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NBA, Gregg Popovich non esclude di lasciare la panchina degli Spurs a fine anno

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"Il futuro? Non so rispondere a questa domanda", dice l'allenatore dei texani, che fra 10 giorni compirà 70 anni. Nel suo futuro c'è l'impegno (biennale, per Mondiali e Olimpiadi) sulla panchina di Team USA. Ma il doppio incarico potrebbe essere troppo. Arriva il momento di Ettore Messina?

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Tra dieci giorni esatti Gregg Popovich compirà 70 anni, diventando solo il quarto allenatore nella storia della NBA ancora attivo a questa età – Bill Bertka e Hubie Brown hanno allenato anche a 71, il mentore di coach Popovich, Larry Brown, si è fermato a 70. Altri due nomi leggendari delle panchine NBA – Don Nelson e Lenny Wilkens – sono rimasti gli unici davanti a lui quando si contano le vittorie collezionate in carriera: 1.223 infatti quelle di Popovich, contro le 1.332 di Wilkens e le 1.335 di Nelson, anche se la percentuale di successi dell’allenatore dei texani (68.8%) è già adesso nettamente superiore a quella dei suoi due colleghi. Ma i numeri di una carriera già leggendaria – che lo ha visto guidare gli Spurs a 5 titoli NBA – potrebbero presto arrestarsi, perché secondo le parole (poche, a dire il vero) dello stesso Popovich non ci sono certezze che l’allenatore degli Spurs torni sulla panchina dei nero-argento al termine di questa annata. “Il futuro? Non so rispondere a questa domanda”, ha ammesso recentemente coach Pop, secondo quanto riportato dal New York Times, ammettendo quindi che l’opzione di un ritiro sia tra quelle sul tavolo del quasi 70enne. Non è stato molto più loquace, interrogato al proposito, neppure il general manager di San Antonio, R.C. Buford, da sempre al fianco di Popovich: “Allenerà fin quando avrà voglia di farlo”, il suo commento, a rinforzare ancora una volta quel ruolo da padre-padrone che coach Pop si è guadagnato in una carriera che lo ha visto sedersi da head coach sulla panchina degli Spurs dal 1996-97 a  oggi. Quel che è certo, nel futuro dell’allenatore dei texani, è il suo impegno biennale assunto con la federazione americana, USA Basketball, per guidare la nazionale USA ai prossimi mondiali cinesi (quest’estate) e alle successive olimpiadi di Tokio nel 2020. Proprio questo tipo di impegno ha forse rafforzato l’idea di un possibile passo indietro di Popovich dalla guida degli Spurs: ci sarebbero infatti solo due settimane di stacco tra la fine dei mondiali cinesi (prevista per il 15 settembre) e il successivo inizio del training camp di San Antonio, un calendario che potrebbe mettere a dura prova le energie fisiche e mentali dell’allenatore.

Il dopo Popovich si chiama Messina?

Non solo: l’ultimo anno è stato davvero duro per Gregg Popovich, tanto a livello personale che professionale. Proprio durante gli ultimi playoff è venuta infatti a mancare la moglie Erin, al suo fianco da oltre 40 anni, un lutto che lo ha costretto a lasciare la panchina degli Spurs a Ettore Messina per le ultime tre gare della serie persa al primo turno contro Golden State. Poi quest’anno – a seguito del ritiro di Manu Ginobili e delle cessioni di Tony Parker a Charlotte e di quella di Kawhi Leonard a Toronto – il guru nero-argento si è ritrovato in panchina per la prima volta dopo due decenni senza i suoi veterani di riferimento. Ne è nata una stagione partita tra mille difficoltà, con sole 11 vittorie nelle prime 25 gare disputate (il peggior avvio di campionato di sempre per una squadra di coach Popovich), raddirizzata solo ultimamente con 15 vittorie nelle ultime 21, una striscia di successi che ha riportato gli Spurs in corsa per quella 22^ apparizione consecutiva ai playoff che è uno degli obiettivi principali della stagione della franchigia texana. Se poi questa stagione dovesse essere l’ultima di una carriera ineguagliabile e leggendaria, la curiosità è anche per capire se – via Popovich – a San Antonio arriverebbe finalmente il momento di Ettore Messina, l’allenatore italiano dal 2014 sulla panchina degli Spurs da assistente. A lui è stata affidata la squadra in assenza di Popovich, a lui potrebbe toccarne di gestire il futuro una volta che il coach dei texani dovesse decidersi di ritiratasi definitivamente.