 punti arrivati nel quarto periodo, sia dall’arco (ben sei le triple a bersaglio nella serata, suo massimo in carriera) che in penetrazione, come quando è riuscito a chiudere un lay-up contro Giannis Antetokounmpo: “Quando ho fatto quella giocata sulla testa di un giocatore del genere, mi sono sentito elettrizzato: è un All-Star, uno dei migliori della Lega e per me era una grandissima sensazione”. Il talento greco, rientrante dopo la gara saltata contro i Suns, è una delle maggiori preoccupazioni che coach Kidd porta a casa dopo il ko incassato. Non per il bottino messo a referto (i 27 punti, 13 rimbalzi e 5 assist sono ormai a tutti gli effetti la norma), ma a far storcere il naso allo staff del Wisconsin è stato l’atteggiamento tenuto sul parquet da Antetokounmpo, scoraggiato e svogliato in diversi rientri frangenti della sfida. Sull’ennesimo canestro facile concesso è arrivato il timeout dei Bucks, ma quando il numero 34 è andato a sedersi in panchina non ha preso molto bene le critiche, andando al faccia a faccia con un assistente allenatore e manifestando tutta la sua frustrazione. “Quando ti lasci travolgere così, non riesci mai a far bene sul parquet”. Per Utah è il 18esimo successo consecutivo in casa contro i Bucks.

Charlotte Hornets-San Antonio Spurs 86-106

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“È stato un viaggio molto difficile da reggere a livello fisico per gli Hornets, una cosa quasi sleale. Loro sono ritornati da Cleveland nella notte e si sono ritrovati poche ore dopo a giocare il match delle 19 in casa. È un back-to-back molto complesso da smaltire, uno dei peggiori”. Parole e musica di coach Gregg Popovich, che prende le parti dei suoi avversari nel giustificare la poca lucidità degli Hornets nel match vinto senza fatica da San Antonio: 17 punti e 7 rimbalzi a testa per Aldridge e Gasol, conditi dai 15 in uscita dalla panchina di Rudy Gay, bastano e avanzano per dimenticare le assenze e allungare sul 12-7 in stagione. Un vero e proprio miracolo a guardare il falcidiato roster dei texani. A preoccupare coach Clifford è stato soprattutto lo scontro in cui Kemba Walker sembrava aver avuto la peggio: costretto a uscire per qualche minuto e poi regolarmente tornato sul parquet, senza tuttavia riuscire a cambiare l’inerzia di una sfida in cui Charlotte non è mai stata in vantaggio nell’ultima mezz’ora di gioco.