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NBA, dalla sera alla mattina: come sono cambiati i San Antonio Spurs in difesa

NBA

Dario Ronzulli

Dalla peggior settimana difensiva dell'era Popovich a quattro vittorie in fila convincenti: i San Antonio Spurs hanno cambiato marcia nella metà campo difensiva proprio quando sembrava più difficile che ci riuscissero

La Western Conference di quest’anno è un labirinto dentro il quale perdere la bussola è questione di un attimo. Le situazioni di gioco cambiano con enorme facilità: squadre in crisi che ritrovano se stesse nel giro di qualche gara, squadre brillanti che dalla sera alla mattina o poco più sembrano dimenticare come si giochi, stelle in crisi che si riscattano con un paio di prestazioni brillanti. Una settimana fa questo pezzo sarebbe iniziato con "La difesa degli Spurs fa acqua da tutte le parti: cerchiamo di capire perché"; dopo le ultime quattro fragorose vittorie dobbiamo partire così: "È cambiato il mondo nella metà campo difensiva di San Antonio".

Anche nelle stagioni più complicate, tipo l’ultima, i San Antonio Spurs hanno sempre avuto una caratteristica netta ed inequivocabile: la difesa. Se consideriamo i punti subiti ogni 100 possessi, negli ultimi dieci anni troviamo i neroargento due volte in testa e una sola volta fuori dalla top 10 (stagione del lockout 2011-12, Spurs 11esimi ma con ben 4 squadre sotto i 100 punti: decisamente un’anomalia). In questo primo mese e mezzo di stagione, invece, i texani occupano costantemente i bassifondi della classifica: al momento sono 25esimi a quota 111.4 con una decina di punti di distanza dagli OKC Thunder capofila, ma considerando solo le ultime quattro partite meglio di San Antonio (98.7) ha difeso solo Indiana (96).

Ovvio che le recenti prestazioni non siano state sufficienti per migliorare sensibilmente le statistiche: non ce n’è una che non sia ancora peggiore rispetto alla stagione 2017-18. Sui 36 minuti gli Spurs sono penultimi per palle recuperate, 26esimi per stoppate, 19esimi per rimbalzi difensivi, 26esimi per percentuale reale degli avversari, 27esimi per palle perse altrui. È una difesa che è stata tendenzialmente poco aggressiva, poco fisica, poco concentrata. Mai come in questo caso è la somma che fa il totale, per dirla alla Totò.

Prima azione difensiva della stagione che ci dice già tante cose. Butler penetra con irrisoria facilità, Poetl chiude tutto sommato decentemente ma Rudy Gay non segue Wiggins né copre la linea di passaggio. Palla al canadese per una comodissima tripla piedi per terra. Il fatto che il tiro non entri non spegne comunque il campanello d'allarme.

La partenza di Leonard ha tolto dal roster il miglior difensore di uno contro uno sulla piazza, ma è innegabile che non sia solo qui il problema - anche solo per il semplice fatto che Kawhi, l’anno scorso, non c’era praticamente mai stato. Eppure la difesa Spurs teneva, eccome. Gli addii a Danny Green e Kyle Anderson e l’infortunio di Dejounte Murray hanno privato Popovich dei suoi migliori difensori sul perimetro, per di più sostituiti da giocatori che non hanno nella difesa il loro punto di forza e che erano stati presi per fare altro. In tutti e tre i casi non parliamo di mastini ma di giocatori dalle leve lunghe e/o dalla capacità di marcare più ruoli, o più semplicemente di essere aggressivi sul portatore di palla. Tutte situazioni che gli Spurs faticano a replicare. E poi non c’è più uno come Manu Ginobili, capace di guidare i compagni come un burattinaio senza fili o di tenerli emotivamente sulla corda con una buona parola in spogliatoio.

Vediamo qualche situazione di gioco in cui la difesa Spurs è tutto tranne che una difesa. MarShon Brooks perde il controllo della palla ma nessun avversario ne approfitta: l’ex Olimpia esce dall’impasse servendo il liberissimo Selden per un tiro da tre che non va. Il taglio di Casspi lungo la linea di fondo non viene visto da nessuno così come nessuno si preoccupa di tagliar fuori l’israeliano e Brooks. Osservate i giocatori Spurs: guardano tutti il pallone, non ce n’è uno che abbia contatto anche solo visivo con un avversario. A rimbalzo si crea così una situazione di 2 contro mezzo (giusto perché Cunningham è lì ad occupare, male, lo spazio): il risultato è un comodo appoggio di Casspi.

La tripla di Patty Mills ha appena riportato in parità la partita, ma non basta per tenere alta la concentrazione nel possesso successivo. Lo stesso Mills è troppo alto sulle gambe per difendere al meglio sulla penetrazione di Conley. È un errore tecnico che si aggiunge ad altri errori di lettura: Aldridge è troppo preoccupato - e in fondo non ha tutti i torti - da Gasol, l’aiuto di DeRozan parte troppo tardi e troppo moscio, quello di Belinelli non si avvia neppure. Memphis è brava ad aprire il campo e la difesa Spurs è decisamente troppo poco mobile.

