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NBA, da Rudy Gobert a Victor Oladipo e Lou Williams: tutti gli altri premiati agli Awards

NBA

Dopo Gasol nel 2013, ancora un europeo (Rudy Gobert) viene premiato come miglior difensore; Lou Williams bissa il titolo vinto nel 2015 a Toronto come sesto uomo; Victor Oladipo celebra una stagione da All-Star con il premio di giocatore più migliorato

Difensore dell'anno: Rudy Gobert, Utah Jazz

Assegnato a James Harden il premio più prestigioso, quello di MVP stagionale, e risolte potenziali polemiche (Simmons vs. Mitchell nella corsa a matricola dell’anno) e possibili vendette (Dwane Casey premiato nonostante il licenziamento a fine anno) la NBA ha assegnato nel corso della seconda edizione della sua notte degli Award anche tutta un’altra serie di riconoscimenti, a partire dal premio di difensore dell’anno, di sesto uomo e di giocatore più migliorato. È andato al centro francese degli Utah Jazz (la squadra col secondo defensive rating della lega) il premio di difensore dell’anno NBA, in una corsa che lo ha visto superare i lunghi di Philadelphia e New Orleans Joel Embiid e Anthony Davis. “Se non sei uno specialista spesso l’apporto difensivo alla partita di un giocatore non viene neppure notato: la gente nota chi segna più punti e poi guarda si limita a guardare gli highlights, e basta. Invece è la difesa la prima chiave di un grande attacco: è molto raro che una squadra che vinca un titolo non sia un’ottima squadra difensiva”. Dopo aver ricevuto il maggior numero di voti all’interno dei cinque giocatori votati per il primo quintetto difensivo NBA, il centro francese dei Jazz si aggiudica il premio individuale sulla scia di una stagione che lo ha visto chiudere in doppia doppia di media, con 13.5 punti e 10.7 rimbalzi, di cui 7.8 difensivi: a questi ha aggiunto 2.3 stoppate a gara, 129 in totale in stagione (il quarto totale più alto della lega, nonostante Gobert abbia saltato 26 partite). “Se la tua difesa è forte hai una chance di vincere ogni sera, sia in casa che fuori”, conclude il n°27 di Utah, che succede a Draymond Green nell’albo d’oro del premio e diventa il primo europeo da Marc Gasol nel 2013 a mettere le mani sul trofeo.

Giocatore più migliorato: Victor Oladipo, Indiana Pacers

È riuscito nell’impresa più ardua per un giocatore dei Pacers: non far rimpiangere ai tifosi dell’Indiana Paul George, finito a Oklahoma City durante la scorsa estate. Al primo anno in maglia Pacers, Victor Oladipo ce l’ha fatta confezionando una stagione pazzesca, che lo ha visto conquistare la prima convocazione per un All-Star Game ma anche guidare la lega per recuperi (2.36 a sera), segnare più di 23 punti a partita (23.6) ma anche stabilire record personali di carriera non solo dal punto di vista realizzativo ma anche per rimbalzi (5.2), assist (4.3), recuperi, percentuale dal campo (47.7%) e da tre punti (37.1%). “Ho lavorato moltissimo per avere un’annata del genere – ha commentato – e oggi sono grato e onorato di ricevere questo premio. A volte arriva un punto nella tua vita in cui rimani tu stesso sorpreso di quello che riesci a fare, ma questo è solo l’inizio, sia per me che per i Pacers”, la promessa di Oladipo, che ha battuto la concorrenza del centro di Houston Clint Capela e della guardia di Brookyn Spencer Dinwiddie.

Sesto uomo dell'anno: Lou Williams, L.A. Clippers

Non è più un giovanotto, Lou Williams (31 anni già compiuti, 13 stagioni NBA in archivio): nessuno a questo punto della sua carriera era mai riuscito a chiudere un’intera stagione oltre i 20 punti di media, impresa riuscita al sesto uomo agli ordini di coach Doc Rivers a Los Angeles, capace di viaggiare a 22.6 punti a sera sfiorando il 36% da tre punti. In una stagione che in casa Clippers è stata falcidiata dagli infortuni, Williams ha finito per partire in quintetto in 19 gare, ma nelle 60 in cui si è alzato dalla panchina – il suo ruolo storico – ha tenuto medie di 21.9 punti con 5.3 assist a sera, guidando anche l’intera lega per punti nel quarto quarto. Si è così meritato – per la seconda volta in carriera, dopo il trionfo in maglia Raptors nel 2015 – il premio di miglior sesto uomo NBA, regolando il suo ex compagno a Houston Eric Gordon e la guardia di Toronto Fred VanVleet. “Gli infortuni quest’anno ci hanno condizionato tantissimo – ha dichiarato – ma se resteremo sani sono fiducioso per il futuro. Personalmente non mi sono mai preoccupato, al via di ogni stagione, di quale sarebbe stato il mio ruolo, se da titolare o da riserva. Ho sempre dato la mia massimo disponibilità a ogni mio allenatore: qualsiasi cosa serva da me, io ci sono. Quest’anno sono uscito dalla panchina e ho collezionato statistiche da All-Star, a dimostrazione che tutto è possibile”.

