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NBA: Kyrie Irving e la benedizione "segreta" di Bill Russell, imbucato all'allenamento

NBA

Il n°11 dei Celtics si è allenato per 18 giorni a Seattle assieme a Jamal Crawford e tanti altri giocatori legati alla città. A bordocampo è spuntato anche uno spettatore d'eccezione, molto interessato da tifoso bianco-verde a compredere la reale condizione fisica e mentale di Irving

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Di tutte le squadre che puntano ad avere ambizioni da titolo, i Boston Celtics sono quelli che hanno cambiato meno a livello di uomini e di roster, convinti (a ragione) che il recupero di Gordon Hayward e Kyrie Irving sia in realtà il miglior mercato possibile per rimpinguare un roster già valido. Il n°11 dei Celtics, grande assente ai playoff 2018, sembra aver finalmente superato l’infortunio: la doppia operazione al ginocchio sinistro dello scorso aprile lo ha costretto a fermarsi per quasi quattro mesi, riprendendo poi ad allenarsi un mesetto fa in un contesto molto particolare. Irving infatti, ospite a Seattle per più di due settimane, ha deciso di contattare Jamal Crawford per chiedere consiglio – uno che conosce bene la città e la comunità cestistica che gravita attorno ai playground di Seattle. Un invito a nozze per l’ex giocatore dei T’wolves (ancora libero e senza una squadra per la prossima stagione, con i Celtics interessati a ingaggiarlo), che ha messo a disposizione di Irving Robin Pound, il suo trainer di fiducia, oltre che iniziare a fare da tramite in un intricato passaparola che ha portato in palestra Dejounte Murray, Marquese Chriss e Zach LaVine. Una rimpatriata NBA che ha permesso a Irving di ritrovare confidenza col parquet grazie a sfide di primissimo livello: cinque contro cinque, gare di tiro e la sensazione di ritrovare finalmente ritmo e vicinanza con il basket dopo lunghe settimane di inattività. “Non vedevo l’ora di tornare a giocare a pallacanestro”, racconta Irving durante il Media Day dei Celtics, sottolineando poi quale sia stato il momento più coinvolgente dei 18 giorni trascorsi a Seattle. Una vera e propria investitura ricevuta a migliaia di chilometri di distanza dal Massachusetts: “Sono entrato in palestra per riscaldarmi e vedo spuntare Bill Russell, venuto ad assistere a una semplice partita di allenamento. E io ho pensato ‘Wow, qui si sta parlando della storia del basket”.

Russell, lo soffiata sui social e la telefonata a Crawford

Jamal Crawford sorride ripercorrendo quelle giornate: “È stata una cosa molto divertente. Bill Russell è un’icona e una leggenda. È stato un incontro di cui credevo nessuno venisse a conoscenza – Kyrie aveva chiesto di non parlare della sua permanenza a Seattle – solo che poi lo stesso Russell ha pubblicato sul suo account Twitter una foto scattata a fine allenamento”. Già, in un mondo invaso dai social e durante un'estate in cui si è molto discusso dei tanti work-out fatti “su Instagram” più che per implementare il proprio gioco, alla fine è stato l’84enne Russell a far trapelare la notizia con un tweet. A quel punto impossibile per Irving evitare le domande dei cronisti di Boston: “Aver avuto la possibilità di parlargli, di approfittare del suo tempo e della sua cultura, diventa l’ennesima dimostrazione di quanto Russell tenga ancora ai Celtics”. Un incontro fortemente voluto proprio dallo storico giocatore bianco-verde che, venuto a conoscenza degli allenamenti, ha telefonato a Crawford per chiedergli informazioni: “Non siamo mai stati in contatto prima. Quando mia moglie ha risposto al telefono pensavo fosse uno scherzo, ero scettico. Poi invece mi ha fatto capire di essere molto interessato ad assistere all’allenamento e a quel punto sono andato in tensione. Pensavo: ‘Bill Russell sta per venire a guardare la nostra partitella: cosa posso fare?’”. In realtà Russell, che abita nella zona di Seattle ormai da tempo, era interessato soprattutto a osservare da vicino la condizione di Irving. Non solo a livello atletico, ma anche sotto l’aspetto mentale. “Ho fatto una foto con Russell – chioda a point guard dei Celtics – con i capelli da “afro” sembrava un salto nel passato agli anni ’70. Una cosa molto divertente". E anche molto simbolica.