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NBA, ritorno amaro per Anthony a New York: fischi, 0 punti nel 2° tempo e sconfitta

NBA

Il video tributo durante la presentazione delle squadre, la stanchezza del secondo tempo e soprattutto l'ennesima sconfitta incassata dai Thunder: questo il ritorno al Madison Square Garden di Carmelo Anthony. "Mi aspettavo i fischi, ormai sono diventato un avversario" 

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New York Knicks-Oklahoma City Thunder 111-96

IL TABELLINO

Sarà stata l’emozione, sarà stata la stanchezza, ma alla fine la mano ha tremato anche a lui. Aver risentito dopo tanto tempo quell’inconfondibile “Carmeeelooooo Annnnthonyyyyyyyyyyyy” che per ben 221 volte lo aveva introdotto come il protagonista sul parquet in maglia Knicks, deve avergli fatto un certo effetto. Carmelo Anthony c’è rimasto anche questa notte al centro della scena, fischiato e applaudito allo stesso tempo dai suoi ex tifosi e scrutato da tutte le telecamere del Madison Square Garden dove ha fatto ritorno per la prima volta da avversario. Durante la presentazione delle squadre è partito sugli schermi un video tributo di un minuto che neanche il diretto interessato aveva previsto (per sua stessa ammissione). Canestri, abbracci, emozioni: un condensato del Carmelo newyorchese. Dodici punti (tutti nel primo tempo) e cinque rimbalzi dopo, i sentimenti hanno definitivamente lasciato spazio al pragmatismo. I Thunder infatti incassano l’ennesima sconfitta in una regular season disfunzionale come il quintetto di OKC, ripiombando nuovamente sotto il 50% di vittorie dopo aver raggiunto quel traguardo meno di 20 ore fa. Già, gli ospiti erano reduci dalla trasferta di Philadelphia in back-to-back e soprattutto dal triplo overtime del Wells Fargo Center. Troppa stanchezza nelle gambe da smaltire in così poco tempo; anche così si spiega la seconda parte di gara del numero 7: 0/5 dal campo e zero punti. A New York gli era successo soltanto quattro volte in sei anni e mezzo, ma raramente si era trovato a giocare una gara così delicata a livello emotivo. “È un sapore agrodolce per me questa partita e questo ritorno; ricordo quelli che erano i miei obiettivi e cosa avrei voluto conquistare con i Knicks senza riuscirci”. Iniziato il match nessuno sconto, ma soltanto una valanga di fischi. “Me lo aspettavo; non potevano di certo applaudirmi, ormai gioco in un’altra squadra”. Pensiero condiviso anche da Courtney Lee: “Adesso è dall’altra parte, quindi è giusto che i fan continuino a fare il tifo per la squadra e non per lui. È stato fischiato come qualsiasi altro avversario”. Beh, avversario sì, qualsiasi no.

New York trascinata da… Michael Beasley?!?!

In realtà si è giocata anche una partita, dominata dai Knicks in un secondo tempo da 61 punti a referto nonostante l’assenza di Kristaps Porzingis. Contro OKC arriva il primo successo stagionale senza il lettone (1-4 il record), grazie ai 30 punti di un sorprendente Michael Beasley: 11/18 dal campo, 5 rimbalzi, 4 assist e soprattutto 12 dei 15 punti che chiudono il terzo quarto portano la sua firma. La zampata che permette ai Knicks di allungare nel match e di conquistare un successo che significa quarto posto in coabitazione a Est. Washington, Detroit, Indiana e New York infatti al momento hanno lo stesso record (16-13). Canestri pesanti anche quelli di Doug McDermott; uno dei due ex presenti dall’altra parte assieme a Enes Kanter (che resta sul parquet 23 minuti, nessuno dei quali nel quarto periodo): “Siamo stati bravi a restare concentrati sulla vittoria – racconta McDermott -; non ci siamo fatti distrarre e abbiamo vinto con merito: io e Enes siamo orgogliosi di far parte di questo gruppo”. A condurre i Knicks al successo è soprattutto l’attacco, chirurgico e semi-infallibile in una serata da 55% dal campo e ben 60% da tre punti (14/23). Troppe anche per un Russell Westbrook da 25 punti, 7 rimbalzi e 7 assist e un Paul George da 18 con quattro triple e un eloquente -20 di plus/minus. I problemi in casa Thunder sono molto più seri del previsto (l'assenza di Steven Adams causa commozione celebrale è soltanto parzialmente una scusante) e la scommessa di Sam Presti, che tutti consideravano già vinta, potrebbe essere persa ben prima di giugno. “Ho sognato e provato a lungo a vincere un titolo qui a New York e non ci sono mai riuscito. Questo è qualcosa che continuerà a ronzare nella mia testa anche in futuro. Aver giocato qui è qualcosa che va ben oltre il basket”.