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Playoff NBA: Kyle Lowry, l'incontro chiarificatore con Ujiri e le difficoltà sul parquet

NBA

Dopo la partenza dell'amico DeRozan, i rapporti tra il n°7 dei Raptors e la dirigenza si erano fatti tesi e complicati, almeno fino al faccia a faccia dello scorso febbraio. Un modo per ritrovare sintonia, nonostante le cose sul parquet per Lowry non stiano andando per il verso giusto

Kawhi Leonard sarà anche diventato il giocatore più determinante dell’ultima verso dei Raptors, ma Kyle Lowry per mesi non ha fatto altro che rimuginare su quanto accaduto al suo amico DeMar DeRozan - scaricato dopo anni di vittorie e record di franchigia continuamente aggiornati in maglia Raptors. Fianco a fianco con Lowry, che non era riuscito a digerire quella scelta. “Io sono un giocatore e Masaj Ujiri è il presidente di questa squadra, i nostri ruoli sono ben definiti”. La distanza era diventata incolmabile, tanto che anche il suo nome era stato più volte accostato a una trade con Memphis che poi non si è conclusa prima dell’inizio della regular season. Troppo per uno dei volti della franchigia, il giocatore più amato da quando DeRozan è stato costretto ad andare via: Lowry a Toronto è stato protagonista di sei stagioni in fila con più 48 vittorie, quattro in fila oltre quota 50, il record di franchigia di successi e una storica finale di Conference mai raggiunta prima. Una situazione da chiarire, non appena ce ne fosse stata l’opportunità. E l’incontro più atteso in casa Raptors e a lungo rimandato, si è tenuto a febbraio a margine della deadline di mercato che ha rinforzato ancora di più il roster dei canadesi. Una discussione tra Lowry e Ujiri senza esclusione di colpi, dai toni accessi - per stessa ammissione dei protagonisti - appassionata e chiarificatrice. L’obiettivo non era una ripicca, una vendetta, ma come pianificare il modo di agire in futuro insieme. “Era un confronto di cui avevamo bisogno entrambi, un incontro tra professionisti - racconta Lowry - abbiamo messo tutto sul tavolo e deciso di andare avanti, come si fa tra persone adulte. Si discute, ci si chiarisce e si va avanti”.

Lowry: “Non bisogna dimenticare che è sempre questione di business”

Prosegue il n°7 dei Raptors: “Non sono andato lì per mandarlo a quel paese, o chiedere la cessione. In fondo è lui a dover prendere le decisioni, nel bene o nel male. È pagato per farlo, così come io per giocare in qualsiasi condizione. Devo continuare a dimostrare di essere il miglior giocatore possibile, a prescindere dai compagni che mi stanno accanto. Ma in fondo abbiamo parlato soltanto del presente, di cosa fare per mettere a frutto le nostre abilità. Questo è quello che vogliamo che si realizzi, questo ciò che dovremmo fare e questa la strada che vogliamo intraprendere per riuscirci”. La trade con gli Spurs ha portato in dote Leonard, un giocatore che ha cambiato un bel po’ di cose in meglio in casa Raptors: “Non devi continuare a rifletterci troppo: pensare di continuo alle scelte fatte da altri non fa altro che peggiorare le cose. La tensione si rivolve parlando e stringendosi la mano al termine della discussione: non bisogna mai dimenticarsi che prima di tutto è una questione di business”. Il cuore e l’amicizia alle volte bisogna dunque lasciarle da parte.

I playoff 2019 di Lowry al momento sono un disastro

Il vero problema che assilla il n°7 dei Raptors in vista di gara-5 contro Philadelphia però è il suo rendimento nella post-season; ben al di sotto delle attese, nonostante i canadesi siano riusciti a rimettere in piedi e riprendersi il fattore campo contro i Sixers. Merito di Leonard; marziano e unico in grado di dare continuità allo sforzo e alla resa di Toronto. Nel primo quarto di gara-4 contro Philadelphia, l’ex Grizzlies ha provato a scuotersi riuscendo in parte a incidere, prima di calare inevitabilmente anche in una sfida poi vinta. I suoi 12.5 punti di media raccolti con il 38.8% al tiro dal campo al momento non impensieriscono i Sixers, ben felici di lasciargli spazio sull’arco visto il suo 20% di conversione (4/20 nella serie). Lowry ha segnato più punti nelle due sconfitte che non nelle vittorie, sintomo di come nel bene e nel male le fortune dei canadesi per ora sono transitate da un’altra parte. In altre mani e non nelle sue. Dimostrare di aver finalmente capito le scelte della sua dirigenza è un grande segno di maturità, ma adesso i Raptors gli chiedono qualcosa in più anche sul parquet - visto il contratto da superstar, il sesto più pagato in questa stagione. Qualche suo canestro decisivo nelle fasi cruciali delle prossime sfide metterebbe definitivamente tutti d’accordo.