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NBA, risultati della notte: perdono Golden State e San Antonio, Detroit due vittorie in fila con Griffin

NBA

Gli Warriors crollano nel finale contro Denver, perdendo la seconda partita nelle ultime tre. San Antonio non riesce ad approfittare della stanchezza degli Utah Jazz, trascinati dal miglior Ricky Rubio della stagione. Detroit vince di nuovo con Blake Griffin, battendo anche Miami e portandosi a mezza partita di distanza da Philadelphia, sconfitta da Indiana. Minnesota aspetta il Super Bowl vincendo contro New Orleans, vittorie esterne per Washington e Dallas

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Denver Nuggets-Golden State Warriors 115-108

IL TABELLINO

Steve Kerr lo aveva già detto ieri: “Mentalmente ed emotivamente siamo cotti”. Se a questa condizione psicologica si aggiunge anche un back-to-back arrivando da Sacramento nel cuore della notte, ecco spiegata la seconda sconfitta nelle ultime tre gare dei campioni in carica. Gli Warriors per la verità sono mancati solamente nel finale, visto che con 9 dei 31 punti di Kevin Durant uniti ai 24 di Steph Curry sembravano aver preso il controllo del match nell’ultimo quarto, andando sul +6 a 6:43 dalla fine. Da lì in poi però i Nuggets – spinti dal pubblico più numeroso di sempre al Pepsi Center, 20.103 spettatori – hanno chiuso la gara con un parziale di 24-11, spinti soprattutto da un Nikola Jokic da 19 punti e 9 rimbalzi con la tripla del definitivo sorpasso a 2:10 dalla fine arrivata quasi per caso dopo una schiacciata sbagliata da Gary Harris. Prima ancora di lui erano stati cinque punti in fila di Will Barton (miglior marcatore dei padroni di casa con 25 punti) a permettere a Denver di mettere la testa avanti, costruendo un’ultima frazione da 38 punti insieme ai 16 di Harris e i 15 di Trey Lyles e Jamal Murray, uscito dopo un minuto di gioco per un colpo alla gamba destra e rientrato per segnare 12 dei suoi 15 punti nel secondo tempo. Per Golden State invece la stanchezza di cui parlava Kerr è ben visibile nell’8/31 di squadra dall’arco, che se si esclude il 5/12 di Curry diventa un pessimo 3/19 (16% scarso). Serve un’iniezione di energia per arrivare alla tanto agognata pausa per l’All-Star Weekend: chissà che il ritorno tra le mura amiche della Oracle Arena per affrontare Russell Westbrook e i suoi Oklahoma City Thunder non possa rappresentare una sfida galvanizzante per i campioni in carica.

San Antonio Spurs-Utah Jazz 111-120

IL TABELLINO

Quelli che invece avevano tutte le ragioni per sentirsi stanchi erano gli Utah Jazz, che oltre a essere alla terza partita in cinque giorni e alla seconda di un back-to-back, erano arrivati a San Antonio da Phoenix praticamente alle prime ore del mattino per via di un guasto all’ala dell'aereo della squadra. Se oltre a questo ci aggiungiamo l’assenza del rookie Donovan Mitchell per malattia e che gli Spurs hanno uno dei migliori record interni della NBA, ecco che gli ingredienti per la più classica delle “schedule loss” erano serviti. E invece la squadra di Quin Snyder è riuscita a vincere la quinta partita consecutiva praticamente senza affanno, prendendo il controllo nel punteggio a metà primo quarto e tenendolo fino alla fine, pur concedendo un rientro fino al -1 agli avversari nell’ultimo quarto. A guidare i Jazz è stato nientemeno che il miglior Ricky Rubio della stagione: 34 punti e 9 assist per il playmaker spagnolo, mandando a segno 11 dei 14 tiri tentati con 3 triple su 4 tentativi. A dargli man forte altri cinque giocatori in doppia cifra tra cui il sorprendente Royce O’Neale, alzatosi dalla panchina per 18 punti, 5 rimbalzi e 5 assist con un perfetto 4/4 da tre per griffare il suo career-high. “Stiamo cercando di giocare come gli Spurs” ha ammesso Rubio dopo la gara. “Vogliamo muovere il pallone e fare l’extra pass fino a quando uno non rimane smarcato”. Per gli Spurs si conclude così una striscia di cinque partite casalinghe in cui hanno raccolto ben tre sconfitte, tante quante quelle subite precedentemente nel resto della stagione. “Non riesco a capirne il motivo” ha dichiarato LaMarcus Aldridge, autore di 31 punti per il decimo trentello stagionale (tanti quanti ne aveva segnati nelle due annate precedenti messe assieme). “Loro erano ispirati, noi siamo stati pessimi” ha sentenziato invece un sincero Manu Ginobili, autore di 13 punti guidando altri tre compagni in doppia cifra. “Eravamo sempre in ritardo e loro hanno fatto quello che hanno voluto: tiri da tre, tiri liberi, tiri dalla media distanza e sottomani. Siamo stati dietro tutta la gara”. La prossima gara casalinga dei neroargento sarà a fine mese, il 28 febbraio contro New Orleans, visto che la pausa dell’All-Star Game arriverà proprio nel bel mezzo del classico “Rodeo Trip” da sei gare, facendo tappa anche a Oakland e Cleveland.

