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NBA, i risultati della notte: Houston supera Miami, Bucks vincenti dopo il cambio

NBA

I Rockets vincono nel finale grazie ai 28 punti di James Harden. Coach Prunty conquista il primo successo sulla panchina dei Bucks, trascinati dai 35 punti di Khris Middleton e i 32 di Malcolm Brogdon. Minnesota supera i Clippers e vola al terzo posto. Crolla Washington a Dallas e perde anche Philadelphia a Memphis. Denver sorride grazie a un super Jamal Murray

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Houston Rockets-Miami Heat 99-90

IL TABELLINO

Quando uno dei migliori attacchi NBA si ferma soltanto alla soglia dei 100 punti, per vincere contro una delle squadra più in forma della lega è costretto a utilizzare altre armi. Devi saper fare la differenza anche grazie al colpo del campione. E a Houston ne hanno più di uno, a partire da James Harden che anche in una serata non perfetta al tiro (10/26, con 5 assist e 6 palle perse) trova la lucidità di piazzare le giocate decisive negli ultimi 180 secondi di gara. Miami infatti è un osso duro e parte forte: 26-12 in meno di otto minuti, con il vantaggio che resta in doppia cifra anche all’intervallo. Tutti aspettano il rientro dei Rockets, che puntuale arriva nella ripresa: a tre minuti dalla sirena è 88-88. Per vincerla i padroni di casa pescano dal cilindro un 7-2 di parziale aperto da una tripla allo scadere dei 24 secondi di Harden (da fermo, senza ritmo, dalla difficoltà unica) e chiuso con un jumper dalla media (con buona pace di Daryl Morey) in isolamento di Chris Paul. Margine rassicurante quello di cinque punti a 38 secondi dal termine, ma non definitivo. A sigillare il tutto ci pensa ancora una volta il Barba, stoppando Hassan Whiteside che prende il rimbalzo d’attacco sull’errore di James Johnson, ma non riesce a rimpinguare il suo bottino da 22 punti (14 dei quali arrivati nel solo primo quarto)  e 13 rimbalzi. Per Harden invece sono 28, uno dei quattro in doppia cifra assieme a Chris Paul (16), Eric Gordon (16) e Clint Capela (14). Il rientrante Trevor Ariza, squalificato dopo la rissa di Los Angeles, è apparso ancora con la testa da un’altra parte, mentre Gerald Green è stato tenuto a riposo stavolta per scelta tecnica. “Durante una stagione così lunga, ci sono delle partite che devi vincere per poi pensare di andare avanti. Senza star lì a pensare troppo a come sono andate le cose – chiosa CP3 -. In 82 gare succede spesso che qualcosa sia più complesso del previsto, ma l’importante è soltanto vincere”. Missione compiuta.

Milwaukee Bucks-Phoenix Suns 109-105

IL TABELLINO

Cambiare l’allenatore quattro ore prima della partita era un colpo di scena che mancava da un bel po’ in NBA, ma dopo i forti dissidi delle passate settimane era nell’aria che coach Kidd potesse vedere concluso in anticipo il suo incarico da allenatore dei Bucks. La dirigenza di Milwaukee ha così affidato l’incarico a coach Joe Prunty, ritrovatosi con un incarico a interim che in realtà potrebbe durare un po’ di tempo. Il nuovo allenatore dei Bucks aveva già ricoperto un ruolo simile durante la stagione 2015-16 (8-9 il record) e ha potuto festeggiare con una vittoria il suo esordio, nonostante l’assenza di Giannis Antetokounmpo fuori a causa di un problema al ginocchio. Con il talento greco fuori, è Kris Middleton a prendere in mano le operazioni in una partita chiusa con 35 punti, 13/19 al tiro e sei rimbalzi. Al suo fianco però Malcolm Brogdon non è da meno, al suo massimo in carriera da 32 punti con un semi-perfetto 11/14 al tiro e 3/4 dalla lunga distanza. “Non è stata una partita facile – racconta Middleton -, emotivamente eravamo molto confusi. Per me coach Kidd è stato un maestro, è stato lui a portare il mio gioco a un livello superiore. Senza di lui è stata davvero dura”. I Suns hanno così perso l’occasione ideale per fare il colpaccio in trasferta (forse non erano neanche così interessati…), incollati al match fino a quando i quattro punti consecutivi di Middleton non hanno spezzato per l’ennesima (e decisiva) volta la parità. Non bastano i 23 punti di T.J. Warren e i 19 con 7 rimbalzi dell’ex Greg Monroe (gli stessi messi a referto da Eric Bledsoe, conditi però con 7 assist) per regalare un successo a coach Triano. Anche lui diventato a interim dopo tre partite e ancora seduto in panchina ad allenare la sua 44esima gara stagionale.

