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NBA, accuse a Luke Walton: Kelli Tennant spiega i perché di una denuncia tardiva

NBA

La donna che accusa il neo-allenatore dei Kings spiega in una conferenza stampa la "paura, a 25 anni, di perdere tutto quello per cui aveva lavorato nel denunciare l'aggressione subita". Qualsiasi sia il verdetto, però, ecco perché Luke Walton non dovrebbe subire conseguenze penali

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Kelli Tennant non fa un passo indietro, anzi. Dopo aver sporto denuncia contro Luke Walton, accusato di averla aggredita sessualmente, l'ex presentatrice di Spectrum SportsNet LA (il network che trasmette le partite dei Lakers in California), che oggi tiene discorsi motivazionali e di supporto all'autostima, ha ribadito pubblicamente la sua posizione in una conferenza stampa tenuta in concerto alla coppia di avvocati che la stanno assistendo, David deRubertisi e soprattutto Garo Mardirossian, che ha rivelato di conoscere personalmente la presunta vittima da quasi vent’anni. “Quando qualcuno ti assale e tu sei convinta che finirai per essere stuprata, denunciare pubblicamente tutto fa paura. Sono anni che convivo con questo momento, cercando di dimenticarlo, nella speranza di poterlo almeno mettere da parte e superarlo e nella speranza che il tempo possa guarire le mie ferite. Non è stato così. E anzi nel tempo ho maturato il coraggio necessario – anche grazie alle conversazioni avute con il mio avvocato – a rendere questo fatto privato di dominio pubblico. Tante di noi vittime sentono una spinta a restare in silenzio, un fardello che spinge a non voler perdere tutto quello per cui si è lavorato duro per anni. Ma denunciare questo tipo di comportamenti alle persone di cui si ha piena fiducia e farlo anche verso i responsabili delle risorse umane di qualsiasi azienda o organizzazione dove una cosa del genere accade è estremamente importante, e non credo che tutti abbiano le capacità necessarie a farlo. Non credo che tutti sappiano di poter godere di una certa protezione. Questo è il motivo per cui c’è un acceso dibattito pubblico attorno a questi temi oggi in America”. Nelle dichiarazioni fornite durante la conferenza stampa è emersa anche la data precisa del fatto, risalente al 2014, quando Luke Walton era ancora assistente allenatore ai Golden State Warriors e in trasferta a Los Angeles per affrontare i Lakers. “Avevo chiesto un incontro a Luke [con cui Tennant aveva precedentemente lavorato, proprio a Spectrum SportsNet LA, ndr] perché volevo consegnargli di persona il libro che avevo appena pubblicato, di cui lui aveva scritto l’introduzione. Ci siamo visti al Casa Del Mar Hotel, ma siccome l’intera squadra degli Warriors era nella hall, mi ha chiesto di salire in camera con lui. L’ho fatto non aspettandomi assolutamente quello che poi è successo”, ha confermato Tennant. 

Il racconto di un incubo e perché non avrà (comunque) implicazioni penali

“Improvvisamente mi è saltato addosso, immobilizzandomi a letto e bloccandomi in basso le mani, con tutto il suo peso. Mi ha baciato sul collo, sul viso e sul petto: ho continuato a chiedergli di smetterla, di levarsi da dosso, e lui rideva. Ero convinto mi avrebbe stuprata. Finalmente sono riuscita a sfuggire alla sua presa dopo momenti che sono durati un’eternità. Mi sono alzata in piedi e ho cercato di lasciare la stanza, ma lui mi ha inseguita e mi ha preso da dietro, immobilizzandomi di nuovo. Ha ricominciato a baciarmi il collo: l’ho implorato che mi lasciasse andare, che smettesse di fare quello che stava facendo. Ha continuato a ridermi nell’orecchio. Poi finalmente mi ha lasciata uscire dalla sua stanza”, il racconto della Tennant, che conclude: “Questo tipo di comportamento non può essere condonato, nessuna donna dovrebbe essere costretta a sentirsi una vittima”, aggiungendo di non aver denunciato l’accaduto al tempo perché – a soli 25 anni – era fortemente impaurita. Oggi invece la denuncia è arrivata, una denuncia civile e al momento non penale, anche se i due avvocati della parte lesa non hanno escluso di poter coinvolgere anche le forze di polizia losangelina. “Il nostro scopo non è vedere Mr. Walton in prigione o sotto investigazione dalla polizia”, ha dichiarato Mardirossian. “Il nostro interesse è che Kelli stia meglio una volta fatta pubblicamente questa rivelazione”. Secondo un avvocato difensore esperto in casi criminali, il tipo di presunta violenza in oggetto – che comporta del contatto tra i due soggetti ma senza nudità – è oggi, a cinque anni dall’accaduto, troppo vecchio per portare a una condanna nel penale. “Se ci si rivolge alla polizia dopo così tanti anni, è difficile poter portare le prove necessarie a costruire un caso che regga l’altissimo standard che viene richiesto in questi casi, per provare l’accaduto oltre ogni ragionevole dubbio. Per questo è probabile che in questo caso civile la polizia non verrà coinvolta, a meno che non siano loro a volerci contattare per saperne di più ed eventualmente investigare l’accaduto”.