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NBA Finals 2019, Kevin Durant si è già operato (e Golden State sembrava non saperne nulla)

NBA

Mauro Bevacqua

Con un tempismo sospetto, sicuramente paradossale, Steve Kerr annuncia di non avere "news su Kevin Durant" quasi in contemporanea alla pubblicazione da parte del giocatore sul suo account Instagram della notizia dell'avvenuta operazione al tendine d'Achille

IL MONDO NBA SI STRINGE ATTORNO A KD

I TEMPI DI RECUPERO

DURANT E UN RITORNO IN CAMPO ACCELERATO

INFORTUNIO KD: COME CAMBIA IL MERCATO NBA

OAKLAND — Il timing è curioso, e forse qualcosa più di curioso, sospetto. Steve Kerr è atteso in conferenza stampa alla vigilia di gara-6, il suo orario di apparizione previsto per le 12.30. Ci arriva stranamente in ritardo, di quasi 10 minuti, attorno alle 12.40 (trattenuto da una lunga conversazione con DeMarcus Cousins). Non aspetta una domanda dei giornalisti ma prende la parola lui per una dichiarazione iniziale: “Non abbiamo nessuna news su Kevin Durant. Sarà nostra premura informarvi appena ci saranno novità”. Sembra che l’allenatore degli Warriors voglia mettere un punto sull’argomento prima che le domande di tv, giornali e siti internet di tutto il mondo si concentrino sul grande assente. In realtà non ci riesce, perché le domande comunque arrivano ed è lui stesso a prestarsi alle risposte. In particolare a una, sulle responsabilità di un infortunio così grave e così importante e sulla tendenza — già prevista dalle parole del gm Bob Myers — a voler puntare l’indice accusatorio verso qualcuno, per trovare il colpevole dell’infortunio al più forte giocatore della lega. “Capisco la logica del mondo in cui viviamo, capisco il gran dibattere che se ne fa, gli indici puntati. Lo capiamo e lo accettiamo, sappiamo che a questo livello è così. Per noi però la cosa principale è la salute di Kevin [Durant]: ci sentiamo tutti male per quello che gli è successo, siamo sempre in contatto con lui”. Non sembrerebbe così, però. Perché praticamente in contemporanea — sfasata davvero di soltanto pochi minuti — arriva la pubblicazione sull’account Instagram del giocatore della foto con messaggio che lo vede ritratto su un letto d’ospedale al termine dell’operazione (già compiutà!) al tendine d’Achille della sua gamba destra. “Voglio aggiornarvi: alla fine è così, mi sono rotto il tendine d’Achille. L’operazione è stata effettuata oggi con successo, EASY MONEY. Il viaggio verso il mio ritorno in campo inizia ora! Ho al mio fianco la mia famiglia e i miei cari, e abbiamo tutti apprezzato i tantissimi messaggi che la gente ci ha spedito. Come ho detto lunedì, sto soffrendo tantissimo, ma sono OK. La pallacanestro è il mio amore più grande e l'altra sera volevo a tutti i costi essere in campo perché il mio ruolo è quello di giocare a pallacanestro. Volevo aiutare i miei compagni a raggiungere uno storico threepeat. Putroppo poi le cose vanno come vanno ma sono orgoglioso di aver dato tutto, anche fisicamente, così come sono orgoglioso della vittoria ottenuta dai miei compagni. Ora il recupero sarà un lungo viaggio, ma so di potercela fare, perché sono uno che ama la pallacanestro. So che i miei fratelli possono vincere gara-6 e io farò il tifo per loro insieme a tutta la Dub Nation mentre saranno in campo per ottenere questa vittoria”.

Kerr: “Ci è stato detto che Durant poteva giocare”

Il post sui social di Durant lascia tutti spiazzati. Quel “vi aggiorneremo appena abbiano notizie” di Steve Kerr fa pensare che perfino i Golden State Warriors fossero all’oscuro dell’imminente operazione, teoria invece confutata da Sam Amick, giornalista solitamente ben informato sulla realtà Warriors, cui due diverse fonti all'interno dell'organizzazione californiana avrebbero confermato una sorta di accorto tra le parti sulla modalità di comunicazione della notizia. Qualcosa però sembra non tornare, anche perché, contrariamente alla promessa iniziale, Kerr accetta poi di rispondere a domande sul suo n°35, e particolarmente significativo è soprattutto il passaggio in cui il coach degli Warriors di fatto libera l’organizzazione da qualsiasi tipo di responsabilità sull’accaduto. Lo fa con queste parole: “L’ultimo mese è stato un mese di continua collaborazione tra la società, il nostro staff medico, il suo agente Rich Kleiman e anche altri dottori all’esterno dell’organizzazione, a cui Kevin ha richiesto una seconda opinione. Da tutte le consultazioni effettuate è emersa la possibilità di utilizzarlo in campo, il suo ritorno è stato avallato da tutti. La paura maggiore al massimo era che potesse infortunarsi nuovamente al polpaccio, ma la rottura del tendine d’Achille è invece arrivata come uno shock totale. Non c’era nessun sentore che un infortunio del genere potesse accadere”.