Dallas Mavericks-Washington Wizards 98-75

IL TABELLINO

Gli Washington Wizards tornano a perdere contro una squadra con il record inferiore al 50%, battuti in trasferta dai Mavericks in una serata al tiro maledetta. “A leggere il boxscore a fine partita, la nostra difesa fa davvero un figurone. Ma credo che il problema fondamentale sia stato l’enorme numero di errori al tiro degli Wizards”, commenta coach Carlisle, trovando in Scott Brooks una sponda al suo ragionamento: “Non riuscivamo a segnare un tiro aperto, non trovavamo il fondo della retina da sotto con i lay-up. Sembra un’impresa impossibile segnare anche un tiro libero: è stata semplicemente una serata storta”. Washington infatti chiude il match tirando 26/85 dal campo. Il 30.6% di squadra, a cui si aggiunge il 21.9% dall’arco (con il 3/8 di Beal a far salire un minimo la media) e il 59% ai liberi. Un disastro, da cui nessuno riesce a tirarsi fuori e che non fa altro che esacerbare gli animi in uno spogliatoio sempre più logorato. A fine gara il nervosismo è alle stelle, con Beal alle prese con Dennis Smith Jr. (risentito dal fatto che l’avversario gli abbia ripetuto per tutto il match di essere soltanto un rookie) e John Wall invece caduto nella trappola di un J.J. Barea decisivo in uscita dalla panchina: “Un nano che cerca solo di arrabbiarsi”, lo ha definito il numero 2 degli Wizards. Questa notte però ha avuto ragione il portoricano, anche sul parquet.

Charlotte Hornets-Sacramento Kings 112-107

IL TABELLINO

Ci pensa per una volta il tiro da tre punti a far vincere una partita agli Hornets, scacciando in un solo colpo le nuvole attorno alla stabilità di un gruppo che ha messo in discussione il proprio leader. Charlotte infatti realizza nove triple di media a gara, ma questa notte contro Sacramento ne ha segnate dieci nel solo primo tempo e 16 totali alla sirena. Merito soprattutto dei 26 punti di Kemba Walker, uno dei nomi più chiacchierati delle ultime ore dopo che la dirigenza del North Carolina ha fatto sapere di essere disposta a scambiare il suo pezzo più pregiato: “Non sono sceso in campo pensando a quello – commenta la point guard newyorchese -, non saranno dei discorsi che continuerò a fare in futuro. Voglio soltanto vincere”. È la terza volta che Charlotte ci riesce nelle ultime quattro gare (con la sconfitta di Miami che ha fatto molto discutere), anche grazie al contributo su entrambi i lati del campo di un ringiovanito Dwight Howard: per lui 14 punti, 16 rimbalzi e ben sei stoppate che hanno costituito l’argine nel secondo tempo con cui gli Hornets hanno costruito un vantaggio di ben 20 punti. Ai californiani non bastano i sei giocatori in doppia cifra e la super prestazione in uscita dalla panchina di Skal Labissiere: 23 punti con 10/15 al tiro per il lungo haitiano; una delle tante belle speranze di quella che al momento è ufficialmente la peggior squadra della NBA.

