In Evidenza
Tutte le sezioni
Altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

NBA, Doncic non c'è, Kristaps Porzingis torna a recitare da superstar

NBA

Il lèttone chiude con 26 punti e 12 rimbalzi  la sfida diretta contro Giannis Antetokounmpo (autore di 48 punti) ma sono soprattutto due sue triple consecutive nel quarto quarto a indirizzare la gara e lanciare un messaggio al resto della lega: senza Doncic ora vuole essere lui il nuovo leader dei Mavs

Condividi:

La sconfitta contro Miami, arrivata dopo una furiosa rimonta buona per forzare un tempo supplementare ma insufficiente per spuntarla alla fine – e arrivata dovendo fare a meno dopo neppure due minuti di Luka Doncic, infortunatosi alla caviglia – era stato un primo segnale. Il banco di prova a cui tutti attendevano i sorprendenti Dallas Mavericks di questo avvio di stagione era però un altro, quello costituito dalla miglior squadra NBA, i Milwaukee Bucks, sul loro parquet di casa, quel Fiserv Forum violato una sola volta a inizio stagione (dagli Utah Jazz l’8 novembre) e poi mai più, con Antetokounmpo e soci in striscia di 18 vittorie consecutive, 13 delle quali interne. Un banco di prova per i Mavs ma soprattutto per l’altra superstar di squadra, quel Kristaps Porzingis al suo primo anno a Dallas, al rientro in campo dopo 20 mesi di recupero dall’infortunio ai legamenti ma anche dopo aver firmato un contratto ricchissimo (5 anni per 158 milioni di dollari) che inevitabilmente porta con sé parecchie pressioni. La stagione di Porzingis dopo le prime 25 gare (17-8 il record di Dallas) veniva valutata come decente, forse anche buona, ma non certo eccezionale. Quasi 17 punti e 9 rimbalzi a sera, due stoppate di media (sesto miglior dato NBA), ma percentuali al tiro mai così basse in carriera, sotto il 40% dal campo. Contro Miami, nella prima gara in contumacia Doncic, il talento lèttone si era fatto trovare presente, chiudendo con 22 punti e 14 rimbalzi, la sua doppia doppia n°8 in stagione. Contro Milwaukee, però, Porzingis ha fatto ancora meglio, non tanto (e non solo) a livello statistico – 26 i punti alla fine per lui, accompagnati anche da 12 rimbalzi – ma per la capacità di marchiare a fuoco la partita con due triple consecutive nel quarto quarto che hanno in pratica suggellato il successo dei Mavs (nonostante i Bucks siano quasi riusciti a tornare in partita nel finale). “Ho segnato quelle due triple da lontano – le sue parole nel dopo partita – ma anche in quelle occasioni Giannis era lì, davanti a me. Sapevano che siamo una squadra piena di tiratori, ma la nostra forza è proprio quella di avere tante armi diverse: chiunque, in singola serata, può segnare 20 punti”. Lo ha fatto il lèttone, difatti, ma lo ha fatto anche Seth Curry, che dopo i 30 rifilati ai Pistons a Città del Messico ha confermato l’ottimo momento firmandone 26 in faccia alla difesa dei Bucks. “È questo che ci rende pericolosi”, conclude Porzingis: “Stasera è stato Steph, ma è difficile giocare contro una squadra come la nostra che ha così tante opzioni”. Curry e Porzingis hanno mandato a bersaglio 4 triple a testa, e dopo un primo quarto segnato da un ottimo 7/13 dalla lunga distanza, a fine gara i Mavs hanno chiuso con 16/41, un ottimo 39% sopra media anche per le abitudini della casa, che solitamnte dalll’arco realizza il 36.3% dei tiri tentati.

Dentro la prestazione di Kristaps Porzingis

Ma se dalla lunga distanza l’attacco di coach Carlisle vede altre sette squadre NBA fare meglio, la produzione offensiva generale non ha eguali nella NBA di oggi e anzi, nella NBA di tutti i tempi. Al momento infatti l’efficienza offensiva dei Mavericks – 116.6 punti per 100 possessi – è la più alta mai fatta registrare da una squadra NBA, superando anche quella degli Warriors della scorsa stagione (115.0) e dei Lakers dello Showtime targati Magic&Kareem della stagione 1986-87. Per tanti, forse tutti, il merito di un record del genere ha un nome e un cognome – Luka Doncic – ma non certo quelli di Kristaps Porzingis. Al lèttone, infatti, veniva rimproverato un ruolo (troppo) subalterno a quello dello sloveno – 53.5 tocchi a partita per lui, contro gli oltre 92 di Doncic, in calo anche rispetto ai 61 della sua ultima stagione ai Knicks – oltre alle scarse percentuali al tiro, pessime quando è costretto a mettere palla per terra (il 20% di percentuale effettiva quando compie dai 2 ai 6 palleggi prima di concludere) ma insufficienti anche nella specialità della casa, quel catch-and-shoot utilizzato più di tutti nella NBA di oggi (7.6 tiri a sera per lui). Le ricezioni-e-tiro di Porzingis, infatti, fino alla gara contro Milwaukee avevano trovato il canestro soltanto nel 35% dei casi (anche se spesso con conclusioni da tre punti, dettaglio che porta il dato di percentuale effettiva ad alzarsi fino al 47%), troppo poco per proporsi come alternativa credibile da prima opzione offensiva in assenza di Doncic. Contro i Bucks, invece, l’ex Knicks ha chiuso con il 50% dalla lunga distanza (4/8), sfiorandolo anche dal campo (9/19) ma soprattutto ha fatto registrare il net rating di squadra più alto (+29.0 con lui in campo) tornando a recitare da protagonista anche contando i tocchi (62, inferiori solo a quelli di Jalen Brunson, che però fa il playmaker) a riprova della volontà del lèttone di assumersi maggiori responsabilità nelle due settimane che i (suoi) Mavs dovranno trascorrere senza Doncic. E quel “suoi” tra parentesi, ora, non è messo a caso.