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NBA: la gara da 60 punti di Kemba Walker non è servita a niente. O forse no

NBA

Mettere a segno 60 punti, aggiornare il record personale e di franchigia con una squadra dalle possibilità ridotte e perdere passando per colpevole: è difficile essere Kemba Walker, che spera di conquistare così "almeno" un super contratto

KEMBA WALKER NE FA 60 MA VINCE PHILADELPHIA COL CANESTRO SULLA SIRENA DI BUTLER

KEMBA WALKER: L'ALL-STAR MENO CELEBRATO DELLA NBA

KEMBA WALKER E LA CARICA DEI 106

Quanti sono i giocatori in attività ad aver segnato almeno 60 punti in una singola partita? Carmelo Anthony, LeBron James, Klay Thompson, James Harden, Devin Booker… e dopo questa notte anche Kemba Walker. Tutti talenti ricompensati con un contratto molto ricco non appena ce n’è stata l’occasione (tranne uno, che ha già scelto di rinunciare a qualcosa per tenere intatto il roster più competitivo degli ultimi anni). Diamanti che a modo loro sono stati lautamente retribuiti. Sarà questo magari a consolare l’All-Star degli Charlotte Hornets, ormai da anni chiamato a vestire i panni del salvatore della patria e spesso costretto ad accontentarsi del ruolo di comprimario. Anche nella sua serata da record, l’intervista a bordocampo spetta al suo rivale diretto. Quel Jimmy Butler che a fine partita gli ha tributato un sentito riconoscimento per quanto fatto sul parquet. Quello che ha faticato per 37 minuti a stargli dietro, sistematicamente battuto in palleggio da un avversario che fatica ad arrivare al metro e 80 (sulla carta c’è qualche centimetro in più, ma la realtà è un’altra). Walker infatti, dopo Allen Iverson, è il secondo giocatore nella storia NBA che nonostante le dimensioni ridotte sia riuscito a segnare così tanto in una singola gara. I suoi dati comparati con quelli della squadra sono impressionanti: Walker ha chiuso la sfida con 60 punti a referto, tirando 21/34 dal campo; tutti i suoi compagni messi assieme si sono fermati a 59, trovando il fondo della retina in totale 21 volte, ma con ben 65 tentativi. Una prestazione alla Michael Jordan, che si gode dagli spalti una delle poche buone notizie che arrivano dalla sua franchigia. Il miglior talento arrivato in città da quando gli Hornets sono tornati a Charlotte nel 2004: “Chiunque sogna di scrollare le spalle, di fare quel mitico gesto dopo un canestro”, è il commento di Walker che si è ispirato al suo presidente per festeggiare la tripla di tabella che nel finale di regolamentari aveva dato l’illusione che i suoi punti potessero portare al successo gli Hornets. A differenza di quanto accadeva con MJ, per lui non sembra mai arrivare il lieto fine.

Giocare bene può valere ben 32 milioni di dollari

E se il campo continua a condannarlo in quanto a risultati (e a metterlo in ombra, nonostante la straordinarietà di quello che sta facendo vedere in questo primo mese), d’altra parte Walker sa bene di dover puntare al bersaglio grosso. Il suo contratto è in scadenza il prossimo 30 giugno e, dopo anni passati a incassare “soltanto” 12 milioni di dollari, questa estate gli Hornets saranno chiamati a riconoscergli a questo punto non meno del massimo. Convinto del fatto che Charlotte difficilmente rinuncerà a lui (Jordan lo scorso febbraio chiese in cambio “almeno un All-Star” prima di prendere in considerazione qualsiasi proposta), tocca allo stesso Walker decidere cosa fare nella prima free agency della sua carriera. Se cambiare aria a caccia di maggiori soddisfazioni sul parquet o restare passando all’incasso. Continuare a questi ritmi vuol dire garantirsi una selezione quasi scontata per l’All-Star Game casalingo del prossimo 17 febbraio; passaggio cruciare per ottenere i requisiti necessari per far lievitare il suo contratto. Diventato di nuovo All-Star infatti, Walker potrebbe poi chiedere agli Hornets un quinquennale da 221 milioni di dollari; 32 in più rispetto a quelli a cui ambire senza giocare la partita delle stelle tra tre mesi. Un assegno pesante che Jordan è già pronto a firmare e di cui Walker non vuole discutere, come messo in chiaro alla vigilia della stagione. “Parlo adesso e non dico più nulla per tutta la regular season”, commentò durante il media day degli Hornets: “Questo è il posto dove voglio giocare, il mio obiettivo è quello di creare qualcosa di speciale qui a Charlotte. Qualcosa che nessuno ha mai fatto prima: dare consistenza a questa franchigia”. Nessun riferimento a New York (la sua città natale, che tanto bisogno avrebbe di uno come lui) e la dimostrazione con i fatti di poter mantenere le promesse. E all’orizzonte sembra sempre più probabile che ci saranno 221 milioni di buoni motivi per confermare anche a luglio i suoi propositi. Considerato tutto qundi viene da chiedersi: chi ha detto che segnare 60 punti e perdere è soltanto una cattiva notizia?