La popolarità a inizio anni 2000 della superstar gialloviola (impegnato nel threepeat in coppia con Shaq) ha portato a un boom nella nascita di bambini ribattezzati proprio Kobe. Due di questi ora sono arrivati nella NBA, e raccontano il loro rapporto viscerale con la leggenda dei Lakers
Negli uffici dell'anagrafe di tutta America hanno iniziato a registrare un'impennata tra i neonati chiamati Kobe a inizio anni 2000. Non un caso. In coppia con Shaq, Kobe Bryant e i Lakers hanno dominato la NBA in quegli anni, vincendo tre titoli in fila (2000, 2001 e 2002). E sulla spinta di quei successi il nome della superstar dei Lakers è diventato sempre più popolare e oggi (più di 20 anni dopo) nella lega arrivano i primi Kobe che ce l'hanno fatta a raggiungere la NBA: Kobe Bufkin (scelto alla n°15 dagli Hawks) e Kobe Brown (chiamata n°30 per i Clippers). Nel caso del primo, la famiglia Bufkin era proprio fissata con i nomi delle superstar del parquet, tanto da aver chiamato altri due fratelli Isiah (per Thomas, la star dei Bad Boys di Detroit) e Michael (per Jordan, ovviamente). "E poi Kobe era un nome così bello", raccontano oggi, commentando la scelta che ha segnato il destino del figlio oggi ad Atlanta. Per Brown, invece, le motivazioni risalgono a un incontro tra il padre di Kobe, Greg, allenatore liceale, e Joe Bryant, il papà della superstar dei Lakers. Bryant Sr. invitò Brown Sr. a dare un occhio al figlio e Greg ne uscì ammiratissimo: "Se mai dovessi avere un figlio, lo chiamerò Kobe", promise a "Jellybean". E così è stato.
I numeri di maglia per ricordarlo e la pressione da affrontare
Oggi l'eredita del "vero" Kobe Bufkin e Brown la portano avanti anche attraverso il loro numero di maglia: il primo ha indossato il n°2 a Michigan e il n°4 alla Grand Rapids Christian High School (e lo avrà anche agli Hawks), perché 2 e 4 forman il 24 e perché 2+4=8, i due numeri di Bryant ("Ma non oserò mai indossare il 24 o l'8", dice, in segno di rispetto); Brown invece il 24 lo ha già indossato per tutti i quattro anni trascorsi a Missouri, mentre l'8 era il suo numero nei circuiti AAU se il 24 non fosse stato disponibile: ai Clippers però entrambe le opzioni sono impraticabili (il 24 è sulle spalle di Norman Powell, l'8 appartiene a Marcus Morris Sr.) per cui a Los Angeles, nella città che Kobe ha chiamato sua, Brown finirà per indossare il 21, abbandonando per la prima volta ogni riferimento diretto "al giocatore che ho ammirato di più crescendo, che ho conosciuto e amato prima ancora di amare il basket". Numeri a parte, però, quello che non cambia è l'ammirazione e anche la responsabilità che entrambi i giocatori sentono verso un nome che resta speciale. Pressione? Ognuno la vede a modo sua: "Tanta, per cui cerco di non pensarci troppo", risponde Bufkin; "Neppure un po', perché nessuno potrà mai essere come Kobe", dice Brown.