Detroit Pistons-Miami Heat 111-107

IL TABELLINO

Coach Van Gundy dice di doversi inventare un modo di utilizzare bene Blake Griffin, “perché ora abbiamo in squadra questo grandissimo giocatore e vogliamo coinvolgerlo in ogni possesso, ma le difese lo sanno e si adeguano in fretta” (6/19 per l’ex Clippers nella sua seconda gara in maglia Pistons). “Per quello senza di lui in campo a tratti abbiamo giocato meglio”, sentenzia l’allenatore di Detroit, anche se è proprio Griffin a mettere la sua impronta sulla vittoria contro gli Heat mandando a segno una decisiva tripla nel finale e aggiungendo 7 assist e 9 rimbalzi ai suoi 16 punti. Sono ben 25 quelli di un ispiratissimo Ish Smith (11/14 al tiro, a tre punti dal suo massimo in carriera) e 23 con 20 rimbalzi (sesto 20+20 stagionale) quelli di Andre Drummond, che proprio insieme a Griffin domina sotto i tabelloni (la coppia cattura 4 rimbalzi soltanto in meno di tutti gli Heat). A Miami i 33 punti di un ottimo Goran Dragic (con tanto di gioco da 4 nel finale per tenere accese le speranze) non bastano per evitare il terzo ko consecutivo, mentre sono tre anche i successi in fila dei Pistons, che si avvicinano all’ottavo posto a Est attualmente in mano ai Philadelphia 76ers.

Minnesota Timberwolves-New Orleans Pelicans 118-107

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Prima che il Superbowl NFL catalizzi l’attenzione di tutti in città, i Minnesota Timberwolves vogliono trovare il modo di farsi notare: ottenere il 12° successo interno consecutivo è sicuramente un bel modo per restare sulla mappa. Arriva al termine di una gara dominata fin dall’inizio, grazie a un parziale iniziale di 22-6 che solo la grandezza di Anthony Davis (19 dei suoi 38 punti arrivano nel primo quarto) impedisce sia già decisivo. New Orleans — che vede il debutto (positivo) di Nikola Mirotic, che chiude con 18 punti dalla panchina — prova a restare aggrappata alla partita, ma i T’Wolves sono semplicemente più completi e più forti: tirano il 50.5% dal campo e un ottimo 10/21 da tre punti e hanno grandi serata sia da Jimmy Butler (autore di 30 punti, 8 rimbalzi e 7 assist) che da Karl-Anthony Towns (doppia doppia n°47 a quota 22+16 rimbalzi), con Andrew Wiggins e Tyus Jones, dalla panchina, a portare in dote altri 15 punti a testa.

Indiana Pacers-Philadelphia 76ers 100-92

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I Pacers in casa vincono da 5 partite, i Sixers in trasferta hanno perso le ultime tre. Grazie ai 19 punti a testa di Victor Oladipo e Bojan Bogdanovic e all’apporto decisivo dalla panchina di uno scatenato Lance Stephenson (14 con 9 rimbalzi per lui), il trend viene confermato e il fattore campo onorato, con Indiana che cementa così il suo quinto posto a Est e Philadelphia che si ritrova pericolosamente incalzata da Detroit per l’ultimo posto di un ipotetico tabellone playoff. Questo nonostante i 24 punti e 10 rimbalzi del solito Joel Embiid, per la prima volta in carriera in campo in back-to-back, finalmente libero da restrizioni mediche. Il centro camerunense vince nettamente il duello con Myles Turner (gravato da problemi di falli, chiude con zero punti) ma è responsabile diretto per 7 delle 18 palle perse dei Sixers, che hanno anche J.J. Redick in una rara serataccia al tiro (1/8).

Orlando Magic-Washington Wizards 98-115

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Continua la corsa degli Wizards senza John Wall. Quarta gara e quarta vittoria per Washington dal momento dello stop per infortunio del loro All-Star, questa volta arrivata agevolmente sul parquet di Orlando grazie a una prestazione offensiva di quelle solitamente messa in scena dai Golden State Warriors: 35 assist di squadra e oltre il 54% al tiro per la squadra allenata da coach Brooks, che ha visto la riserva di Wall, Thomas Satoransky, far segnare il suo massimo in carriera in soli tre quarti di gioco (19 punti con 6 assist per lui). Tutto il quintetto degli Wizards ha chiuso in doppia cifra, guidato dai 20 di Otto Porter Jr. e con 18 anche da parte di Bradley Beal, con i Magic asfaltati in virtù di due parziali — il primo di 10-0 a chiudere il primo tempo, il secondo di 18-5 a metà terzo quarto — che hanno reso l’ultimo periodo della gara sostanzialmente inutile. Per i Magic, affossati da ben 20 palle perse, sette giocatori in doppia cifra ma nessuno oltre i 15 punti fatti registrare da Jonathon Simmons e Mario Hezonja.

Sacramento Kings-Dallas Mavericks 99-106

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Una striscia di cinque sconfitte consecutive ha portato i Dallas Mavericks a finire perfino sotto ai Sacramento Kings, guadagnandosi il dubbio privilegio dell’ultimo posto nella Western Conference. Un’onta a cui ha posto rimedio Yogi Ferrell, che con un paio di triple consecutive in apertura di ultimo quarto ha dato il là a un parziale di 16-0 che ha indirizzato la partita nelle mani dei Mavs, vincendo l’ultimo quarto per 25-14. A guidare il quintetto tutto in doppia cifra dei texani sono stati i 18 punti di Harrison Barnes e i 17 di Dwight Powell, mentre Dirk Nowitzki – autore di 15 punti – toccando quota 26 minuti si è portato solamente a sei dall’illustre traguardo dei 50.000 minuti giocati in carriera, una quota toccata solamente da altri cinque giocatori nella storia (Kareem Abdul-Jabbar, Karl Malone, Kevin Garnett, Jason Kidd e Elvin Hayes). Ai Kings invece non sono bastati i 15 punti a testa di De’Aaron Fox e capitano Garrett Temple e i 14 di Willie Cauley-Stein e Zach Randolph per evitare la prima sconfitta interna con i Mavericks da quasi tre anni a questa parte.