Dirigente dell’anno: Daryl Morey, Houston Rockets

Per tutto l’anno gli Houston Rockets hanno ripetuto come un mantra che l’obiettivo unico era battere i Golden State Warriors. Non ci sono riusciti, complice l’infortunio di Chris Paul nel momento decisivo della stagione, ma nessuno ci è andato vicino quanto loro in era Kevin Durant, capaci di andare sul 3-2 nella serie di finale di conference contro i campioni in carica. Il merito va anche al modo in cui il General Manager Daryl Morey ha costruito la squadra, affiancando Chris Paul a James Harden e poi circondandoli di atleti, tiratori e difensori, firmando P.J. Tucker e scovando gemme nascoste come Gerald Green o Joe Johnson. Morey ha ricevuto 68 punti complessivi con 11 primi posti, precedendo i 54 punti di Dennis Lindsey degli Utah Jazz e i 40 di Kevin Pritchard degli Indiana Pacers. Un riconoscimento meritato per uno dei dirigenti più innovativi della NBA: l’obiettivo per l’anno prossimo, però, rimane sempre quello di battere gli Warriors.

Miglior compagno: Jamal Crawford, Minnesota Timberwolves

Oltre ai premi “tradizionali”, dallo scorso anno vengono votati anche dei premi teoricamente di secondo rilievo ma di grande importanza per i giocatori. Uno di questi è il “Twyman-Stokes Teammate Award” che premia il miglior compagno dell’anno ed è andato a Jamal Crawford, che ai Minnesota Timberwolves ha fatto da chioccia a un gruppo totalmente nuovo. “JCrossover” con 1.233 punti ha preceduto Manu Ginobili, piazzatosi secondo con 1.153 punti, e Udonis Haslem, terzo con 1.065. Insieme a loro anche Anthony Davis (960) e Tyson Chandler (865), ma anche altri come C.J. McCollum, Marvin Williams, T.J. McConnell, Anthony Tolliver, Kyle Lowry, Nikola Jokic e Jason Smith. “Questo riconoscimento vale come qualunque altro che ho vinto nella mia carriera, perché non è un premio che uno prova a vincere, ma che si può ottenere solo rimanendo solidi e svolgendo il ruolo del buon veterano” ha commentato Crawford, che nel corso di questa estate porterà la sua esperienza e la sua saggezza lontano da Minneapolis.

Hustle Award: Amir Johnson, Philadelphia 76ers

Mentre tutti i premi sono frutto di una votazione, ce ne è uno che è stato assegnato solo con criteri statistici, ovverosia l’Hustle Award. Secondo le misurazioni delle telecamere poste sui tetti delle arene NBA, il giocatore che più si è “sbattuto” sui parquet è stato Amir Johnson, il più pronto a buttarsi sul terreno per le palle vaganti, a subire sfondamenti, a causare deviazioni sulle linee di passaggio, a contestare i tiri e a portare blocchi solidi per i compagni. Dopo la vittoria dello scorso anno di Patrick Beverley, il veterano dei Sixers si è meritato il secondo premio davanti a Thaddeus Young degli Indiana Pacers, Larry Nance Jr. dei Los Angeles Lakers/Cleveland Cavaliers, Ben Simmons degli stesi Sixers e Anthony Davis dei New Orleans Pelicans.

Sportmanship Award: Kemba Walker, Charlotte Hornets

Il premio al giocatore più sportivo, leale e lavoratore in campo è andato di nuovo a Kemba Walker degli Charlotte Hornets, che fa il back-to-back dopo quello dello scorso anno e ora può tallonare Grant Hill, che per tre volte è stato riconosciuto come il giocatore più sportivo dai suoi colleghi. La stella degli Hornets ha preceduto di soli 28 punti Al Horford, fermo a 2.380 punti contro i 2.408 raccolti da Walker nonostante i 93 primi posti ottenuti dai suoi colleghi. Non lontano anche Jrue Holiday (2.306), Garrett Temple (2.162), Thaddeus Young (1.854) e sorprendentemente Steven Adams (1.490), uno che in campo per la verità è sempre un po’ sporco nel portare i blocchi e nell’utilizzare il suo fisico. Evidentemente ai suoi avversari comunque piace il suo essere sempre al limite.

I premi speciali: Lifetime Award per Oscar Robertson e Sager Strong per Dikembe Mutombo

Come lo scorso anno era stato premiato Bill Russell, quest’anno la famiglia della NBA ha deciso di celebrare un altro dei “grandi padri” in Oscar Robertson, a cui è stato riconosciuto il “Lifetime Award” per il suo enorme contributo al gioco della pallacanestro. Il Re delle triple doppie ha parlato anche della situazione sociale che gli Stati Uniti e il mondo dello sport stanno attraversando, esprimendo orgoglio per quanto stanno facendo gli atleti della NBA ma chiedendo anche ai bianchi di condividere le proprie opinioni politiche: “Cosa volete che facciano i giocatori? Che stiano zitti e palleggino? È tempo che esprimano la loro opinione sulla vita e sulla politica, su quello che succede per strada e sull’educazione. Anni fa non potevamo dire niente, ora spero che tutti – anche nel football – decidano di farlo”. L'altro premio speciale, il Sager Strong Award in onore dello scomparso Craig Sager, è stato consegnato a Dikembe Mutombo per il suo lavoro umanitario in giro per il mondo.

La giocata dell’anno: LeBron James vs Minnesota Timberwolves

Infine, l’ultimo premio di serata è stato dato a LeBron James per la “giocata dell’anno”, il suo buzzer beater ai danni dei Minnesota Timberwolves nel corso della regular season. Ce ne sarebbero stati molti altri, a partire dai due segnati durante i playoff, ma il premio dato dai tifosi riguarda solo le giocate della stagione regolare e per questo è stato premiato il canestro allo scadere contro Jimmy Butler alla Quicken Loans Arena.