Please select your default edition
Your default site has been set

NBA, cosa ci lascia la Summer League 2018

NBA

Lorenzo Bottini, Lorenzo Neri, Michele Berra

Dalle prestazioni altalenanti dei rookie alle sorprese dei giocatori più giovani fino all'atmosfera irripetibile di Las Vegas: tutto quello che ci ha lasciato l'edizione 2018 della Summer League

I 10 MIGLIORI GIOCATORI DELLA SUMMER LEAGUE - A VEGAS SPUNTA LEBRON, I PANTALONCINI VANNO A RUBA

L’esplosione della Summer League fa capire quanto potente sia diventato il brand NBA, capace di trasformare un quadrangolare estivo a Loyola Marymount University nella “versione Sundance” della lega più bella del mondo. Negli ultimi anni Las Vegas è diventata la meta estiva obbligatoria per tutti gli addetti ai lavori, dai blogger più nerd ai semplici appassionati la cui disperata fame di basket non è minimamente intaccata dal caldo afoso del deserto e dalla tentacolare vita notturna. Poi ovviamente ci sono i giocatori, tra prime scelte assolute, sophomore che sembrano adulti tra i bambini, undrafted con la valigia di cartone pronti a giocarsi la carriera ad ogni possesso e veterani della G-League da quando ancora si chiamava D-League. Un incrocio di umanità così variegato che poteva incontrarsi solo in una stazione di posta fatta di grattacieli di cristallo, un’oasi in mezzo al deserto che idealmente chiude o forse apre quell’infinito cerchio della vita che noi chiamiamo stagione NBA. Tra le Strip di Vegas c’era Michele Berra, che ci racconterà le sue impressioni da dentro il Thomas & Mack Center in questo pezzo a sei mani insieme Lorenzo Neri e Lorenzo Bottini,  che invece hanno continuato a guardarla con il ventilatore sparato in faccia per seguire tutto il possibile attraverso le dirette televisive.

Inevitabile quindi chiedersi quale fosse l’atmosfera a Vegas: l’anno scorso con tutta la famiglia Ball sembrava di essere in gigantesco reality show, quest’anno tutto è sembrato più tranquillo. Siamo ancora a “quello che succede a Vegas rimane a Vegas”?

Michele Berra: Devo ammettere che lo scorso anno tornai da Vegas con un’impressione molto differente. Forse perché la prima volta nel deserto del Nevada è un’esperienza che rimane incollata nella memoria come poche altre, o forse perché tra Lonzo Ball, Markelle Fultz e Jayson Tatum, il talento espresso nelle partite di Summer League mi era parso nettamente superiore. Il tifo per le partite serali di Ball era a livelli di regular season o quasi. Quest’anno però c’erano tutte le squadre, tutti i front office ed un programma estremamente denso. Le squadre, salvo poche eccezioni, stanno facendo giocare i loro prospetti migliori anche dopo il primo weekend, dando la possibilità agli addetti ai lavori di analizzare più a fondo i nuovi prospetti.

La “Summer League Experience” però non è solo il basket giocato tra la Thomas & Mack e il Cox Center. È l’innumerevole quantità di capannelli formati da agenti e manager europei che discutono del possibile arrivo nel vecchio continente di giocatori come Rashawn Thomas e Codi Miller McIntyre, capannelli che poi continuano a cena, nel dopo cena e nella lunga notte di Vegas. È la possibilità di sedersi a bordo campo a fianco a Sam Hinkie o di guardare una partita a tre passi da Terry Stotts e Alvin Gentry, una possibilità unica di conoscere ed interagire con persone di basket di altissimo livello.

Lorenzo Bottini: Invece Lorenzo come si giudicano i prospetti durante la Summer League? Immagino che guardare i tabellini e i risultati sia severamente vietato.

Lorenzo Neri: Non è severamente vietato, ma sicuramente non aiuta per capire a che punto è il prospetto in questione, visto che il livello di gioco non è lontanamente paragonabile a quello che andremo a vedere da ottobre in poi, quando al posto dei journeymen alla spasmodica ricerca di un contratto troveranno veterani di ben altra pasta. La Summer League ci aiuta a capire principalmente una cosa, ovvero come i prospetti si adattano a un maggior livello di competizione con parametri fisici ed atletici decisamente diversi da quelli a cui sono abituati. C’è chi fa bene, perchè magari arrivano da sistemi chiusi che non esaltano i loro principali pregi (vedi Wendell Carter, ad esempio), e chi invece fatica a trovare le stesse soluzioni. Con questi ultimi bisogna andarci con i piedi di piombo, perchè nella maggior parte dei casi stiamo comunque parlando di ragazzi che sono ben distanti dall’essere dei prodotti finiti. Ma è chiaro che da queste prestazioni iniziano ad affiorare i primi dubbi.