Neanche in transizione le cose vanno meglio. Contro i Bucks bisogna fare molta attenzione a non dare un minimo di campo aperto perché altrimenti ti fai male, ma male davvero. E infatti sull’errore di Aldridge a rimbalzo non c’è nessuna canotta Spurs: la preoccupazione primaria è non concedere facili contropiedi. Ma pur in un 4 contro 4 o meglio ancora in un 2 contro 1 la difesa non tiene: Middleton accelera e chiude al ferro praticamente indisturbato. Forbes è in versione ectoplasma, Gay osserva il tutto da spettatore privilegiato e alla fine si guarda in giro stranito.

Infine un’azione che è la summa di tante cose: qualità difensive non eccelse, poca concentrazione, posizioni in campo non ottimali. Consegnato di Dieng per Rose che con una mezza finta si libera di un fin troppo leggero Belinelli, che poi resta a metà del guado: non raddoppia forte e non resta su Dieng. Poeltl accompagna Rose come se passeggiassero al parco lasciandogli tempo e spazio per decidere cosa fare. Saric sbuca alle spalle di Cunningham che - ancora - guarda la palla e non il diretto avversario. Assist di Rose, schiacciata in solitario di Saric.

Il cambio di marcia difensivo

Però l’abbiamo detto: nell’ultima settimana gli Spurs hanno fatto una brusca inversione ad U con tanto di freno a mano. Cos’è cambiato in così poco tempo? Prendo due frasi del post partita contro i Jazz, in quella che per molti versi è stata la miglior prestazione difensiva stagionale di San Antonio ed in particolare di Aldridge, attivo e reattivo come raramente gli è capitato in maglia nero-argento. La prima è di Popovich: “La comunicazione tra i giocatori è migliorata”. La seconda è di Rudy Gay: “La gente dimentica che stiamo ancora imparando a giocare insieme”. Non un problema tecnico, dunque, o di skills dei giocatori o ancora di tattica: piuttosto una questione mentale, di fiducia e di cooperazione che in un gruppo rinnovato ha bisogno di tempo per affinarsi. Difendere non è solo questione di quanto sei grosso o quanto sei rapido ma anche se non soprattutto di quanta voglia hai di muoverti e di come ti muovi in relazione ai tuoi compagni.

C’è un evidente atteggiamento diverso in campo e lo vediamo bene nei due video in cui la difesa è più sicura nei raddoppi e nelle letture perché, banalmente, c’è più fiducia reciproca. Exum effettua un lob per Favors che è una buona idea visto che Metu, cercando l’anticipo, lascia una voragine tra l’avversario e il canestro. Ma dal lato debole arriva Belinelli che intuisce in anticipo la scelta dell’australiano di Utah e ha un tempismo perfetto. Palla recuperata e nell’azione successiva tripla di Mills: da quel momento gli Spurs avranno sempre il bastone del comando.

Qui Mitchell batte Forbes dal palleggio ma il prodotto di Michigan State resta attaccato all’avversario e con l’aiuto di Poeltl chiude ogni varco. Arriva anche Gay che però lascia libero O’Neale servito da Mitchell. Gli Spurs della scorsa settimana avrebbero subito una tremenda schiacciata; quelli di questa settimana no, perché il corpaccione di Poeltl diventa un muro invalicabile per O’Neale. Atteggiamento, fisicità, reattività: questa è la difesa di Pop.

Stanotte contro i Clippers altra prova corale di alto livello. Quest’azione è esemplare di due elementi che hanno contribuito al cambio di rotta in casa Spurs. La difesa è sempre in costante movimento seguendo il ritmo dell’attacco: in questo modo chi ha la palla in mano è costretto a pensare molto più rapidamente ed è più facile che caschi in fallo (per poco non arriva la palla recuperata). E per essere in costante movimento bisogna essere pronti a cambiare su tutti e il quintetto con un solo lungo “vero” è la soluzione ideale. Per lunghi tratti della partita con Utah, Popovich ha utilizzato con ottimi riscontri un quintetto con 4 piccoli contando sull’energia di White. Con i Clippers c’è stato meno bisogno, ma ormai la strada è quella - il che implica che Aldridge da 4 non giochi mai e che trovare spazio per Gasol dopo il ritorno dal suo infortunio non sarà semplicissimo.

Se i segnali delle quattro vittorie di fila sono indubbiamente incoraggianti, è tuttavia ancora presto per affermare con certezza che il peggio è definitivamente alle spalle. Con un attacco che è rimasto molto prolifico sfruttando al meglio le caratteristiche di DeRozan e Aldridge - Spurs a quota 110.8 punti segnati su 100 possessi, meglio di loro solo sei squadre - le chance di playoff nell’ingolfatissima Western Conference passano inevitabilmente dal rendimento nella propria metà campo. E se la difesa a fine anno sarà di nuovo tra le prime dieci - e quindi avrà continuato a mascherare i limiti individuali con un grande sforzo di squadra -, saremo di fronte all’ennesimo capolavoro di Gregg Popovich e del suo staff.