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NBA, una stagione accorciata ma competizioni aggiuntive: si studia la NBA del futuro

NBA

Un comitato composto da 12 dirigenti di alto grado di altrettante squadre ha discusso insieme al commissioner Adam Silver possibili scenari futuri: campionato a 58 partite e un torneo di metà stagione? Si lavora per il 2021-22, quando la NBA festeggerà il suo 75° compleanno. E potrebbe cambiare

Uno dei grandi pregi (riconosciuti) della NBA è quella di non sedersi mai sui propri allori, ma di avere il coraggio di innovare e cambiare nel tentativo di evolvere al passo coi tempi e offrire sempre il miglior spettacolo possibile. È in quest’ottica che, non da oggi, il commissioner Adam Silver ha più volte accennato alla possibilità che la lega metta mano alla strutturazione dei propri calendari e all’introduzione di uno (o forse addirittura) due tornei aggiuntivi da disputarsi a metà e/o a fine stagione. Ora l’idea di una mini-rivoluzione – anche se forse sarebbe più corretto chiamarla evoluzione – ha anche un orizzonte temporale: la stagione 2021-22, quella in cui la lega celebrerà il suo 75° compleanno. I cambiamenti sul piatto non sono di poco conto e sono stati discussi collettivamente una prima volta lo scorso 17 giugno nel corso di una conference call che ha riunito una dozzina di dirigenti di primo livello di altrettante franchigie NBA, chiamati a formare un comitato che – specificano dagli uffici della lega – non ha nessun tipo di potere decisionale ma solo propositivo, con un eventuale passo successivo che deve necessariamente vedere il coinvolgimento del Board of Directors. Due i punti principali: 1) ridurre il numero di partite di regular season; 2) introdurre dei mini-tornei da disputare a metà stagione (magari al posto dell’All-Star Weekend, la cui formula ormai appare superata) oppure al termine di un campionato più breve. La proposta più drastica relativa al primo punto porterebbe a un calendario di sole 58 partite (due contro ognuna delle altre 29 squadre della lega, una in casa l’altra fuori) ma da quanto è emerso dalla conference call un taglio così netto alle 82 partite attuali è stato accolto “con interesse molto limitato” dalla maggioranza degli attori coinvolti. Diverso invece il caso di un taglio più leggero al numero delle gare, che permetta però di liberare giorni sul calendario, per permettere poi l’organizzazione di tornei collaterali (si pensi, come esempio, alla Coppa nazionale calcistica che ogni Paese organizza insieme al campionato, la sua manifestazione principale). Pro e contro sono evidenti: tra i primi la possibilità di permettere agli atleti più giorni di riposo e un calendario più umano, che non li costringa a quel load management a cui sempre di più hanno fatto ricorso in questa stagione e che priva i tifosi delle loro superstar preferite. Tra i secondi, invece, un calo nelle revenues, nelle entrate della lega, che ovviamente dipendono tanto dai biglietti venduti alle arene quanto agli accordi televisivi (proporzionali ovviamente al numero delle partite). Anzi, qualcuno ha fatto notare come l’accordo collettivo stesso firmato tra NBA e associazione giocatori imponga come obbligo “di compiere ogni ragionevole sforzo per incrementare i ricavi economici derivanti dalle operazioni della lega [il famoso Basketball Related Income, la torta che alla fine proprietari e giocatori si spartiscono al 50%, ndr]”  mentre una decisione in questo senso – di riduzione delle partite e quindi delle entrate – andrebbe in senso opposto e per questo potrebbe trovare la resistenza dell’associazione giocatori. Pronta la risposta: il calo nelle entrate dovute al minor numero di partite potrebbe essere compensato da un innalzamento nel valore di gare più significative (e quindi più appetibili per il pubblico) così come dalle entrate supplementari dei tornei aggiuntivi allo studio. Non se ne farà nulla né per il prossimo anno né per quello dopo ancora, ma dal 2021-22 la NBA potrebbe presentarsi in una nuova veste, un esperimento pilota per stabilire poi se percorrere fino in fondo la strada del cambiamento o restare invece uguale a se stessa.