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NBA, Dwyane Wade ammette: "Per affrontare il ritiro andrò in terapia"

NBA

Gli Heat rischiano di restare fuori dai playoff, il loro giocatore simbolo potrebbe essere a tre gare dalla fine della sua carriera. Il ritiro non lo spaventa, ma ne riconosce l'importanza: "È un grande cambiamento, avrò bisogno di aiuto professionale"

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Il calendario dei Miami Heat da qui alla fine della stagione regolare non è affatto facile: due trasferte (a Toronto e a Brooklyn), un’ultima partita in casa (quella contro Philadelphia). Gli Heat le affrontano in nona posizione a Est, dietro a Detroit e Orlando, due squadre contro cui – dovessero arrivare appaiate in classifica – perdono il tie-break diretto. L’eventualità è quindi se non probabile, sicuramente più che possibile: potrebbero non esserci i playoff nel destino di Dwyane Wade, all’ultimo giro di giostra, quella “last dance” iniziata a ottobre per la sua 16^ e ultima stagione NBA. Da giovedì 12 aprile, quindi, il n°3 degli Heat potrebbe essere un ex giocatore – e come spesso accade quando dei grandi campioni si avvicinano a chiudere il sipario sulla propria carriera, anche nel caso di Wade ci si chiede come affronterà un momento di certo non facile. La risposta data dal campione simbolo dei Miami Heat a Rachel Nichols ha fatto parlare: “Andrò in terapia”, ha dichiarato il n°3 di coach Erik Spoelstra. “L’ho detto anche a mia moglie [l’attrice Gabrielle Union, ndr]: sarà un cambiamento grande, importante. Avrò bisogno di aiuto, avremo bisogno di un po’ di terapia specialistica”. Un’ammissione semplice e sincera, che non arriva – ha specificato lo stesso Wade – da una situazione di difficoltà ma anzi da una visione onesta e lucida dell’importante transizione che viene chiamato ad affrontare: “Sono sempre stato contrario all’idea che qualcuno che non mi conosce potesse dirmi come vivere la mia vita, o semplicemente darmi dei consigli. Ma ora sento di aver bisogno di parlarne con qualcuno. Perché è inutile nasconderlo: è un cambiamento importante. Anche se ho davanti ancora un’intera vita da vivere, anche se so che ci saranno mille altri obiettivi da inseguire, non è questo il punto: il punto è che quando finirò di giocare sarà diverso”. Wade non ha paura del futuro, vuole che sia chiaro: “Sono eccitato dall’idea di quello che potrà riservarmi il futuro, anche se al momento non ho idea di cosa possa essere. Sono felice di tutto quello che ho nella mia vita al di fuori della pallacanestro. E sono felice di come mi sento, di come risponde il mio corpo. Mi sento a mio agio, una sensazione che non provavo da tempo”, assicura. 

Statistiche da fenomeno, non da pensionato

Un benessere riflesso anche dalle sue cifre in campo, che nelle ultime 10 gare parlano di un giocatore ancora di primissimo livello, capace di viaggiare a 17.5 punti di media con anche quasi 5 rimbalzi e 4 assist a sera, con il 44% al tiro, statistiche vicine a quelle del suo unico anno a Chicago (nel 2016-17) e superiori alle sue medie stagionali. Ma Wade non cambia idea, questa è la sua “last dance” e queste le ultime sue partite: “Non avrei potuto scrivere un finale di libro migliore. È quasi surreale, magari pensi a un modo fantastico con cui poter concludere la tua carriera e poi tutto succede in maniera ancora più bella, sorpassando perfino la tua visione. Il libro sta diventando un best-seller, non potrei chiedere di meglio”. Magari un’ultima prestazione leggendaria, à la Kobe Bryant. Il n°3 non la esclude: “Anche perché siamo ancora in corsa, giochiamo per vincere, se c’è bisogno farò di tutto”. Con o senza gli ultimi playoff della sua carriera, chiuderà un’avventura meravigliosa, che lascerà in lacrime tanti suoi tifosi. “No, io non credo che finirò per piangere. Mi commuovo solo in privato”. Vedremo.