Dopo un lungo peregrinare, il numero 23 dei Sixers si è ritagliato uno spazio fondamentale nella rotazione di Philadelphia, uscendo dalla panchina e avendo grosso impatto sulle alchimie tattiche di coach Brett Brown. Ma perché in questi anni nessuno ha puntato su di lui?
Forse non ci avete fatto caso, ma sono già dodici anni che Ersan Ilyasova gioca in NBA, e dodici anni sono un tempo davvero lunghissimo. Se non lo avete notato, siete ovviamente scusati: Ilyasova non è certamente il primo giocatore che viene in mente quando si pensa alla NBA, e probabilmente non è nemmeno il centesimo o il duecentesimo. Eppure in questi dodici anni di onorato servizio è sempre riuscito a ritagliarsi il suo spazietto, spuntando da una parte all’altra della NBA per dare il suo apporto di tiro perimetrale, giocate di esperienza e una misteriosa tendenza ad attirare sfondamenti in difesa. Se i Philadelphia 76ers hanno cambiato marcia nella seconda metà di stagione è anche merito del suo innesto insieme a quello di Marco Belinelli dal mercato dei buyout, due veterani che hanno dato a coach Brett Brown due ulteriori armi per costruire le alchimie tattiche che stanno facendo le fortune dei Sixers. Eppure non è sempre stato così semplice, anzi: dopo sette stagioni facendo dentro-e-fuori dal quintetto base dei Milwaukee Bucks (453 partite, 257 da titolare) Ilyasova ha cominciato un lungo peregrinare che lo ha portato nelle ultime tre stagioni a girare ben sei squadre – tra cui gli stessi 76ers. Prima lo scambio nell’estate del 2015 per andare a Detroit; quindi alla deadline il passaggio a Orlando; nell’estate del 2016 l’inserimento nella trade di Ibaka-Oladipo che lo porta a Oklahoma City; quindi neanche il tempo di tre partite con i Thunder ed ecco il passaggio a Philadelphia, dove gioca per 53 partite sviluppando una buona intesa con i giovani Sixers. La dirigenza però non è dello stesso avviso e per la seconda deadline consecutiva viene scambiato, finendo ad Atlanta dove gioca abbastanza bene da meritarsi un rinnovo annuale in estate. Infine, il buyout con gli Hawks e il ritorno a Philadelphia, dove la sua versatilità si è resa utile per una squadra che, contrariamente a quando è arrivato la prima volta, era pronta per dire la sua ai playoff.
L’utilità sottovalutata di Ilyasova
Non è facile capire perché così tante squadre si siano liberate tanto frettolosamente (o non abbiano pensato di acquisire) un giocatore che, per quanto con dei chiari limiti in entrambe le metà campo e sulla cui carta d’identità c’è più di qualche dubbio (potrebbe avere tre anni in più di quelli che dice), ha sempre dato l’impressione di fare il suo senza sporcare troppo il foglio e poteva essere preso a zero. Ilyasova non è in alcun modo un grande difensore, ma non è neanche una tassa da pagare in difesa – anzi, è sorprendentemente tosto quando deve difendere in post ed è sempre ai primi posti per sfondamenti subiti, andando sotto pelle agli avversari con i suoi trucchetti da giocatore europeo scafato. Ilyasova non è neanche un grande attaccante in senso assoluto, ma è capace di segnare una tripla quando lasciato smarcato, è un passatore più che competente e ha dimostrato anche in questi playoff di capire la pallacanestro con qualche secondo d’anticipo rispetto agli altri, dando una presenza a rimbalzo d’attacco che è tornata utilissima ai Sixers al primo turno. Non è un giocatore necessariamente utile per una squadra perdente come lo erano gli Atlanta Hawks a inizio anno, ma quando messo in un contesto vincente ha sempre fatto il suo. Insomma, avercene di giocatori di rotazione con questo impatto.
L’impatto sulla serie contro Miami
La sua versatilità nelle posizioni di 4 e di 5, poi, è stata fondamentale per sbloccare le combinazioni dei quintetti piccoli dei Sixers, che hanno letteralmente tolto dal campo Hassan Whiteside in gara-1 e poi per il resto della serie. Nella serie contro Miami ha chiuso con un rating positivo di +8.1 punti su 100 possessi e con il miglior rating difensivo di tutti i Sixers con più di 100 minuti giocati con 99.5, secondo solamente all’assurdo 94.3 di Joel Embiid (che però si è fermato a soli 91 minuti). Il nome di Ilyasova compare in buona parte dei quintetti più redditizi dei Sixers, tra cui spicca quello con Simmons-Redick-Belinelli-Saric (+17.9 di Net Rating in 15 minuti, terzo più utilizzato) e quello con Covington al posto di Belinelli (+12.2 in 14 minuti). Insomma, da qualunque parte la si guardi il suo impatto è stato sempre utile, chiudendo quasi in doppia doppia di media (10.8 punti e 9.2 rimbalzi) pur rimanendo in campo per meno di 27 minuti a partita e disputando due partite impalpabili in gara-3 (8 punti in 20 minuti) e gara-5 (5 in 32 minuti) e senza avere percentuali straordinarie (35.3% da tre punti). Al di là dei numeri, però, l’impatto del numero 23 è al di sopra di ogni sospetto, e i Philadelphia 76ers con lui e Belinelli hanno allungato le rotazioni aggiungendo due veterani – quando giocano insieme hanno un Net Rating di +16.2, il migliore tra quelli con almeno 70 minuti nella serie con Miami – in grado di garantire quella lunghezza della panchina che diventa fondamentale se si vuole fare strada nei playoff. Considerando che è stato raccolto praticamente dalla strada, Ilyasova potrebbe finalmente aver trovato una nuova casa dove poter chiudere la sua carriera.