Le parole di Steph Curry e Klay Thompson

Anche Steph Curry e Klay Thompson, assieme sul podio della conferenza stampa precedente all’allenamento degli Warriors, hanno un pensiero per il loro compagno costretto ai box. “Il suo infortunio sarà una grande motivazione per la partita di domani: quello, più il fatto che sarà l’ultima gara alla Oracle, faranno in modo che si sarà un’energia davvero speciale”, afferma Curry. D’accordo anche Draymond Green: “Per quanto assurdo possa sembrare, quei soli 11 minuti che Kevin ha giocato l'altra sera sono stati abbastanza per accendere quella scintilla di cui avevamo bisogno”, afferma. Ora c’è da mantenere acceso il fuoco: “Vogliamo dare il massimo e vincere per i nostri tifosi e per Kevin — gli fa eco Thompson — perché noi sappiamo che tipo di persona è. Abbiamo vinto due titoli NBA insieme a lui, io ci ho giocato assieme con Team USA, l’ho visto arrivare ogni giorno in palestra. Quando vedi come si comporta nel quotidiano, in allenamento, non c’è assolutamente modo di mettere in discussione il suo desiderio, la voglia che ha di giocare, il cuore che mette in tutto quello che fa. Stiamo parlando di un giocatore che ha vinto tutto quello che c’era da vincere, che è stato un prodigio su un campo da basket dall’età di 15 anni: non arrivi a questo livello se non lavori duro. Quando sei al livello dei Durant, dei LeBron James, dei Muhammad Ali, dei Wayne Gretzky c’è sempre qualcuno che ha da dire qualcosa ma chiunque metta in discussione il suo cuore e la sua dedizione al gioco è stupido e irresponsabile”. Chiude ancora Curry, tornando sulla decisione che ha visto Durant tornare fatalmente in campo per pochi minuti in gara-5 solo per infortunarsi nuovamente, e stavolta in maniera molto più grave: “Siamo fatti così. Se abbiamo una chance di giocare vogliamo giocare. Tutti noi ci fidiamo del nostro staff medico, si può perdere tempo a raccontare cosa sarebbe stato se fosse andata in un modo o nell'altro ma gli infortuni fanno parte di questo gioco. Quando hai preso una decisione che pensi essere intelligente e ponderata — come in questo caso — poi puoi accettarne anche le conseguenze”.

Tra Durant e Golden State è rottura?

Di quest'ultimo episodio della saga-Durant che ha tenuto banco durante tutte le finali resta però difficile dare un’interpretazione chiara. Appare assurdo che i Golden State Warriors — che hanno sotto contratto il giocatore e che l’anno prossimo dovrebbero versargli 31.5 milioni di dollari su Durant scegliesse di esercitare l’opzione per l’ultimo anno prevista dal suo contratto — siano stati tenuti all’oscuro della decisione di sottoporsi immediatamente a un’operazione. Ne fossero invece stati al corrente (come sostenuto da Amick), allora non si spiegano le parole di Kerr e dei giocatori di fatto smentite pubblicamente nel momento stesso in cui pronunciate dal contemporaneo annuncio social del loro compagno infortunato. Gli Warriors avrebbero potuto declinare ogni commento, lasciando che la notizia sull’operazione venisse data dallo stesso Durant (che spesso si è fatto paladino di una sorta di disintermediazione dai classici canali di comunicazione, per poter narrare in prima persona — direttamente e autonomamente — la propria storia ) ma facendo capire di aver scelto congiuntamente tale strategia di comunicazione. Se invece così non è stato e realmente la notizia dell’operazione è giunta alle orecchie di Kerr e compagni esattamente come a quella di qualsiasi altro tifoso nel mondo, viene da pensare al gesto come a una sorta di sgarro nei confronti degli Warriors, e che quindi i rapporti tra Durant e l’organizzazione californiana siano tutt’altro che idilliaci (come confermerebbe anche la volontà di andare immediatamente a New York, da uno staff medico indipendente, per le valutazioni mediche e l’operazione stessa). Una supposizione che apre immediatamente il campo a tante altre teorie a cascata, direttamente collegate al prossimo mercato dei free agent: Durant potrebbe allora scegliere di esercitare la propria opzione, incassare (da infortunato per gran parte della prossima stagione) i 31.5 milioni di dollari a lui dovuti, per ripresentarsi poi sano e in salute sul mercato dei free agent a fine anno, con la sola differenza — non da poco — che essendo giunto a scadenza avrebbe la facoltà di lasciare gli Warriors da unrestricted free agent, ovvero in cambio di nulla. Una vendetta perfetta tutta da verificare che ovviamente però spaventa tifosi e appassionati sulla Baia.