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NBA, i risultati della notte: tutto facile per Cavs e Celtics, Pacers ok contro i Bucks

NBA

Affamate di playoff, Cleveland, Boston, Miami e Utah passeggiano contro avversarie già fuori dai giochi. Più complicato per San Antonio che alla fine batte lo stesso Memphis. Indiana supera Milwaukee nell’unico scontro diretto della notte, consolidando il quarto posto a Est

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Cleveland Cavaliers-Detroit Pistons 112-90

IL TABELLINO

“Non sono Larry Nance Sr., ma ormai a tutti gli effetti soltanto il padre di Larry Nance Jr.”. Scherza così l’ex stella dei Cavaliers sugli spalti godendosi la miglior prestazione in carriera di suo figlio, decisivo nel successo sui Pistons. L’ex lungo dei Lakers chiude con 22 punti e 15 rimbalzi (entrambi massimo in carriera) nella sua prima partita da titolare con i vice-campioni NBA, data la contemporanea assenza di Kevin Love, Tristan Thompson e Jeff Green: “È stato tutto più facile del previsto – commenta sorridente -, i miei compagni mi hanno messo nelle condizioni migliori per incidere e di prendere i miei tiri. Questa volta sono andati quasi tutti dentro”. La coppia Nance diventa dunque la quinta nella storia NBA in cui sia padre che figlio hanno chiuso una partita con almeno 20 punti a referto con la stessa squadra (e lo stesso numero di maglia in questo caso), dopo quella composta da Doc e Austin Rivers con i Clippers, Rick e John Barry con i Rockets, Ernie e Kiki Vandeweghe con i Knicks e Gerald e Gerald Henderson con i Sixers. Il miglior in campo però è sempre LeBron James, autore di 31 punti in meno di 30 minuti; soltanto la seconda volta in carriera che gli succede playoff inclusi (l'altra il 15 novembre 2014 contro gli Hawks). Dopo il parziale da 36-21 piazzato dai Cavs nel terzo quarto, James può tranquillamente andarsi a sedere per tutta l’ultima frazione, tirando per una volta il fiato. La resa sul parquet del numero 23 assieme al nuovo arrivato Nance Jr. è impressionante: +22.2 di Net Rating nei 127 minuti trascorsi insieme sul parquet, -8.6 nei 203 senza. Il giorno e la notte, lo stesso scossone che speravano di avere i Pistons dopo l’arrivo di Blake Griffin. Un’illusione durata quattro partite, prima che Detroit sprofondasse in un vortice da nove sconfitte nelle ultime 11 partite. L’ex Clippers chiude con 25 punti, otto rimbalzi e cinque assist; cifre rese vane da un 39% di squadra che non lascia scampo agli ospiti nel secondo tempo, rimandando ancora una volta l’appuntamento con un successo in trasferta che manca ormai dal 10 gennaio.

Indiana Pacers-Milwaukee Bucks 92-89

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Nel panorama in continua evoluzione della Eastern Conference Indiana e Milwaukee sono due squadre in momenti completamente diversi, con i Pacers che stanno scalando posizioni in classifica e i Bucks invece in preoccupante discesa. Trend confermato anche al termine della sfida nell’Indiana, con i padroni di casa che agguantano la terza vittoria in fila (la settima nelle ultime dieci), portandosi al quarto posto della Eastern Conference, a una sconfitta soltanto di distanza dai Cleveland Cavs, e con gli ospiti costretti a fronteggiare il quinto ko nelle ultime sei partite disputate, con i Miami Heat pronti ad approfittare dell’ennesimo scivolone e sfilare ai Bucks la settima posizione. Dopo un primo tempo in sostanziale parità (46-44 il risultato pro-Bucks all’intervallo), Indiana piazza un parziale di 19-5 in apertura del secondo tempo per portarsi anche sul +15, cui replica però subito Milwaukee con un identico controbreak (19-5) per restare a soli 4 punti di distanza dai padroni di casa entrando nel quarto decisivo. L’uomo che decide la partita è Bojan Bogdanovic, che negli ultimi dodici minuti segna 8 dei 19 punti della sua squadra e chiude a quota 29, suo massimo in carriera, in una serata da 9/13 al tiro con 5/7 dall’arco. Il croato sa come spiegare la propria serata magica: “Quando ho chiuso a zero punti la gara contro Charlotte [0/3 in 24 minuti a fine gennaio, ndr] mi sono imposto di essere molto più aggressivo”. Aggressività che ha pagato, con 13 partite consecutive sempre in doppia cifra per il giocatore croato e sei volte ad almeno 20 punti. È lui il volto della vittoria dei Pacers, che hanno anche 14 punti da Victor Oladipo con 5 assist, 5 rimbalzi ma ben 10 palle perse; ai Bucks non bastano i 18 punti con 12 rimbalzi di Giannis Antetokounmpo e i 26 di Eric Bledsoe, miglior realizzatore dei suoi.

