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NBA, dramma Nate Robinson: all'ex re delle schiacciate serve un trapianto di rene

NBA

Nell'immaginario di appassionati e tifosi Nate Robinson rimane il fenomeno che, nonostante i modesti 175 centimetri d'altezza, è riuscito a vincere per ben tre volte la gara delle schiacciate all'All-Star Game, ma l'ex Knicks e Celtics vive un momento delicatissimo. Lontano dai parquet della NBA da ormai quasi dieci anni, Robinson ha raccontato al "Daily Mail Sports" delle sue condizioni quasi disperate di salute

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Al di là dei grandi nomi e delle stelle, sono pochi i giocatori che negli ultimi vent'anni di NBA hanno riscosso la simpatia dei tifosi e attirato le attenzioni degli appassionati quanto Nate Robinson. Salito all'onore delle cronache soprattutto per aver vinto per ben tre volte lo Slam Dunk Contest dell'All-Star Game, impresa già clamorosa di per sé ma del tutto impensabile per un atleta alto solo 1 metro e 75, Robinson vanta una carriera decennale in NBA, il cui culmine è rappresentato dall'eperienza in magia Celtics che l'ha portato a sfiorare il titolo nelle Finals del 2010 perse contro i Lakers. Giocatore dall'energia spesso incontenibile, dopo aver abbandonato l'idea trovare un posto oltre oceano, Robinson ha giocato anche in Europa, Venezuela e Libano, ma ha smesso da oltre sei anni. E ora, in un'intervista concessa al "Daily Mail Sports", ha confessato di soffrire di problemi di salute pesantissimi

Una situazione quasi al limite

"Se non riuscirò ad effettuare un trapianto al rene" ha chiarito candidamente Robinson, "so già che non mi resta molto da vivere. E quindi cerco di fare del mio meglio del tempo che mi è concesso". La disfunzione a un rene di cui soffre l'ex NBA lo costringe a sottoporsi a trattamenti di dialisi per tre volte alla settimana, un'assistenza medica senza la quale, dice Robinson, "Resisterei una settimana o due al massimo". Stando a quanto raccontato dal diretto interessato, tuttavia, si tratta di una misura comunque temporanea e che gli concede giusto qualche rara occasione di vivere una vita normale. "Nei pochi giorni in cui mi sento bene cerco di fare le cose che mi piacciono: stare con i miei figli e la mia famiglia e giocare a pallacanestro".