Lorenzo B.: Allora partiamo subito dai giocatori con le maggiori aspettative, proporzionali al numero con il quale sono stati chiamati al Draft. Innanzitutto bisogna precisare come la Summer League sia terreno di caccia per le guardie e i lunghi devono sapersi ritagliare il loro spazio, quindi bisogna prendere con le pinze quanto espresso a Vegas dalle prime scelte. Detto ciò chi avete visto meglio tra Ayton, Bagley, Jackson e Bamba? Io personalmente sono rimasto molto impressionato da Jaren Jackson Jr., più pronto di quanto mi aspettassi a giocare a questi livelli mostrando anche di poter essere un buon passatore, cosa che personalmente non credevo. Mentre rimangono i miei dubbi su Ayton e Bagley. Voi che dite?

Michele B.: Ayton ha giocato una buona Summer League, facendo vedere molte delle cose che si erano potute apprezzare durante la sua stagione universitaria: tocco sublime, buona presenza a rimbalzo, un atletismo quasi irreale per quella stazza. Eppure, i dubbi che avevo pre-Draft sono esattamente gli stessi che ho oggi, e sono tutti legati al seguente concetto: non usa il suo corpo come potrebbe. Raramente ho visto Ayton usare il suo strapotere fisico per dominare gli avversari in post, sia in attacco che in difesa. Anche per quanto riguarda la sua efficacia da bloccante, altro fondamentale dove occorre saper utilizzare il proprio corpo, Ayton mi è parso indietro rispetto ad altri prospetti. Bagley e la sua chiamata alla 2 rimangono per ora un mistero della fede: la sua abilità nel fiutare i canestri e rimbalzi è innegabile, e nonostante abbia faticato i lampi di talento ci sono stati, ma il resto è veramente difficile da leggere.

Jaren Jackson mi è piaciuto molto, anche se forse la sua produzione è andata in calando. Il modo in cui legge l’attacco avversario e concepisce il suo posizionamento difensivo all’interno della squadra è cosa assai rara. Sembra avere davvero pochi problemi nell’adeguamento alla nuova linea da tre punti e la sua visione di gioco unita alla facilità di passaggio può essere l’arma decisiva al piano superiore, anche se su questo particolare fondamentale i tempi di esecuzione e le letture della difesa cambieranno sensibilmente di livello in stagione regolare. Mo Bamba rimane tutto da scoprire: passa dall’ annullare Ayton al ferro ad essere spostato di peso da lunghi che probabilmente la NBA la vedranno col binocolo. Se devo sceglierne per forza uno prendo...Wendell Carter Jr.?

Lorenzo N.: Carter è stata una bella conferma, più che una sorpresa. A Duke i riflettori che puntavano su Bagley lo hanno messo parecchio in ombra, quando invece ha sempre dimostrato di avere una solidità pazzesca nonostante la giovane età e a Vegas è tornato a mettere tutto in mostra, ma con attenzione maggiore. Si è trovato a suo agio sui due lati del campo con un gioco Horfordiano fatto di letture, tempismo e forza fisica. Rimanendo sui giocatori nella parte alta della lottery, Kevin Knox è stato stellare per la quantità di aspetti che ha messo in campo in relazione a quanto fatto vedere a Kentucky, dimostrando di essere molto più a suo agio con gli spazi e i tempi NBA rispetto a quelli del college. E una menzione speciale per Shai Gilgeous-Alexander, che mi aspettavo potesse soffrire a livello fisico ma che invece ha lavorato sui pick and roll come pochissimi altri e lavorato in difesa in maniera egregia. Two-way player puro.

In questa partita SGA ha messo in mostra tutto l’arsenale: visione e cambi di velocità sul pick and roll, uno contro uno e conclusioni al ferro contro i lunghi e difesa forte sui portatori di palla avversari.