Chicago Bulls-Boston Celtics 89-105

IL TABELLINO

Tutto facile per i Celtics che anche senza Kyrie Irving passeggiano contro i Bulls e vincono senza affanno una partita mai in discussione. La point guard numero 11 dei bianco-verdi resta a riposo a causa un fastidio al ginocchio sinistro (aggravatosi dopo il ko contro Houston di sabato, ma che dovrebbe risolversi nei prossimi giorni), ma nonostante questo Boston riesce a portarsi anche sul +37 durante la sfida e a conquistare il quinto successo nelle ultime sei gare. Una situazione ben diversa da quella dello scorso dicembre: “Anche in quell’occasione Kyrie non giocò [a causa di un problema al quadricipite, ndr] e siamo stati travolti e battuti con 20 punti di scarto. Grazie a quel ricordo siamo entrati in campo già pronti e questo ha fatto la differenza”. Alla sirena finale sono cinque i giocatori in doppia cifra guidati dai 21 punti di Jaylen Brown e i 14 di Jayson Tatum, in un match segnato anche dalla cronica incapacità dei Bulls di trovare il fondo della retina. A fine primo tempo Chicago mette a referto soltanto 29 punti; il minimo in una stagione già poco propizia: “Non ci sono scuse per la pessima partita che abbiamo giocato”, chiosa un amareggiato Zach LaVine. Per i padroni di casa è la 14esima sconfitta nelle ultime 17: un dato che non preoccupa e che tuttavia non rincuora (visto il continuo crollo di chi sta dietro). I Bulls restano ancora lontani dal fondo della lega, dove in un fazzoletto di meno di tre partite ci sono ben otto squadre. In quella classifica ridotta i Grizzlies sono ultimi e i Bulls primi. La posizione peggiore di tutte, sempre quella sbagliata. 

Miami Heat-Phoenix Suns 125-103

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Miami riprende fiato e rilancia la sua corsa playoff grazie alla facile vittoria conquistata contro i derelitti Suns, alla disperata caccia dell’ultimo posto e di una scelta al prossimo Draft. Il copione della sconfitta di Phoenix è sempre lo stesso, capaci di rendere dominante qualsiasi tipo di avversario. Questa volta è stato il turno di Hassan Whiteside, autore di 24 punti (mai così tanti negli ultimi 40 giorni) e 14 rimbalzi, semi-perfetto con il suo 10/13 al tiro: “Ha fatto tutto lui, è stato dominante – racconta Dwyane Wade -. È stata di gran lunga la miglior partita che gli ho visto giocare. Magari non sempre replicabile, ma sono certo che con prestazioni del genere può aiutarci a vincere spesso e volentieri”. Il lungo degli Heat è uno dei sette giocatori in doppia cifra, in una gara da 51% al tiro per Miami e mai in discussione per oltre mezz’ora. Una sconfitta che costa ai Suns l’esclusione aritmetica dai playoff (non che qualcuno ci sperasse ancora), sancendo così per l’ottava stagione consecutiva l’assenza di Phoenix dalla post-season. Devin Booker chiude con 31 punti, a cui si aggiungono i 19 di T.J. Warren. Sempre troppo poco per pensare di evitare la 18^ sconfitta nelle ultime 20 gare.

San Antonio Spurs-Memphis Grizzlies 100-98

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Gli Spurs battono i Grizzlies e sorridono due volte: non solo per aver conquistato una vittoria che significa quinto posto a Ovest (basta poco per salire e/o scendere in classifica nella Western Conference), ma perché lo fanno grazie a un Tony Parker a tratti in versione 2014, autore di 23 punti con 10/14 al tiro in uscita dalla panchina. “È stato un grande successo per noi questa notte: Tony ha giocato alla vecchia maniera, ci ha fatto andare alla sua andatura. Era lui a dettare lo strappo e a fissare il ritmo: appena sono iniziati a entrare i tiri dalla media distanza era chiaro che sarebbe stata la sua partita. Abbiamo un gran bisogno di lui”. La sfida personale tra i fratelli Gasol invece la vince Marc che chiude con 23 punti e dieci rimbalzi, contro i soli due punti messi a referto dal sofferente Pau sia in fase realizzativa che alla spalla dopo uno scontro proprio con suo fratello. Un problema che dovrebbe tenerlo fuori nell’incrocio con gli Warriors, una delle ragioni per la quale i texani possono sorridere soltanto fino a un certo punto. San Antonio infatti è attesa da un trittico di sfide (Golden State, Oklahoma City e Houston) che darà la dimensione delle ambizioni degli Spurs in questo complicato finale di stagione. Memphis invece sprofonda sempre più giù: 14esima sconfitta consecutiva e un roster totalmente rivoluzionato. Nessuno dei dieci giocatori scesi sul parquet è stato una prima scelta al Draft (non accadeva dal 22 febbraio 2010 quando furono i Jazz a compiere questa impresa). Nessuno. Mancano i presupposti per essere vincenti.

Utah Jazz-Orlando Magic 94-80

IL TABELLINO

Anche a Salt Lake City si conferma un trend ormai evidente in questi ultimi giorni: chi ha motivazioni più forti, vince. I Jazz infatti, rilanciati nella corsa playoff dalla striscia di 11 successi consecutivi interrotta dieci giorni fa, tornano a macinare gioco, si prendono la terza vittoria in fila e avvicinano a una sola partita e mezza di distanza l’ottavo posto occupato dai Nuggets. In un fazzoletto molto ridotto infatti (meno di quattro partite) ci sono ben otto squadre a contendersi sei posti ai playoff, in una corsa in cui la discriminante saranno gli scontri diretti. Vincere contro i Magic di questo mondo non sembra essere un grosso problema: 21 punti e 17 rimbalzi per Rudy Gobert e i 19 punti di Donovan Mitchell guidano un quintetto tutto in doppia cifra. “È sempre divertente giocare contro Evan Fournier – racconta il lungo francese -, è uno dei miei migliori amici e un ragazzo molto competitivo”. Nonostante l’ostacolo arrivato dalla Francia però, i Jazz prendono la testa del match dopo un quarto d’ora e non si voltano più indietro, con i Magic incapaci di andare oltre il 34% dal campo di squadra. Un dramma relativo per una squadra totalmente priva di ambizioni.