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NBA, Chris Paul sta molto meglio. E se ne sono accorti anche gli Warriors

NBA

Il n°3 degli Houston Rockets ha giocato una super partita, dopo essere stato limitato da un infortunio al piede nei due episodi precedenti: "Chris mi aveva detto dopo gara-3: 'Se la mia condizione migliora, batteremo Golden State'. Detto, fatto"

Dopo la batosta subita in gara-3 i Rockets erano preoccupati non solo del -41 incassato, ma della condizione fisica di Chris Paul. Le parole di coach D’Antoni avevano lasciato intendere molto più di quanto in realtà lasciasse immaginare il bollettino medico: “Continuerà a giocare anche zoppicando”, era stata la risposta definitiva alle allusioni dei cronisti. Per fortuna sua e di Houston però, le cose nelle ultime 48 ore sono profondamente cambiate, come sottolinea lo stesso allenatore dei texani dopo il cruciale successo in gara-4: “Chris sta meglio, il piede non gli dà più fastidio. Abbiamo parlato a lungo dopo gara-3, e lui ha sottolineato ‘Coach, se il mio piede torna a posto, riusciremo a battere Golden State’. Detto, fatto: la sua condizione fisica è migliorata e lui non ha tradito le aspettative”. CP3 infatti ha giocato una super partita, nonostante il claudicante avvio con quattro tiri sbagliati e più di un quarto d’ora trascorso prima di trovare per la prima volta il fondo della retina. Da lì in poi, dominio assoluto e giocate che hanno cambiato la partita e permesso a Houston di conquistare la vittoria più importante degli ultimi 20 anni della franchigia. Sotto 2-1, in trasferta e con 12 punti da recuperare nell’ultimo quarto, i canestri e gli assist di Paul hanno permesso ai Rockets di ribaltare pronostico e serie. Un successo che nobilita ancora di più la stagione da record dei texani: “È sbagliato dare tutta questa importanza al mio piede – racconta il diretto interessato -, la differenza la fa l’atteggiamento che noi mettiamo in campo, nel fare le giocate decisive necessarie per vincere”. Una frase detta in conferenza, subito interrotta da James Harden seduto al suo fianco: “Sta molto meglio, sta bene”, conferma il Barba che con i suoi 30 punti è stato il miglior realizzatore di Houston. La differenza tra le due partite giocate da Paul alla Oracle Arena è evidente, non tanto e non solo nelle cifre, quanto nella condizione e nell’esplosività che è riuscito a mettere in campo: “Ho visto un campione convinto, consapevole di poter cambiare il nostro destino con le sue giocate – racconta Ariza -, non passiamo il tempo a discutere di quanto sia importante. Lui scende in campo e gioca come sa. Nessuno lo ha mai messo in dubbio, a prescindere dalla condizione fisica. Anche su una gamba sola, è sempre CP3. Questo è quello in cui crediamo, fidandoci di ciò che è in grado di fare”.

Morey non resiste sugli spalti, Paul invece è a suo agio sul parquet

E la scansione delle giocate segue fedelmente il copione che tutti i tifosi di Houston avevano sognato sin dalla scorsa estate. Da quando Paul ha deciso di cambiare squadra. Harden lascia in parte lo scettro e la gestione del pallone a CP3, che prima si mette in proprio, evitando a Houston di sprofondare e mandando a segno un paio di jumper dalla media. Punti non ad alta redditività sulla carta, ma il GM Morey per una volta avrà accettato di buon grado lo strappo alla regola: “Non sto molto bene”, racconta a fine partita il dirigente dei Rockets, pallido per l’emozione e la tensione emotiva. Morey infatti è uscito fuori dalla Oracle Arena con dieci minuti d’anticipo, con la moglie rimasta sugli spalti che gli raccontava via sms cosa stesse succedendo sul parquet: “Dovevo prendere un po’ d’aria, non ho resistito lì dentro”. Paul invece era molto a suo agio, abile nel trovare una tripla senza senso di puro talento in faccia a Klay Thompson. Ottimo attacco batte sempre ottima difesa, così come una visione celestiale può cambiare il corso di una partita. E l’assist lungo la linea di fondo a ribaltare il lato del n°3 entra di diritto in quella categoria: una palla che può dare solo lui, che finisce comoda nelle mani di Trevor Ariza. Tre punti sulla sirena, primo vantaggio Rockets dopo un’eternità e primo colpo del ko. Per chiudere i conti però ne serve un altro e Paul a 140 secondi dalla sirena decide di premiare Eric Gordon, impreciso soprattutto da lontano fino a quel momento. Tutta la difesa guarda lui, la palla scompare alle sue spalle e per il miglior sesto uomo dell’anno del 2017 è finalmente arrivato il momento di scrivere uno nella casella dei canestri segnati da lontano. È il bersaglio più pesante nella stagione di Houston, quello che può cambiare la corsa al titolo NBA. Lo ha segnato un altro, ma lo zampino ce l’ha messo CP3.