Lorenzo B.: In effetti molti si sono stupiti di quanto Carter sia andato così alto al Draft ma ci sono buone possibilità che si possa trasformare nella miglior mossa dei Bulls degli ultimi anni. Anche i Knicks sembra che abbiano pescato il jolly con Kevin Knox, passato dai fischi del Barclays Center a dominare la Summer League e a far fare le ore piccole ai tifosi blu-arancio in giro per il mondo. Il prodotto di Kentucky ha chiuso con oltre 21 punti e 6 rimbalzi di media mostrando una varietà di colpi che non sono legali per un ragazzo che compirà 19 anni tra poche settimane. Mi impressiona soprattutto la sua sensibilità dentro la partita, la morbidezza con la quale esce dai blocchi pronto per tirare e il suo movimento di tiro impeccabile. Ma non è solo un tiratore affidabile capace di crearsi la propria conclusione in qualsiasi circostanza: Knox è stato uno dei nomi più caldi della Summer League soprattutto per come si mangia il campo con le sue lunghe falcate e finisce sopra il ferro con irreale facilità. Dovrà imparare a finire al ferro e ad avere migliore efficienza per essere un volume shooter di assoluto livello ma forse, e dico forse, i tifosi Knicks possono smettere di frignare e godersi finalmente un giocatore che li farà innamorare.

Inserire qui bambino con canotta Knicks che piange come fischia alla notte del Draft.

Purtroppo - prima per il ritardo del buyout con il Real Madrid e poi per decisione tecnica - il pubblico americano non ha potuto vedere per la prima volta con i propri occhi Luka Doncic, che però sostanzialmente non si fermava da due anni. Invece ha giocato colui che è stato scambiato per Doncic, ovvero Trae Young. Il gioco della Summer League sembrava essergli cucito su misura, ma ha avuto più difficoltà del previsto. So che voi siete grossi fan di Young, quindi vi chiedo se dobbiamo aspettarci almeno una prima parte della sua carriera sulle montagne russe.

Michele B.: Young ha fatto molta fatica in due aspetti: concludere al ferro e creare separazione, ovvero spazio tra sè ed il difensore, per andare al tiro. Sono aspetti fondamentali per il suo gioco ed erano tra i grandi punti di domanda in sede di Draft. Per questo essere attenti e vigili sulla questione credo sia lecito, anzi consigliato. Detto ciò, le ultime due partite giocate sono decisamente promettenti: Trae ha mostrato le sue grandi abilità di passaggio ed ha trovato la misura dalla lunga distanza. Diciamo che lo rimandiamo a settembre?

Lorenzo N.: Su Young mi aspettavo una migliore scelta dei tiri rispetto al college, forte di compagni migliori e di sistemi offensivi molto più aperti, e questo è un aspetto su cui deve assolutamente lavorare - e che ha dimostrato di saper fare, vedi le ultime partite. Per il resto secondo me non c’è molto da aggiungere rispetto a quello che già si sapeva: nel momento in cui le sue skills si adatteranno al livello NBA riuscirà a colmare quel gap fisico ma anche atletico rispetto ai pari-ruolo. Un percorso tutt’altro che facile, ma che credo Young abbia nelle corde.

Tutta la carriera di Young sarà decisa da quanto entrerà il suo tiro da fuori. Contro i Bulls è successo spesso.

Michele B.: Parlando di percorsi non proprio facili… vogliamo parlare di Collin Sexton? Posto che per un agonista come lui la Summer League potrebbe non essere il palcoscenico migliore, mi è piaciuto davvero poco. Che sapesse come trovare il modo di far canestro era cosa nota dai tempi della high school di Pebblebrook e anche a Las Vegas la sua produzione è stata tutto fuorché negativa (18.4 punti a partita). Le cose che mi lasciano alquanto dubbioso sono la sua efficienza offensiva e il coinvolgimento dei compagni con i tempi giusti. Il suo tiro in sospensione è stato costantemente battezzato dalle difese avversarie ed è parso pressoché identico a quello mostrato ad Alabama, il che non è un complimento. Sebbene goda di un’ottima elevazione, il punto di rilascio e il follow-through lasciano molto a desiderare.  Sexton non mi ha dato l’impressione di essere un buon passatore né come tempi né come accuratezza dei passaggi stessi. Questo sarà probabilmente lo scoglio più grosso da superare durante la stagione da rookie, ma è un bene per lui che Cleveland gli sta mettendo intorno un buon numero di tiratori, cosa che dovrebbe facilitarlo non poco.

Lorenzo B.: La Summer League è anche il posto dove capire dove mettere i soldi per la Steal of the Draft: due anni fa fu Malcom Brogdon, lo scorso anno Kyle Kuzma. Quest’anno chi sarà? Io intanto 10 dollari su De’Anthony Melton di Houston ce li piazzo volentieri. Voi su chi puntate?