Memphis Grizzlies-Philadelphia 76ers 105-101

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Con i giovani è sempre così: non fai in tempo a elogiarli, che subito ti sorprendono (in negativo), dimostrando mancanza di maturità e di continuità nei risultati. Perdere contro Memphis nel proprio momento migliore di forma della stagione è una cosa tipica delle squadre in fase di crescita, ancora non del tutto rodate. Descrizione perfetta quindi dei Philadelphia 76ers, reduci da sette successi nelle ultime otto e superati in volata dai canestri di Marc Gasol e Tyreke Evans. Il lungo spagnolo è il miglior realizzatore tra le fila dei padroni di casa, autore di 19 punti e sei rimbalzi a cui si aggiungono i 18 con 8 assist di un Evans sempre più dominante in casa Memphis. I Grizzlies infatti sono in piena fase di ricostruzione, come dimostrano i 16 minuti concessi e soprattutto i primi 12 punti in carriera in NBA realizzati da Myke Henry in uscita dalla panchina, buona parte dei quali arrivati nel decisivo quarto periodo. “La vita ti sorprende sempre e spesso le cose capitano in maniera talmente tanto veloce che diventa decisivo farsi trovare pronti – racconta emozionato -. Io lo sono sempre stato e voglio godermi questo viaggio giorno dopo giorno, finché durerà”. Dall’altra parte invece sono 22 punti e 10 rimbalzi per Dario Saric, in una gara in cui i Sixers hanno dovuto fare a meno di J.J. Redick: “”Quando sei avanti di 14-15 punti, se ritorni molle in campo nel quarto periodo, sei fritto”, racconta coach Brown. “Ed è quello che è successo a noi questa volta”.

Denver Nuggets-Portland Trail Blazers 104-101

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A Denver si erano spesso posti il problema di non avere un go-to-guy a cui potersi affidare nei finali di partita, ma dopo metà stagione sembra chiaro che Jamal Murray possa ricoprire quel ruolo. “Sappiamo tutti che lui può essere il giocatore a cui chiedere di risolverci la gara, di piazzare un parziale, di togliere le castagne dal fuoco”, racconta soddisfatto coach Malone al termine della prestazione da 38 punti (massimo in carriera), sei assist, 14/19 al tiro e 4/6 dalla lunga distanza: “Avevamo bisogno di questa vittoria, è uno dei testa a testa più importanti all’interno della nostra division e venivamo da un momento difficile”. I Nuggets infatti avevano perso sei delle ultime otto partite, togliendosi il gusto di rovinare il ritorno in Colorado di Jusuf Nurkic, andato via sbattendo la porta e dimostrandosi tutt’altro che conciliante nei confronti del suo passato. L’ex di giornata chiude con 19 punti, 12 rimbalzi e 3 stoppate, che tuttavia non bastano a garantire il successo ai Blazers: “È stata soltanto una delle tante”, chiosa Nurkic, che rischia di vedere il suo naso diventare via via più lungo. Meglio di lui Damian Lillard, autore di 25 punti e 8 assist, anche se a pesare è un tiro libero sanguinoso sbagliato nel finale: “Quello che più mi pesa è pensare di aver sbagliato quel dannato libero. Eravamo in vantaggio, in quel momento favoriti per la vittoria e io mi sono fatto sfuggire l’occasione di chiudere la porta in faccia ai loro tentativi di rimonta”.

L.A. Clippers-Minnesota Timberwolves 118-126

IL TABELLINO

A Los Angeles si festeggiava la Italian Heritage Night, una serata dedicata alla tradizione e cultura del nostro Paese (con Alessandro Del Piero e Danilo Gallinari a fare da ospiti speciali per la serata). In realtà chi può davvero festeggiare a fine partita sono i Timberwolves, vincitori grazie al miglior Andrew Wiggins della stagione. Jimmy Butler è alle prese con un fastidioso problema al ginocchio e ci pensa lui a farne le veci in una partita da 40 punti (massimo in stagione), conditi con sei rimbalzi e un convincente 16/28 al tiro. A questi si aggiungono poi i 30 di Jeff Teague, 16 dei quali arrivati a cronometro fermo. Ben 113 dei 126 punti totali realizzati da Minnesota arrivano dal quintetto titolare e rendono vana la tripla doppia di Blake Griffin. Per il numero 32 dei Clippers una super prestazione da 32 punti (13/22 al tiro), 12 rimbalzi e 12 assist, a cui si aggiungono i 23 punti di un sorprendente Montrezl Harrell e i 20 a gara in corso del solito Lou Williams. Le difficoltà dei losangelini ovviamente restano quelle legate soprattutto al roster, falcidiato dalle innumerevoli assenze e ancora in attesa del rientro di Danilo Gallinari. Minnesota invece si gode il suo terzo posto a Ovest: con questa vittoria infatti i ragazzi di coach Thibodeau superano gli Spurs. Dietro le prime della classe, ci sono loro.