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NBA, i risultati della notte, cadono le grandi: perdono Warriors, Cavaliers e Thunder

NBA

Golden State incassa a sorpresa 30 punti di scarto nella sconfitta contro Utah e subisce il peggior ko stagionale. OKC, battuta a Washington, interrompe così la striscia di otto vittorie. I Pistons festeggiano l’imminente arrivo di Griffin vincendo contro i Cavaliers, che perdono anche Kevin Love causa infortunio. Successi casalinghi per San Antonio e Toronto, i Knicks si aggiudicano il derby

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Detroit Pistons-Cleveland Cavaliers 125-114

IL TABELLINO

I Detroit Pistons festeggiano nel migliore dei modi l’arrivo di Blake Griffin da Los Angeles (ovviamente non ancora a disposizione), battendo Cleveland e interrompendo la striscia di otto sconfitte in fila. Il roster a disposizione di coach Van Gundy è rimaneggiato: senza Tobias Harris, Avery Bradley e Boban Marjanovic, oltre all’infortunato Reggie Jackson e ai tre Clippers ancora in viaggio. Tutto sulle spalle di Andre Drummond dunque, che nonostante qualche linea di febbre chiude con 21 punti, 22 rimbalzi e si presenta come meglio non potrebbe al suo capitano del prossimo 18 febbraio. Il centro dei Pistons infatti è stato convocato come sostituto all’All-Star Game al posto dell’infortunato John Wall, rimpinguando così le fila del roster a disposizione di LeBron James. Il numero 23 dei Cavaliers però non ha molta voglia di festeggiare al termine di una serata terribile per i vice-campioni NBA. Non tanto e non solo per il risultato – ennesimo stop in un mese di gennaio preoccupante. Ma soprattutto a causa dell’infortunio subito da Kevin Love nel primo quarto. Uscito dopo soli cinque minuti, il numero 0 ha fatto esami preliminari negli spogliatoi della Little Caesars Arena che hanno dato esito che più negativo non si può per le sorti della regular season di Cleveland: frattura della mano sinistra e due mesi di stop. Una complicazione ben più grave della sua assenza alla partita delle stelle di Los Angeles, avrà pensato un LeBron James da 21 punti, sei rimbalzi e sette assist. Inutili i suoi, come a nulla servono i 18 punti di Dwyane Wade (se non a superare Larry Bird al 32° posto della classifica all-time dei realizzatori). Grandi difficoltà da una parte dunque, ma merito ai Pistons dall’altra che raccolgono un successo sudato sul parquet. Tutto il quintetto della squadra di casa chiude in doppia cifra, con Stanley Johnson che fissa a quota 26 punti il suo nuovo massimo in carriera (con 10 rimbalzi e quattro assist). L’antipasto migliore per una squadra che aspetta la portata principale.

Washington Wizards-Oklahoma City Thunder 102-96

IL TABELLINO

Senza John Wall per i prossimi due mesi, gli Washington Wizards battono un colpo e vincono una partita delicatissima contro OKC, interrompendo la striscia di otto vittorie consecutive dei Thunder. Merito dei 25 punti di Otto Porter (chiamato ad alzare il suo rendimento), merito dei 21 e nove assist di Bradley Beal e degli altri tre giocatori in doppia cifra. Tutto vero, ma il successo è figlio soprattutto della serata no di Russell Westbrook. Impreciso, intestardito e poco lucido, il numero 0 chiude con 13 punti, 5/18 al tiro e sette palle perse; una caporetto in una serata da 37% al tiro di squadra e 28% dall’arco. Washington non è che faccia molto meglio, ma riesce a piazzare il parziale da 8-0 decisivo negli ultimi 90 secondi scarsi di gara. Gli Wizards fanno un paio di viaggi in lunetta per assicurarsi un minimo di margine, mentre il tentativo di controsorpasso dalla distanza di Carmelo Anthony (19 e 6 rimbalzi) non trova neanche il ferro. Tra i due balbettanti, c’è quantomeno un Paul George di primo livello di cui approfittare per i Thunder: l’ex Pacers festeggia la convocazione da sostituto all’All-Star Game con 28 punti, 8/14 dal campo e quattro triple; mai convolto però in un quarto periodo in cui non ha tentato neanche una conclusione. “Colpa mia”, commenta Westbrook a fine gara. “Non abbiamo avuto abbastanza possessi di qualità; senza quelli diventa difficile anche per All-Star come i nostri fare canestro”, chiosa Billy Donovan. Nessuno accenna all’infortunio di Andre Roberson: meglio non vedere per il momento l’elefante nella stanza.

