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NBA, Kevin Durant vuole la sua statua al Chase Center: "Con il threepeat è d'obbligo"

NBA

"Se vinciamo a fine anno questo gruppo di giocatori - io, Steph [Curry], Klay [Thompson] e Draymond [Green] - vedrà le proprie maglie tutte ritirate". Ma KD vuole di più: "Vogliamo la nostra statua fuori dal palazzetto", dice. Perché "vincere è l'unica cosa che conta, altro che le str**ate sui titoli di MVP"

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I Golden State Warriors sono tornati a vincere (4 in fila), si riaffacciano al vertice della Western Conference (due vittorie in più ma anche una sconfitta in più degli Oklahoma City Thunder, che per il momento resistono al primo posto) ma soprattutto hanno riaccolto in campo quasi tutti i loro campioni. È tornato Steph Curry, è tornato Draymond Green, sta tornando (per il momento sui parquet della G League) anche DeMarcus Cousins. Chi non se n’è mai andato è Kevin Durant, sempre con almeno 20 punti anche durante la serie di 4 partite tutte perse consecutivamente dagli Warriors (20 contro Houston, 32 contro Dallas, 26 contro San Antonio e 27 contro OKC) e che pochi giorni dopo si sarebbe preso di prepotenza i riflettori andando oltre i 40 punti per tre gare in fila (44 contro Sacramento, seguiti dai 49 contro Orlando fino ai 51 segnati in faccia ai Toronto Raptors). Insomma, il n°35 dei californiani – secondo miglior marcatore della lega alle spalle di James Harden, con il 51% al tiro e più di 7 rimbalzi e 6 assist di media – sta facendo tutto il possibile per mantenere in corsa i suoi Warriors per centrare l’ambizioso obiettivo stagionale, il tanto celebrato threepeat, un’impresa che manca nei libri di storia NBA dai tre titoli consecutivi vinti da Shaq&Kobe in maglia Lakers all’inizio del nuovo millennio. Su cosa significherebbe vincere il terzo anello consecutivo sulla Baia Durant ha le idee chiare: Se lo vincessimo vorrebbe dire – e questo lo so per certo – avere le nostre maglie tutte ritirate, e forse anche le nostre statue erette di fronte al Chase Center. La leggenda di questa squadra, le nostre imprese in campo, sarebbero ricordate per sempre. E lo stesso vale per Draymond Green, per Steve Kerr, per Bob Myers [il gm], per Joe Lacob [uno dei due proprietari di maggioranza, insieme a Peter Guber, ndr]”, ha dichiarato KD ospite di Chris Haynes nel podcast “Posted Up”. “Tra 50 anni, quando la gente ancora andrà a vedere gli Warriors, si ricorderanno di noi, e questa nostra squadra verrà non solo ricordata ma anche celebrata. Se saremo in grado di centrare il threepeat saremo ricordati come oggi da queste parti ricordano Joe Montana e Dwight Clark [quarterback e receiver dei San Francisco 49ers a inizio anni ’80 e autori di The Catch, una delle giocate più leggendarie della storia NFL, ndr], piuttosto che Jerry Rice e Ronnie Lott. Vedo ogni giorno come la gente qui sulla Baia ricorda i propri campioni del passato: a quello dobbiamo puntare, a essere ricordati nel tempo, non a tutte quelle str***ate di cui la gente vuol parlare, i titoli di MVP, quelli di MVP delle finali. Vincere, essere campioni è l’unica cosa che conta, per questo avremo le nostre maglie ritirate e le statue erette in nostro onore”. Parole di un certo impatto, che non sembrano proprio far intravvedere all’orizzonte l’intenzione di lasciare San Francisco (e gli Warriors) per cercare avventure altrove. O forse invece no, perché Durant ha dimostrato negli anni di essere imprevedibile e di pensare con la propria testa. Tre titoli – dice lui – sono abbastanza per garantirgli l’immortalità tra i tifosi di Golden State. Anche se poi dovesse lasciarli?