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NBA, le verità di Steve Francis: "A 18 anni spacciavo, quattro anni dopo ero in NBA"

NBA

L’ex giocatore dei Rockets, scelto al Draft nel 1999 e in NBA per dieci anni, ha raccontato la sua storia a “The Players Tribune”, dall’infanzia complessa al rischio di percorre la strada sbagliata. Soltanto il basket (e un allenatore) sono riusciti a evitargli il peggio

A guardarlo sul parquet è sempre apparso come un giocatore diverso dagli altri, non solo per il talento cristallino di cui disponeva. Steve Francis era il classico giocatore che rispondeva a tutti i canoni del bad boy (quantomeno all’apparenza), il ragazzo di colore uscito dal ghetto in grado di conquistarsi la ribalta e la ricchezza grazie al talento. Il sogno americano insomma, se non fosse che quella sofferenza e quelle difficoltà sono state reali e si sono impresse sulla sua pelle come i tanti tatuaggi che ricoprono i suoi 191 centimetri (scarsi, in realtà). L’ex point guard di Rockes, Knicks e Magic ha deciso di raccontare la sua storia e alcuni spassosi aneddoti in un pezzo dal titolo “Ho una storia da raccontare” pubblicato da The Players Tribune. Una sintesi perfetta di come spesso nella vita basti davvero un soffio per prendere la strada sbagliata, o magari bisogna avere la fortuna che arrivi qualcuno in nostro soccorso a segnalarci il giusto tracciato. Francis a 15 anni non giocava all’high school (soltanto due partite ufficiali da liceale) e spacciava crack agli angoli delle strade dei vari quartieri malfamati nella periferia di Washington che era costretto a frequentare. “Mi sentivo come dentro la macchina che fa i pop corn”, sballottato da una parte all’altra senza che riuscisse a trovare pace, vivendo in una casa con tre stanze e occupata da 18 persone. La strada quindi diventata una vera e propria necessità per respirare e il futuro che gli veniva garantito era soltanto uno: spacciare e guadagnarsi da vivere. “Non ho mai avuto paura delle pallottole, quelle sono qualcosa con cui impari a convivere in strada. Quello che più mi terrorizzava era la droga, le siringhe e tutto ciò che riguarda un mondo fatto di dipendenza e astinenza. Erano delle persone che avevano una vita normale - infermiere, insegnanti, postini, anche politici. Sembrava l’Apocalisse degli zombie”. Con il padre naturale in galera e la madre alle prese prima con la povertà e poi con la malattia, Francis perde definitivamente la bussola a 18 anni, quando il cancro lo costringe a rinunciare anche all’affetto dell’unico legame familiare. “Ero completamente andato: ogni speranza era dissolta, ho smesso di giocare a basket sia in palestra che al parco. Nella mia testa volevo costruire il mio piccolo impero con la droga, andando incontro a una pallottola oppure alla galera”.

I consigli di coach Langley, la NBA e poi di nuovo il baratro

A cambiare il corso degli eventi ormai avviati verso un vortice tutt’altro che raccomandabile ci ha però pensato Tony Langley, il suo coach in AAU ed ex poliziotto che era solito ripetergli: “Ti spiego io come vanno queste cose: tra dieci anni allo stesso angolo ci sarà un ragazzo esattamente come te, che sta facendo le stesse c***te. Avrà le scarpe all’ultima moda, sembrerà in forma. Ma guardando bene continuerà a invecchiare anno dopo anno, facendo sempre la stessa merda, venendo rapinato allo stesso modo. Tu invece puoi fare qualcosa di diverso”. Mai consiglio fu più azzeccato. “È suonato qualcosa nella mia testa”, racconta Francis, partito poi direzione Texas per frequentare il college a San Jacinto. Non di certo il migliore per mettersi in mostra, ma la stabilità trovata lontano da casa servono finalmente a inquadrarlo. Avere un letto tutto per sé è una conquista non da poco dopo 18 anni. Da quel momento in poi è tutto in discesa, nonostante gli sforzi per riuscire ad affermarsi. Arrivare in NBA con un talento del genere è davvero l’ultimo dei problemi, così come la chiamata di Maryland al college e la scelta numero due al Draft di Washington del 1999. La droga è rimasta lontano dalle sue tasche, ma i fantasmi sono a lungo rimasti nella sua testa. La sua carriera NBA infatti sboccia a metà, sempre un passo indietro rispetto alle aspettative. Scaricato ai Magic dai Rockets che avevano scambiato mezza squadra per averlo dai Grizzlies, Francis inizia lentamente il suo declino. Il crollo è verticale nonostante la carta di identità dica 28, massimo 29 anni. Una carriera lunga però difficilmente sarebbe stata nelle sue corde, crollato assieme alle sue certezze sul parquet in un’insicurezza naufragata sul fondo di un bicchiere: “Che fine ho fatto? Ho iniziato a bere un sacco”, racconta al termine del suo lungo sfogo, senza dimenticare di sottolineare però per l’ennesima volta: “A 18 anni ero all’angolo di Takoma Park a vendere crack, a 22 ero sul palco del Draft a stringere la mano di David Stern. Una storia così pazza che nessuno avrebbe potuto scrivere”.