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NBA, Mirotic-Portis, pace fatta: “Accetto le sue scuse”

NBA

Dopo una lunga serie di polemiche, la telenovela Mirotic-Portis sembra essere giunta all’ultima puntata: “Accetto le sue scuse”, ha commentato lo spagnolo. Anche perché non restando ai Bulls rischierebbe di perdere un bel po’ di soldi

Sembra essere giunta finalmente al capolinea la lunga polemica seguita al violento scontro in allenamento tra Nikola Mirotic e Bobby Portis. Un pugno che ha costretto il lungo spagnolo a restare fuori con una frattura al volto per oltre un mese e ha portato alla squalifica per otto giornate del numero 5. La dirigenza però ha sempre specificato come la colpa fosse da entrambe le parti, punendo il gesto di Portis, ma allo stesso tempo ricordando a Mirotic che a pesare erano state anche le sue eccessive provocazioni. Una frattura a un certo punto apparsa insanabile (non come quella al volto, che Mirotic ha scelto di non operare), dopo che il numero 44 avevo posto il veto su una possibile futura convivenza di entrambi nello spogliatoio. “O me o lui”: un proiettile che la dirigenza dei Bulls è stata abile a schivare, glissando e lavorando sottotraccia affinché le cose rientrassero. Mirotic nelle ultime settimane è rimasto lontano non solo dal parquet e dal campo d’allenamento dei Bulls, ma soprattutto dai microfoni dei cronisti, consapevole del fatto che il suo ruolo era sempre quello di un giocatore sotto contratto e alle dipendenze della franchigia dell’Illinois. La sfida casalinga contro i Suns è stata dunque il pretesto per tornare a respirare l’aria dello spogliatoio, prima di presentarsi finalmente alle interviste con i giornalisti: “Siamo compagni di squadra, facciamo parte dello stesso gruppo. Stiamo lottando tutti per il bene della franchigia ed entrambi stiamo facendo il necessario per far sì che le cose funzionino al meglio”. Questo il nodo della questione: sono pronto a lasciarmi tutto alle spalle. Poi, la risposta alla domanda che tutti volevano fargli dallo scorso 17 ottobre: “Sì, accetto le sue scuse”, il commento che chiude ogni discussione. Il modo migliore per scrivere la parola fine a una polemica durata più di un mese, a cui è seguita soltanto una sottolineatura da parte dei cronisti: “Ma Portis è consapevole del fatto che tu hai deciso di perdonarlo? Ne avete parlato?”. “Beh, spero che adesso ne sia a conoscenza”.

Una convivenza forzata, ma conveniente

“Sono felice di poter tornare in gruppo, non ho alcun tipo di problema con i miei compagni. Ho ricevuto tantissimo aiuto e supporto da parte di tutti. Da adesso in poi il mio obiettivo è quello di rilassarmi e godermi la possibilità di poter tornare in campo. È passato ormai tanto tempo dall’ultima volta che ho giocato… È stata un’emozione incredibile essere ritornato allo United Center, ero entusiasta soltanto all’idea di restarmene seduto in panchina a incitare i miei compagni”. Nessun accenno a strascichi o tensioni aggiuntive, così come si è dissolta nel nulla la pista che, a detta di molti, la dirigenza dell'Illinois aveva provato a perseguire: cederlo attraverso una trade e liberarsi del problema. “È un argomento di cui potete chiedere al mio agente. Io sono felice di essere tornato in squadra”. Messo alle strette dalla franchigia, Mirotic ha gettato un occhio al proprio contratto e ha scelto di intraprendere la strada che porta a una tregua: del biennale da 27 milioni di dollari firmato a settembre infatti, soltanto 12.5 sono quelli garantiti, con i 14.5 della prossima stagione che lasciano margine di scelta ai Bulls. La team option infatti permette a Chicago di decidere se trattenerlo o meno. Un bel gruzzolo insomma, per il quale vale la pena anche ingoiare un boccone amaro. La frattura al volto è ormai acqua passata, ma non è ancora chiaro quando lo spagnolo sarà pronto per scendere in campo. Né lo staff di Chicago, né coach Hoiberg hanno fissato una data: “So bene che lui non vede l’ora di poter tornare a giocare – racconta l’allenatore dei Bulls -; questo è l’ultimo ostacolo da superare per tornare a indossare la sua maglia. Se le cose andranno bene a livello di risposta fisica nei prossimi due-tre giorni, potremo poi fare un piano per il suo rientro. Ma lui sta affrontando la cosa nel migliore dei modi e questo può fare la differenza. Lui è sempre stato fantastico con i compagni e non vede l’ora di mettersi nuovamente a disposizione del gruppo”. Verrebbe quasi da commentare "tutto è bene quel che finisce bene", ma siamo sicuri che questo caso non si trascini ancora avanti?