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NBA Finals, ovazioni, cori da MVP, passaggi sbagliati: la gara-2 particolare (e modesta) di J.R. Smith

NBA

Era l’uomo più atteso dopo il finale che lo ha visto protagonista (in negativo) nel primo episodio della serie: il pubblico lo ha punzecchiato all’inizio e Smith ha prima risposto presente per poi scomparire lentamente nella sfida

Dopo il disastroso finale di gara-1, riflettori, attenzioni e soprattutto critiche sono state a lungo e ripetutamente rivolte verso  J.R. Smith; diventato l’uomo simbolo scaraventato sul banco degli imputati nel post di una sfida che i Cavaliers avrebbero potuto vincere e che invece li ha visti uscire a testa bassa dal parquet. Dare tutte le colpe al n°5 di Cleveland sarebbe folle (qualcuno non ha perso occasione per farlo), ma di certo non si poteva negare ai tifosi di casa che ancora una volta hanno affolato la Oracle Arena, la gioia di accoglierlo in maniera particolare dopo il “favore” ricevuto in gara-1. Per questo già durante la presentazione delle squadre, Smith è stato spettatore inconsapevole di un divertente siparietto. LeBron James, Kevin Love e Tristan Thompson: questi i primi tre nomi annunciati dagli altoparlanti del palazzetto degli Warriors, subissati di fischi come sempre accade alla squadra in trasferta. Poi però quei “buu” si sono trasformati in applausi non appena la voce che scalda il pubblico di casa ha pronunciato: ‘con il n°5 i Cavaliers…’. Da lì è partito il boato, gli applausi come se stesse entrando in campo uno dei giocatori della squadra di casa, condito con tanto di coro “MVP, MVP, MVP”. Sì, una presa in giro bella e buona che  si è ripetuta poco dopo, quando a metà primo quarto Smith ha compiuto l’unico viaggio in lunetta della sua partita (dopo aver realizzato uno dei due canestri della sua partita): dieci secondi tutti dedicati a lui e il pubblico non si è lasciato sfuggire nuovamente l’occasione di scherzare con lui con il solito coro. Di MVP sul parquet in realtà ce ne sono potenzialmente un bel po’, mentre la partita di J.R. è stata tutt’altro che meritoria di un premio. La reazione d’istinto a inizio gara lo ha portato a essere positivo, propositivo e più aggressivo del solito, beneficiando così in attacco di un paio di giocate di livello e portando a casa anche cinque punti importanti. "I cori mi sono piaciuti: preferisco che cantino quello, piuttosto che non essere considerato", racconta il diretto interessato. Sarà, ma da lì in poi la sua prestazione peggiora di quarto in quarto, facendo regredire il suo rendimento fino a diventare intangibile in attacco. La retina non si muove mai quando tira lui e l’ultimo acuto da sottolineare è ancora una volta una nota d’autore a margine di un suo errore. Scorribanda in palleggio sul finire del primo tempo e scarico inguardabile che porta alla palla persa. Sugli spalti riparte il motivetto “MVP, MVP, MVP” che dopo pochi istanti viene coperto dal boato per l’ennesimo canestro Warriors. Nella sua testa invece quel dannato ronzio non vuol proprio saperne di lasciarlo in pace, in una serie che ricorderà per tutta la vita.