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Playoff NBA, tiri dalla media forzati e Al Horford in tilt: ecco come Cleveland ha fermato Boston in gara-3

NBA

Cleveland ha alzato il livello di intensità in difesa e Boston ha pagato dazio con la peggior prestazione offensiva di tutti i playoff. I motivi? I tiri dalla media distanza forzati in isolamento e la pressione su un Al Horford irriconoscibile

Se avete mai sentito parlare Brad Stevens della sua filosofia offensiva, di sicuro vi sarà capitato di ascoltare uno dei suoi mantra: un buon possesso offensivo non può prescindere dal mettere almeno un piede in area. Che sia attraverso una penetrazione, un possesso in post basso o un taglio, l’obiettivo principale dei Celtics è sempre quello di mettere pressione al ferro e cercare tiri ad alta percentuale nel pitturato, arrivando a una conclusione da tre punti solo dopo aver fatto collassare la difesa. In gara-3 contro i Cleveland Cavaliers, però, questo principio di gioco si è visto pochissimo, e il risultato (complice anche un’intensità difensiva ben lontana da quella vista al TD Garden) è stata una sconfitta di ben 30 punti – la peggiore di questi playoff. I Celtics hanno attaccato con pochissimo ordine fin dai primi possessi, anche al di là dell’impegno sicuramente maggiore profuso dalla difesa dei Cavs per tenere viva la serie. Boston si è accontentata troppo spesso dei peggiori tiri possibili, ovverosia quelli dalla media distanza presi dal palleggio, che non mettono pressione alla difesa consentendole di rimanere in atteggiamento “conservativo” e vengono convertiti con le peggiori percentuali.

Come si può vedere dalla clip in apertura del pezzo, fin dal primo possesso con Jayson Tatum i Celtics si sono fatti “attirare” dai tiri dalla media distanza, proseguendo poi con l’errore di Jaylen Brown (addirittura triplicato dai Cavs) nel possesso successivo. Anche quando i vari Terry Rozier e Marcus Smart sono andati a segno con quelle conclusioni si trattava comunque di una “vittoria” per la difesa di Cleveland, che ha tutto l’interesse a costringere gli avversari a giocare in isolamento accontentandosi di tiri a bassa efficienza, avendo anche il vantaggio di trovarsi posizione perfetta a rimbalzo difensivo (Boston ne ha presi solo 6 in tutta la gara). Rimbalzi difensivi vogliono dire transizione, e transizione vuol dire tiri con ritmo: il 17/34 dall’arco dei Cavs nasce anche dalle “vittorie” difensive ai danni dei Celtics, che in gara-4 non potranno permettersi di continuare ad accontentarsi di queste conclusioni che hanno convertito con percentuali inferiori al 40% (11/28 combinato tra tiri fuori dalla restricted area e dal mid-range). Il risultato è che la difesa di Cleveland ha contestato il 76% dei tiri di Boston, percentuale ben diversa rispetto al 56% dei primi due episodi della serie.

La chiave della difesa di Cleveland: fermare Al Horford

Ai problemi di Boston in attacco ha contribuito anche la brutta serata offensiva di Al Horford, che di fatto non è mai entrato in partita chiudendo con 7 punti e 2/4 dal campo per -23 di plus-minus in 30 minuti – nettamente la peggior prestazione dei suoi eccellenti playoff finora. I Cavs si sono focalizzati moltissimo sul cercare di bloccare il playmaker neanche troppo occulto dei Celtics, mandandogli continui raddoppi per farlo pensare (specialmente con un LeBron James eccellente e coinvolto in difesa, tenendo a 2/10 gli avversari diretti con 4 palle perse) e dando battaglia in post basso per evitare i passaggi d’entrata sui cambi con i piccoli. Horford è apparso subito fuori giri e fuori fase, faticando a creare qualcosa dai pick and pop che avevano fatto così male nei primi episodi di questa serie e di quella precedente contro i Philadelphia 76ers.

Tra i motivi di questa serata storta ci sono sicuramente gli errori dei suoi compagni nel riconoscere i mismatch con i piccoli, senza servirlo vicino a canestro quando aveva un vantaggio nei confronti del diretto avversario. Un altro motivo è certamente l’impegno di Tristan Thompson, elogiato da compagni e allenatori nel dopo gara per la sua mobilità nel rallentare l’avversario diretto più pericoloso. “Lo ha difeso molto bene: Al Horford è un All-Star tutti gli anni e molto del loro attacco passa da lui” ha spiegato coach Tyronn Lue. “Tristan ha l’agilità necessaria per contestargli il tiro quando si allarga sul perimetro e mettergli pressione, rendendogli la vita difficile. Abbiamo bisogno di fargli sudare ogni possesso, e Tristan è il miglior accoppiamento contro di lui”.

Ma a fermare le penetrazioni di Horford c’è stata anche la presenza ingombrante di Aron Baynes: in tutti i playoff la convivenza con il centro australiano non ha dato grandi risultati in questi playoff, visto che in 150 minuti assieme hanno avuto un Net Rating di -5 punti su 100 possessi, e anche nei 12 minuti passati assieme in gara-3 hanno avuto un differenziale negativo di -29.4, producendo solo 97 punti su 100 possessi in attacco e concedendone 126.4 in difesa. La presenza del centro serve però per dare fisicità a Boston senza concedere troppi rimbalzi offensivi, mettendo coach Brad Stevens in una situazione difficile nel bilanciare spaziature offensive e solidità difensiva: risolvere anche questo dualismo sarà uno degli obiettivi in vista dell’importantissima gara-4.