Utah Jazz-Golden State Warriors 129-99

IL TABELLINO

A Salt Lake City fa decisamente freddo d’inverno, soprattutto per chi arriva dalla California e non è particolarmente abituato alla neve, al vento e al maltempo. Tornare a casa con un -30 però non lo aveva messo in conto davvero nessuno in casa Golden State. Gli Warriors infatti incassano la peggior sconfitta stagionale, una sonora scoppola nonostante coach Kerr avesse tutto il roster a disposizione. A lasciare per strada per una volta i campioni NBA è stato il tiro da tre punti: Steph Curry e Kevin Durant combinano per un pessimo 1/12 dall’arco, raccogliendo 31 punti in due e facendo una fatica bestiale a muovere la retina. Una partita talmente tanto opaca che c’è chi a fine gara parla di “stanchezza dovuta alla vita notturna”. “Sì, certo – replica Kerr -, dovevate vedere Ron Adams ieri notte alle quattro e mezza ubriaco fuori dal club. Scherzi a parte, la nostra è stata una partita patetica”. Una di quelle in cui alzare bandiera bianca a sei minuti dal termine, tirare i remi in barca e pensare alla prossima. Merito dei padroni di casa, guidati dai 23 punti e 11 assist di Ricky Rubio (+31 di plus-minus) e dai ventelli firmati da Donovan Mitchell e Joe Ingles. Golden State concede 35, 34 e ancora 34 punti nei primi tre quarti ai Jazz, che chiudono con il 58.2% dal campo, massimo in stagione. A margine della sfida c’è poi tempo per parlare anche dell’addio di Blake Griffin ai Clippers; pretesto colto al balzo da Durant per togliersi qualche sassolino dalle scarpe: “I Clippers dicevano che sarebbe stato uno di loro per sempre, lo hanno convinto così in estate, dicendo che il suo era un contratto a vita. Ma noi sappiamo che in questa lega le parole non contano nulla”.

Toronto Raptors-Minnesota Timberwolves 109-104

IL TABELLINO

Sul parquet dell’Air Canada Centre non si passa facilmente (19-4, secondo miglior record interno della lega, dietro solo al 21-4 degli Spurs) e men che mai ci riescono i Minnesota Timberwolves, che in Canada perdono da 14 sconfitte consecutive. L’ultima sotto i colpi di un DeMar DeRozan che segna 19 dei suoi 23 punti nella ripresa, quando i Raptors scendono in campo con una determinazione tutta diversa: “Nel primo tempo siamo stati molli, nel secondo abbiamo giocato duro”, conferma coach Casey. Che sorride di fronte all’ennesima prestazione positiva del suo centro Jonas Valanciunas, in doppia doppia con 18 punti e 11 rimbalzi, e si gode la reazione dei suoi, capaci di recuperare un deficit anche di 13 punti (12 ancora all’inizio del quarto quarto) per centrare la 34^ vittoria stagionale. Minnesota chiude così con l’ottava sconfitta su nove trasferte un gennaio davvero atipico, che l’ha vista invece imbattuta (8-0) tra le mura del Target Center. Per i Timberwolves il migliore in Canada è ancora una volta Jimmy Butler, autore di 25 punti, mentre 15 sono quelli di Andrew Wiggins e solo 11, con 10 rimbalzi (45^ doppia doppia, nessuno come lui nella NBA), quelli di Karl-Anthony Towns, che si prende solo 7 tiri in tutta la gara.