Michele B.: Chi ha fatto davvero il botto sono Wendell Carter e Knox, ma direi che non rientrano nella categoria. Oltre a Melton, che ha fatto una grande Summer League, aggiungerei Svi Mykhailiuk, che ha dimostrato oltre alle già note doti di tiro anche un’ottima abnegazione ed efficacia in difesa. Ovviamente difendere contro i pro sarà cosa differente, ma intanto quanto fatto sul parquet gli è valso un contratto. Se mi permettete la pick “casalinga”, Diallo di Oklahoma City mi è parso molto più avanti del previsto: le cose che mi hanno colpito di più sono la consistenza del jumper, non come risultati ma come ripetizione del gesto, e la capacità di muovere i piedi in difesa. Poi certo, avere un atletismo tale da sfiorare il ferro con la testa prendendo un rimbalzo difensivo non nuoce.

Lorenzo N.: Se non giocasse nel ruolo più competitivo della Lega, metterei il mio dollaruccio sul francese Elie Okobo dei Suns, che ha già esperienza a livello pro e si vede per approccio in campo, letture e una buona predisposizione ai dogmi difensivi NBA. Su Melton i timori sul tiro erano elevati e in queste partite li ha in parte spazzati via, mostrando tutto il lavoro fatto in off-season con il guru Drew Hanlen, forse il miglior allenatore di sviluppo al di fuori della Lega.

Michele B.: Ah, prima di chiudere il capitolo steals va nominato Mitchell Robinson. Se si guarda quello che può fare sul parquet, sia a livello di talento che a livello di mezzi fisici ed atletici, Robinson ha tutto per essere nella top-5 del ruolo in questo Draft.

I lampi ci sono stati e non pochi.

Viaggiare a 4 stoppate di media, anche se “è solo Summer League”, fa impressione. Però c’è un motivo per cui Robinson non è andato in top-5 ed è anzi scivolato al secondo giro: la voce, proveniente da un membro di un front office che ha partecipato al processo di selezione, è che Robinson sia un bambino nel corpo di un adulto e che la sua maturità fuori dal campo sia abbastanza preoccupante. Come questo possa svilupparsi in una città come New York, difficile dirlo; certo è che se Robinson riuscisse ad imparare quei 3 o 4 movimenti fondamentali in difesa, è materiale da buonissima NBA. Ai posteri l’ardua sentenza.

Lorenzo B.: Una delle cose che trovo più interessanti della Summer League e vedere giocatori al secondo anno che tornano in campo e dominano. Ci dovrebbe far riflettere su quanto convenga essere sviluppati dentro le franchigie NBA rispetto a rimanere in college o in altre situazioni. Spesso poi i sophomore arrivano, distruggono tutto e vengono messi a sedere le altre partite perché altrimenti non c’è divertimento. Secondo voi chi ha fatto il salto più grande dal primo al secondo anno e chi vedremo spesso in campo a partire dal prossimo ottobre?

Michele B.: Se lo scorso anno Jaylen Brown pareva un adulto in mezzo ai bambini, quest’anno ho avuto la stessa impressione da un mio vecchio pupillo del draft: Derrick White, in forza agli Spurs. Impeccabile nelle scelte, attento in difesa e lucido in attacco. Ho avuto la sensazione che avesse sempre il controllo della partita e che bastassero 4-5 suoi possessi per deciderla. L’idea degli Spurs è quella di usarlo come jolly dalla panchina, sia affidandogli le redini della squadra che accoppiandolo con un’altra point guard e dunque spostandolo lontano dalla palla. Insomma un ruolo alla Manu Ginobili, con tutti i distinguo del caso.

Lorenzo N.: A mio modo di vedere Jonathan Isaac è stato senza ombra di dubbio il miglior giocatore visto in Summer League, una spanna sopra tutti gli altri. Tanti degli aspetti teorici su cui ci si esaltava al momento della scelta sono diventati realtà: vedere un 6-10 (forse 6-11, se non proprio 7 piedi) con un gioco dal palleggio così naturale e quella versatilità difensiva è un vero piacere per gli occhi.

Lorenzo B.: La frontline del prossimo anno dei Magic con lui, Bamba e Aaron Gordon potrebbe diventare rapidamente uno dei più meravigliosi disastri annunciati della stagione NBA, sia nel bene che nel male. Uno dei pochi motivi per guardare quell’inutile parentesi di otto mesi chiamata stagione NBA prima della prossima incredibile, imperdibile Summer League.