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NBA, Kawhi Leonard: Doc Rivers racconta tutti i segreti della sua firma con i Clippers

NBA

Un incontro nella sua villa di Malibu, la scelta di Paul George come compagno di squadra, la "minaccia" di trasferirsi a Seattle, una cena (rimandata) da Nobu: l'allenatore dei Clippers decripta la scatola nera del colpo dell'estate

LEONARD, UN ALTRO MO(N)DO E' POSSIBILE

A luglio è stata la notizia che ha sconvolto il mercato NBA: l’addio di Kawhi Leonard a Toronto, da campione NBA, e il suo approdo a Los Angeles, sponda Clippers. A fine settembre, come spesso accade, iniziano a emergere i veri dettagli dell’operazione, il dietro le quinte, quei particolari a volte minori ma spesso determinanti per indirizzare la scelta di un giocatore da una parte o dall’altra. E così è stato anche con Leonard, almeno a sentire il dettagliato racconto fatto da Doc Rivers sulle pagine del Los Angeles Times sul lungo corteggiamento per ottenere il sì della ex star di Raptors e Spurs. Un racconto che, come ogni sceneggiatura hollywoodiana, presenta tanti personaggi, alcuni nel ruolo di protagonisti (lo stesso Rivers e ovviamente Leonard, Steve Ballmer, Paul George) altri in quello di comprimari (un cameriere tifoso dei Lakers, la città di Seattle, un famoso ristorante dove i cellulari prendono a fatica, il tratto di costa attorno a Malibu). Proprio accettando un incontro nella casa di Malibu di Doc Rivers – dopo aver chiesto invece ai Lakers di raggiungerlo in hotel – Kawhi Leonard ha dato il primo segnale di fiducia ai Clippers: “Per me è come se stesse dicendoci che voleva venire da noi”, racconta Rivers. Era la prima volta che l’allenatore dei Clippers aveva una vera conversazione con Leonard. “Avevo provato a parlarci un paio di volte, ma non ero mai andato oltre i saluti. Mi immaginavo avremmo dovuto tirargli fuori ogni singola parola, invece è arrivato con le idee chiare e pronto a illustrarci la sua posizione. ‘Voglio giocare per lei’, ha detto puntando il dito verso di me. Poi si è rivolto al nostro proprietario e ha aggiunto: ‘Mr. Ballmer, mi piace il modo in cui gestisce questa squadra ma la sua squadra, così com’è, non è abbastanza forte. Se non fate dei cambiamenti, non vengo’. E qui abbiamo fatto un errore”, racconta Rivers. Il front office dei Clippers, infatti, rivela una lista di giocatori come possibili partner di Leonard. “Avevamo fatto questa lista, ma non avevamo la minima certezza di poter arrivare ai singoli giocatori”. Kawhi analizza uno per uno i nomi ma si ferma su quello di Paul George: “Voglio giocare con lui”, dice.

Senza Leonard, avremmo i Seattle Clippers?

E qui inizia la seconda fase dell’operazione per portare l’MVP delle ultime finali a L.A.: organizzare uno scambio con Oklahoma City: “Sapevamo che avevano intenzione di rivoluzionare il loro roster”, confessa Rivers. Bussano alla loro porta, offrendo una serie quasi infinita di prime scelte future (oltre a Danilo Gallinari e Shai Gilgeous-Alexander). “Mr. Ballmer era nervoso per la quantità di scelte da cui avremmo dovuto separarci, ben 6. ‘Non sono 6 scelte per avere Leonard, sono 6 scelte per avere Leonard e Paul George. Tre a testa’, è stata la mia tattica”. Ma il giorno della trade, rivela Rivers, “la nostra offerta era lettera morta, lo scambio già defunto prima ancora di iniziare. Mi chiama Lawrence Frank e mi dice che Kawhi è tra Raptors e Lakers. Al nome dei Lakers sono impazzito: ‘Non possiamo permettere che accada’, gli ho risposto. E a Steve ho detto: ‘Se firma con i Lakers ci conviene spostarci a Seattle’. Pensava scherzassi, ma ero dannatamente serio. Lo credevo davvero”. Rivers poi racconta l’altalena di emozioni delle ore successive: “Alle 4 eravamo di nuovo in corsa; alle 5 ancora fuori dai giochi; alle 6 non avevamo più una chance. Così ho scelto di andare a cena con degli amici, da Nobu [famoso ristorante giapponese a Malibu, ndr], ma mentre sto parcheggiando mi chiama al telefono ancora Frank. ‘No, da Nobu no – mi supplica – in quel posto i cellulari non prendono e noi siamo ancora in lizza per il sì di Kawhi’. Allora rinuncio alla cena e resto in auto, faccio avanti-e-indietro sulla Pacific Coast Highway finché non completiamo la trade. Quando entro da Nobu il mio umore è completamente diverso. Mi ricordo che al tavolo ci serviva un cameriere tifoso dei Lakers: continuava a dirmi quanto fosse sicuro che Leonard avrebbe vestito la maglia gialloviola. La notizia del nostro accordo non era ancora uscita…”. Una cena da ricordare davvero con piacere, ma Rivers sa benissimo come funzionano le illusioni estive: “Abbiamo vinto in estate, ma vogliamo vincere a giugno. E se non vinciamo a giugno, il resto non conta”. The pressure is on.