New York Knicks-Brooklyn Nets 111-95

 IL TABELLINO

Joakim Noah è uscito dal gruppo, ma questo difficilmente porterà Enrico Brizzi a scrivere un altro libro. Anche per i Knicks si godono il rientro a casa dopo oltre due settimane in giro per gli States, indossano per la prima volta la City Edition blu-arancio (quella con il logo dei pompieri della Grande Mela, la seconda più bella dietro quella degli Heat) e vincono il derby. Merito dei due lunghi che così bene stanno facendo in questa regular season, nonostante New York si mantenga ben lontana da qualsiasi discorso playoff. Kristaps Porzingis chiude con 28 punti a cui si aggiungono i 20 con 20 rimbalzi e cinque assist di Enes Kanter. Troppo grossi per il quintetto small dei Nets, costretti sempre a mandare il raddoppio su uno dei due e battuti nei quattro contro tre nelle altre zone di campo. Coach Atkinson le prova tutte, schierando ben nove giocatori per almeno 20 minuti. Mischiare le carte però non evita ai Nets la quarta sconfitta consecutiva. “Al momento sono molto meglio di noi, poche storie. Questa deve essere una motivazione per noi: dobbiamo rimboccarci le maniche per tornare a essere la miglior squadra di New York”. Punta sull’orgoglio l’allenatore di Brooklyn, ma le partite che contano per davvero in NBA si giocano da un’altra parte.

San Antonio Spurs-Denver Nuggets 106-104

IL TABELLINO

LaMarcus Aldridge segna 30 punti nel successo degli Spurs in volata contro i Nuggets, in una partita in cui San Antonio torna a muovere con un minimo di continuità la retina. I nero-argento chiudono con 33 assist a referto (massimo stagionale) e tirando con il 50% - una rarità per una squadra che spesso fa fatica a segnare. “Loro sono giovani e forti, corrono da ogni parte del campo e coach Malone li ha davvero preparati al meglio – sottolinea coach Popovich -. Per queste ragioni la nostra è una grande vittoria”. Portarla a casa però ha richiesto impegno fino alla sirena finale; la tripla di Jamal Murray (18 punti in totale, il migliore dei suoi) a 30 secondi dal termine infatti riporta gli ospiti sul -2. Danny Green dall’altra parte sbaglia la conclusione dalla lunga distanza e Denver ha così la possibilità di vincere o quantomeno di portare la partita all’overtime. Wil Barton non ha dubbi su quale opzione scegliere, sparando dalla lunga distanza senza trovare però il bersaglio grosso: “Abbiamo mosso bene la palla e ci siamo costruiti il tiro che volevamo: semplicemente non è andata dentro”. San Antonio vince così per l’undicesima volta in fila in casa contro Denver, prendendosi quel minimo di margine sulle Minnesota e OKC di questo mondo. Nonostante tutte le difficoltà, gli Spurs restano la terza forza a Ovest.

New Orleans Pelicans-Sacramento Kings 103-114

IL TABELLINO

No DeMarcus Cousins, no party. È questa l’amara verità con cui devono imparare a convivere i Pelicans, battuti anche dai derelitti Sacramento Kings a riprova di come New Orleans abbia subito il colpo. I californiani possono così ritornare a casa felici, reduci da sei trasferte e con tre vittorie raccolte nelle ultime quattro. Il protagonista sotto canestro è Zach Randolph, autore dei 26 punti e 12 rimbalzi, a cui sia aggiungono i 17 con 17 rimbalzi (massimo in carriera) di Kosta Koufos. I Pelicans che si fanno dominare in area; il controsenso che mette bene in mostra quanto conti perdere un All-Star di quel livello. Anthony Davis come al solito il suo lo fa, ma i suoi 23 punti, 13 rimbalzi e cinque assist non permettono mai a New Orleans di rimettere il naso avanti per tutto il secondo tempo. “In qualche modo, dobbiamo andare avanti. L’assenza di Cousins ci ha sconvolto, è inevitabile avere alcune gare di assestamento prima di ritornare in corsa”. Se si vogliono conquistare i playoff (e convincere Davis a restare), bisogna darsi una mossa.