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NBA Finals 2019: Steph Curry e l’arte di segnare i tiri liberi

NBA

Mauro Bevacqua

Prima di iniziare le finali il tiratore degli Warriors era andato in lunetta 100 volte, segnando 94 volte. In gara-1 ha fatto ancora meglio, chiudendo con 14/14, a un libero soltanto dal record all-time di Terry Porter. E un altro primato (di Dirk Nowitzki) potrebbe presto cadere

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TORONTO — Prima di iniziare la sua quinta finale NBA consecutiva, Steph Curry in questi playoff 2019 è andato in lunetta per tirare 100 tiri liberi. Non uno di più, non uno di meno: cifra tonda, 100. Ne ha segnati 94, ne ha sbagliati solo 6 — e uno ha fatto anche notizia, in gara-4 contro i Blazers, quando ha fallito un libero nel quarto quarto (o in overtime) per la prima volta dal 2015. Contando che lo scorso anno in finale NBA contro i Cleveland Cavaliers il suo score è stato un perfetto 14/14 (totale eguagliato già dopo gara-1 contro Toronto, chiusa dal n°30 esattamente con un identico score dalla lunetta), Curry quest’anno potrebbe infrangere il record al momento di Dirk Nowitzki e chiudere la postseason (con almeno 100 liberi tirati) con la miglior percentuale di sempre in lunetta: il record del tedesco è 175/186, realizzato nel 2011, per una percentuale del 94.1%. Solo numeri inutili? Tutt’altro. In tutta la sua carriera ai playoff, nelle serie in cui va in lunetta 10 o più volte il n°30 degli Warriors è 11-1, avendo vinto le ultime 10. Allo stesso modo, nelle singole gare di playoff in cui tenta zero o al massimo un libero, Golden State è 10-7, record tutt’altro che entusiasmante. C’è di più: nelle sei gare intere fin qui disputate senza Kevin Durant in campo (la sesta contro Houston, le quattro contro Portland e la prima contro Toronto), i viaggi in lunetta di Curry sono passati da una media di 5.2 a gara a 9.5. Realizzandoli con il 94% abbondante la differenza (su sei gare) è di ben oltre 24 punti in più di produzione offensiva. In questi playoff 2019, quasi il 23% dei punti da lui seganti sono arrivati dalla lunetta (contro il 12% scarso dell’ultima postseason o contro il 14% di questa stessa  regular season) e se ovviamente il 46.5% dei suoi punti arriva dall'arco il contributo dei liberi è maggiore ad esempio dei punti che Curry produce in contropiede (il 15.5% della sua produzione offensiva) o dal mid-range (neppure il 10%). Uno studio sui suoi tiri liberi effettuato prima dell’inizio dei playoff, poi, ha dimostrato che dei 94 segnati nei playoff 2019, 84 sono arrivati senza neppure toccare il ferro, la perfezione assoluta ricercata da ogni tiratore. Nei 16 casi in cui ha sbagliato (6 liberi) o ha avuto bisogno dell’aiuto del ferro (10), solo in un caso il tiro è uscito storto dalle sue mani, rimbalzando sulla parte laterale — destra o sinistra — del ferro, mentre i restanti 21 tocchi su ferro o tabelloni sono sempre stati in linea con la sua posizione, segno di una traiettoria perfettamente centrata, con il pallone a toccare o il primo ferro o la parte posteriore del ferro o il tabellone (solo 3 volte, e in tutti e tre i casi è arrivato il canestro).

L’uso della tecnologia per aumentare le percentuali

Sembrano statistiche eccessive, semplice curiosità: non lo sono. Altrimenti giocatori come Curry (ma anche LeBron James, Dwyane Wade, Jeremy Lin e altri ancora) non utilizzerebbero sofisticati software — a volte applicati dietro il canestro (RSPCT), altri sui muri delle palestre (Noah) — che permettono di registrare il tracciamento della parabola del pallone così come il punto esatto e l’angolazione in cui la palla stessa entra nel canestro. Brandon Payne, l’uomo che lavora da sempre con Curry su ball handling e meccaniche di tiro durante la offseason, non ha voluto rendere pubblici i dati di allenamento dell’All-Star di Golden State ma ha rivelato la routine con cui conclude ogni suo allenamento: 10 tiri liberi realizzati in fila, di cui almeno 5 senza toccare il ferro. “Quando è in giornata, però, lo sfido a Sixty, chiedendogli cioè di realizzare il 60% dei canestri senza l’aiuto del ferro — 6 su 10 — e se vedo che ha la mano caldissima a volte alzo fino a 7 su 10 l’asticella: e finché non ci riesce, non andiamo a casa”.

Routine maniacali

Al resto ci pensa anche un po’ di ripetizione nei rituali (quasi scaramantici) prima di ogni tiro libero. Curry inizia con mettere in mostra il suo paradenti, che fa uscire dalla parte sinistra (mai a destra!) della bocca, puntato verso l’altro (e sempre verso l’alto). Poi, ricevuto il pallone, lo porta all’altezza della sua anca sinistra, guarda per terra e con la punta del piede destro va a sfiorare la linea del libero dove si trova una tacca di vernice che segnala il centro esatto, in linea con il canestro. Poi, il piede destro leggermente davanti a quello sinistro, compie un solo palleggio e tira. Il rituale non si esaurisce però con il tiro: dopo il primo libero, è il momento degli high-five ai compagni, dopo il secondo si tocca rapidamente il petto con la mano destra e poi punta l’indice verso il cielo, a ringraziare l’Altissimo. Dettagli, forse inutili, ma il 94% ai playoff 2019 gli dà ragione su tutto: Steph Curry è da ammirare anche quando il cronometro è fermo.