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NBA, la rinascita di Derrick Rose: una stagione "da All-Star" con Minnesota

NBA

Trascinatore in uscita dalla panchina, realizzatore nei momenti cruciali e mentore attorno a cui far crescere talenti più o meno giovani: il n°25 di Minnesota è una delle sorprese principali dell'intera regular season NBA, candidato di diritto al premio di sesto uomo dell'anno

DERRICK ROSE SEGNA ALLO SCADERE: PHOENIX VA KO

Non c’era bisogno del canestro di questa notte per definire la sua regular season “da All-Star”; a quello hanno già pensato i milioni di voti degli appassionati che gli hanno virtualmente riservato un posto in quintetto alla partita delle stelle del prossimo febbraio. Lui sì e James Harden no (almeno stando al volere popolare); metro di valutazione perfetto per descrivere quanto il pubblico sia affezionato a lui e sia felice di rivederlo finalmente in piena forma dopo anni. “Nessuno avrebbe scommesso su un rottame, soltanto coach Thibodeau ha continuato a ripetermi che nella sua squadra un posto per me ci sarebbe sempre stato”, raccontava il giorno dopo che i T’wolves hanno deciso di liberarsi dell’ex allenatore dei Bulls. Il passato non si dimentica, come sa bene Rose che da anni si porta dietro il macigno delle aspettative che gravavano sulle spalle del più giovane MVP della storia NBA. Dopo tante difficoltà e una serie infinita di infortuni, il n°25 di Minnesota ha ritrovato continuità a 30 anni partendo dal più semplice dei presupposti: stare bene a livello fisico, senza essere costretto di continuo a interrompere la preparazione, fermato da ricadute o fastidi di ogni tipo. Questa stagione invece – nonostante le dieci partite saltate – il suo rendimento è cresciuto in maniera esponenziale, facendo dimenticare in fretta la tormentata regular season iniziata con i Cavaliers e terminata con affanno ai T’wolves. Questa volta è diverso, come dimostrano ad esempio i 50 punti – nuovo massimo in carriera - raccolti contro gli Utah Jazz lo scorso 31 ottobre; il primo lampo di un’annata iniziata con il piede giusto. La resa ben al di sopra delle aspettative è sotto gli occhi di tutti (19.3 punti in meno di 30 minuti di utilizzo, un lusso in uscita dalla panchina), così come il più evidente dei suoi miglioramenti: il 43% dall’arco è un dato neanche lontanamente comparabile con le medie tenute in carriera (nell’anno da MVP tirava con il 33%, e quello è la sua seconda miglior percentuale), raccolto tentando 3.5 conclusioni di media a partita. In sostanza, non si può più pensare di sfidare al tiro Rose, altrimenti ti punisce con continuità. Questo cambio d'approccio nei suoi confronti gli permette di avere maggiori spazi in penetrazione. E quella invece è sempre stata la specialità della casa.

L’acuto contro Phoenix: un canestro come ai vecchi tempi

A pesare poi non sono soltanto i punti e i canestri, ma anche il momento delle partite in cui Rose sta riuscendo con estrema precisione a colpire. Come accaduto contro i Suns la scorsa notte, in cui ha deciso di trascinare a ogni costo i T’wolves al successo. Un appuntamento con il destino a cui ha risposto presente, soprattutto quando di fronte a sé ha visto Mikal Bridges - un rookie finito neanche troppo per caso sulle sue tracce sul possesso decisivo. Un incrocio che lo ha portato a pensare: “Davvero volete fermarmi con un ragazzino, sul serio? Dai, dovevo a tutti i costi approfittare della situazione”, racconta soddisfatto a fine gara. Tre palleggi in mezzo alle gambe e retina che si muove. L’ennesimo highlights di una stagione che più che rinascita, ha sempre più il sapore di una seconda giovinezza. “Guardare una leggenda del nostro gioco riuscire a compiere imprese del genere è fantastico – racconta Karl-Anthony Towns, che ha trascinato la squadra nella prima metà del match contro Phoenix – Era una sfida cruciale per il nostro destino, volevamo una vittoria a tutti i costi per non perdere contatto con la zona playoff”. Il lungo di Minnesota infatti firma 28 dei suoi 30 punti nella prima frazione, tenendo a galla i padroni di casa nel momento più complicato: Rose chiude il primo tempo con 1/7 al tiro, mentre i T’wolves toccano anche il -11 con Phoenix che conclude con il 49% dal campo di squadra i primi tre quarti di gara. Il primo momento davvero complicato da affrontare nella carriera da allenatore per Ryan Saunders, alla prima esperienza su una panchina NBA. Nel terzo quarto infatti Jeff Teague alza bandiera bianca - fermato dalla febbre e fuori causa come Tyus Jones, alle prese con un infortunio alla caviglia. A quel punto bisognava decidere come utilizzare al meglio Rose: spremerlo fino in fondo, con il rischio di mettere ko anche lui, oppure allargare la rotazione e rischiare di perdere una partita così delicata? La scelta alla fine è ricaduta su un massiccio impiego del n°25 di Minnesota, che ha accolto la sfida al meglio e si è regalato un secondo tempo da 22 minuti consecutivi sul parquet con 29 punti segnati e tanto di canestro decisivo a meno di un secondo dalla sirena. “Sapevamo di aver bisogno di questa vittoria e lo staff medico mi ha dato l’ok. Non lo avrei mai tirato fuori dal campo”. E per l'ennesima volta quest'anno ha avuto ragione Rose.