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NBA, la cerimonia degli anelli e la premiazione dei Golden State Warriors

NBA

Prima della palla a due della sfida contro gli Oklahoma City Thunder, Steph Curry e compagni sono stati premiati da Adam Silver e hanno sollevato sul soffitto della Oracle Arena per l'ultima volta il banner celebrativo del titolo conquistato lo scorso giugno

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I Golden State Warriors sono i favoriti d’obbligo nella corsa al prossimo titolo NBA, ma a prescindere da come andranno le cose, ben sapevano che quella di questa notte sarebbe stata una cerimonia particolare per il pubblico di Oakland. Il banner sollevato al cielo della Oracle Arena infatti sarà l’ultimo che addobberà il soffitto del palazzetto che gli Warriors utilizzeranno per l’ultima volta in questa stagione, pronti poi a trasferirsi dal prossimo anno al Chase Center nel cuore di San Francisco. “Lo facciamo per voi”, ha urlato nel microfono Steph Curry, il capitano che ha speso qualche parola prima di lanciare il countdown: cinque, quattro, tre, due, uno, con il faro puntato sul terzo stendardo aggiunto in quattro anni che gli appassionati californiani hanno accolto con un boato. Una serie di successi difficilmente pronosticabile qualche tempo fa. “Ricordo molto bene quando il proprietario Lacob nel 2010 disse di voler sollevare al cielo un banner per festeggiare un titolo”, racconta Steve Kerr prima della palla a due. “Ero a casa mia e iniziai a ridere come molti altri, pensando a quanto fosse assurda l’idea che gli Warriors potessero vincere in NBA”. Adesso invece è il primo a ricevere i complimenti di Adam Silver, mentre osserva divertito un anello che va a riempire un paio di mani belle piene. “Golden State ben rappresenta il lavoro di squadra, il rispetto e l’unità”, sottolinea il commissioner, prima di lasciare spazio alla lunga carrellata di giocatori entusiasti per l’ennesimo riconoscimento. Il primo a sfilare è David West, arrivato a Golden State con l’obiettivo di chiudere in gloria la sua carriera (dopo che il tentativo era andato a vuoto con gli Spurs) e felice di ritirarsi dal basket giocato non con uno, ma con ben due anelli da mettere in mostra. Un abbraccio sentito quello che chiude nel modo migliore la sua carriera da professionista.

Durant premiato per ultimo, arriva un anello anche per Eric Housen

Poi arrivano finalmente i pezzi da novanta (con tutto il rispetto per Jordan Bell, che per l’occasione ha scelto di indossare delle scarpe su cui ricordare di essersi laureato campione NBA). Il primo vero boato è quello che accoglie Andre Iguodala, chiave di volta nell’evoluzione degli Warriors, seguito poi da una lunga sequenza di All-Star. Lo speaker pronuncia uno dopo l’altro i nomi di Thompson, Green e Curry, tutti salutati come “2018 All-Star”, prima di lasciare spazio a Kevin Durant – annunciato per ultimo come “2018 All-Star & NBA Finals MVP”. Nonostante le critiche di molti questa squadra è diventata negli ultimi due anni anche la sua, oltre a essere un gruppo coeso che ricorda bene da dove è partito. La rappresentazione plastica di tutto questo è quanto accade poco dopo, con Curry che a gran voce chiama Eric Housen, uno dei tanti lavoratori dietro le quinte in casa Warriors che lavora per la squadra da 30 anni. “Non c’è stato nelle cerimonie delle stagioni scorse, ma lui è con la squadra da quando aveva 12 anni”, racconta il n°30 degli Warriors, prima di lanciarsi assieme a tutti gli altri in un affettuoso abbraccio fatto di schiaffi e spintoni. A San Francisco ricordano molto bene le loro origini, uno dei motori e delle spinte che continuano a motivare un gruppo straordinario di talenti che si godranno una vera e propria gemma, un gioiellino composto da 74 diamanti (il numero totale delle vittorie, regular season più playoff) con la parte superiore rimovibile per lasciare in bella vista la scritta “Strength in Number”, il mantra degli Warriors in questi anni. “Ogni anello è diverso – chiosa Green – sono sensazioni che di volta in volta coronano un viaggio nuovo. Pensi di poterti preparare, che ormai ci hai fatto l’abitudine e conosci tutte le risposte, ma in realtà è sempre un’emozione unica”.