Il numero 30 giallo-viola è uno dei miglior giocatori dei Lakers di questa stagione, diventato irrinunciabile anche in prospettiva futura. La sua conferma però potrebbe complicare i piani estivi sul mercato: come fare a trattenerlo e a mantenere spazio per firmare due free agent?
Da quando lo scorso gennaio LaVar Ball disse che coach Luke Walton non aveva più il controllo dello spogliatoio e del gruppo, a Los Angeles sono cambiate un bel po’ di cose. In positivo però, visto che il diretto interessato ha risposto con i fatti alle esternazioni dell’irruento papà di Lonzo. Da quel momento i giallo-viola hanno vinto 20 partite perdendone soltanto nove - il settimo miglior record degli ultimi due mesi, al pari dei tanto decantati New Orleans Pelicans e Indiana Pacers. I Lakers hanno iniziato a correre (terzi in tutta la lega per Pace), confermandosi nell’élite NBA in entrambe le metà campo e raccogliendo un convincente +3.9 di Net Rating. Liberi di poter far crescere la squadra e non dover puntare al Draft del prossimo giugno (la scelta dei giallo-viola infatti è di proprietà dei Celtics, ottenuta tramite i Sixers nell’affare Fultz-Tatum), Brandon Ingram e compagni hanno giocato nelle ultime settimane il miglior basket visto allo Staples Center dal 2014 a oggi. Enormi passi in avanti decisivi a pochi mesi da un’estate cruciale nel destino dei giallo-viola: essere competitivi vuol dire essere attrattivi sul mercato. “Coach Walton sta facendo un grande lavoro ed è chiaro che il suo obiettivo è quello di raggiungere il movimento di uomini e pallone che avevano gli Warriors con lui in panchina”. Questo è stato uno dei tanti commenti lusinghieri di LeBron James nel post-partita di qualche giorno fa a Los Angeles al termine della gara persa dai Cavaliers. Il numero 23 continua ad ammiccare, così come Magic Johnson – nelle vesti di dirigente dei Lakers – corso a salutare a favore di telecamere Rich Paul, l'agente di James, seduto in prima fila allo Staples Center. Il protagonista indiscusso della sfida contro Cleveland però non è stato The King, ma Julius Randle, trascinante grazie a una prestazione da 36 punti (massimo in carriera), 14 rimbalzi, sette assist, due stoppate e un recupero. Cifre che non si vedevano da dieci anni alle pendici della collina di Hollywood, dai tempi di Kobe Bryant. Il numero 30 è di gran lunga il miglior giocatore dei Lakers dell’ultimo mese, una delle sorprese in positivo di una stagione che doveva accompagnarlo alla porta e che invece lo ha riportato al centro della scena. Questa squadra funziona anche grazie al suo lavoro e sarebbe un peccato a questo punto lasciarlo andare via per fare spazio ad altri.
Randle, un giocatore completo e irrinunciabile per i Lakers
Nel post All-Star Game la maturazione di Randle è definitivamente giunta a compimento, trasformandolo in un giocatore completo e per alcuni aspetti molto raro. Uno degli unici tre nella lega in grado di viaggiare con almeno 20 punti, dieci rimbalzi e quattro assist di media nelle ultime settimane. Gli altri due presenti in lista sono LeBron James e Russell Westbrook, che a differenza sua però tirano molto peggio. Randle infatti converte le sue conclusioni con più del 55% dal campo. Oltre a essere dominante insomma, il numero 30 è anche efficiente e utile in entrambe le metà campo. Un atleta completo, come dimostra la clip precedente con la doppia azione prima difensiva su James (tenere il numero 23 non è da tutti) e poi con la transizione dall’altra parte, conclusa con un eurostep invidiabile e una visione di gioco di primissimo livello, con la palla scaricata in angolo per il tiratore da tre punti. Un giocatore duttile, maturato più tardi del previsto a causa dell’infortunio che gli ha fatto perdere tutto il primo anno e dei problemi di sovrappeso che ne hanno limitato lo sviluppo (l’immagine dei suoi progressi fisici è impressionante, dal grasso all’addominale scolpito in poche settimane prima dell'inizio della regular season). Randle al momento è uno dei migliori under 25 in prospettiva della lega, un lusso di cui poter godere a 4.1 milioni di dollari e da confermare a tutti i costi a 5.6 milioni con la qualifyng offer entro il prossimo 30 giugno. Qui però si apre un capitolo molto delicato. I piani dei Lakers dello scorso agosto infatti, prima che la stagione iniziasse, erano chiari: rinunciare a esercitare il diritto di conferma o avanzare offerte per tutti i giocatori all’ultimo anno di contratto. Dal 1 luglio 2018 dunque niente più Brook Lopez, Kentavious Caldwell-Pope, Corey Brewer e soprattutto Julius Randle. Nel frattempo Brewer è andato ai Thunder, mentre a migliorare la situazione salariale dei losangelini ci hanno pensato le partenze di Jordan Clarkson e Larry Nance Jr destinazione Cleveland. I Lakers al loro posto sono stati ben felici di incamerare i due contratti in scadenza di Channing Frye e Isaiah Thomas. Una manovra che ha reso ancora più probabile l’ipotesi di puntare a ben due free agent di primo livello in estate. Tutto giusto, a patto però di riuscire a liberarsi del peggior contratto NBA.
Il destino nelle mani di Deng: come liberarsi del suo contratto?
Il peso morto più grosso a livello salariale infatti resta il folle contratto offerto a Luol Deng, che nei prossimi due anni incasserà 36.8 milioni di dollari. Un biennale garantito, un macigno che più volte Magic ha sottolineato di voler scambiare, ma sempre con un sorrisetto amaro stampato sulle labbra. È (semi) impossibile infatti trovare una squadra che abbia una valida ragione per accollarsi un onere del genere. Qui però diventa doveroso fare un inciso prima di proseguire: disporre soltanto dello spazio salariale per firmare James non basta. Il numero 23 dei Cavs infatti si muove solo a condizione di trovare una squadra pronta da subito a puntare al titolo. I progressi dei Lakers sono incoraggianti in questo senso, ma è evidente che i giallo-viola devono poter disporre di almeno a un altro free agent di primo livello oltre a James per diventare una squadra da vertice. Da titolo. Dunque, per firmare al massimo salariale LeBron James (35% del cap) e Paul George (un altro 30%) - due nomi non casuali - servono più di 66 milioni di dollari. Una cifra enorme da poter raggiungere soltanto a patto di liberarsi dell’ex giocatore dei Bulls. Una strada da seguire per riuscire nell'impresa è quella tracciata la passata stagione con Timofey Mozgov, ossia affiancare un asset giovane e interessante (D’Angelo Russell) a un contratto orribile, accontentandosi di ricevere in cambio ciò di cui la controparte è disposta a liberarsi (Brook Lopez in scadenza). Scaricare Deng quindi potrebbe costare almeno un paio di prime scelte o una prima da affiancare a un giocatore promettente come Kyle Kuzma (improbabile) o Josh Hart (sacrificio necessario). Un’ipoteca sul futuro a medio termine obbligata pur di accelerare il processo di evoluzione e puntare da subito al titolo. In sostanza però tutto ruota attorno alla questione Deng, anche senza l’eventuale conferma di Randle, che a quel punto è diventata quasi dovuta. Il numero 30 negli ultimi giorni ha più volte sottolineato il suo amore per Los Angeles e per la squadra che per prima ha puntato su di lui. L'obiettivo è quello di diventare il "Draymond Green" dei Lakers. Il maestro in fondo è lo stesso.