Polemica inno nazionale: c'è chi sta con Trump

Sport USA

Claudio Barbieri

La Nascar non ha aderito alla protesta lanciata dalla NFL (Getty)
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Settimana di fuoco nello sport USA: Alejandro Villanueva degli Steelers, unico della sua squadra a presentarsi in campo per l'inno, si pente e si scusa, mentre i fans di Patriots e Cardinals fischiano i giocatori durante la protesta. Sostegno al Presidente anche dalla Nascar e dai Penguins

Gli Stati Uniti hanno vissuto una settimana di fuoco dopo le dichiarazioni del Presidente Donald Trump, che caldeggiava il licenziamento per tutti giocatori della NFL che non rispettavano l'inno nazionale, imitando la protesta lanciata da Colin Kaepernick ormai un anno fa per richiamare l’attenzione sulle disuguaglianze razziali e sociali e sulla brutalità delle forze dell’ordine nei confronti della popolazione afroamericana. Su tutti i campi della week-3 abbiamo visto ammutinamenti, inginocchiamenti, squadre negli spogliatoi. Ma c'è anche chi non si è accodato al gruppo, come Alejandro Villanueva, che al contrario dei suoi compagni dei Pittsburgh Steelers, è entrato in campo al momento dell'inno con tanto di mano sul cuore. L'ispano-americano (è nato in una base militare da genitori spagnoli), che alcuni anni fa è stato militare in Afghanistan, è stato molto criticato per la sua non protesta, in primis dal suo allenatore Mike Tomlin, che subito dopo il match contro i Bears ha detto: "Speravo in un appoggio totale da parte della mia squadra". Secondo quanto riportato da ESPN, il gesto di Villanueva ha avuto un clamoroso ritorno di marketing: in poche ore, la sua maglia degli Steelers è diventata la più venduta in tutti gli States, davanti anche a quella di una celebrità come Tom Brady. Anche se lui si dice "imbarazzato" nel rivedere le immagini che vengono trasmesse in loop da giorni in tutte le tv americane e parla di gesto involontario in una conferenza stampa organizzata dagli Steelers per smontare il caso: “Ho commesso un errore, non volevo questo clamore – ha detto Villanueva -. E’ stato un malinteso, ero uscito prima di tutti dal tunnel e mi sono trovato in campo. Mi vergogno del mio comportamento, chiedo scusa a tutti”. 

I fischi dei tifosi

Non hanno digerito la protesta i fans di New England, squadra campione in carica del fenomeno Tom Brady, da molti considerato vicino a Trump. Nel momento in cui parte della squadra si è inginocchiata alle prime note dell'inno prima del match contro Houston, sono partiti fischi di protesta nei confronti dei giocatori. Brady è rimasto in piedi, con la mano sul cuore, ma ha appoggiato (grazie anche a un post su Instagram) il messaggio lanciato dai compagni. Nel monday night, sia i Cardinals che i Cowboys sono rimasti in piedi ad ascoltare l'inno nazionale, anche se Dallas si era inginocchiata poco prima sotto la guida del loro proprietario, il magnate Jerry Jones. Un comportamento che ha suscitato la reazione del pubblico di Glendale, Arizona, che ha sonoramente fischiato la squadra texana. "Sono i più forti che io abbia mai sentito", ha twittato subito Trump, riferendosi ai fischi dei tifosi dei Cardinals. 

Il sostegno della Nascar

Domenica una gara di Nascar è andata in scena al New Hampshire Motor Speedway, a nemmeno 200 km dal più vicino stadio di NFL. Al contrario del football americano, il pre-gara motoristico ha avuto tutti i crismi patriottici di sempre. Tante bandiere a stelle e strisce sulle tribune, tutti in piedi all'inno cantato da Daniel Clark, un ex sergente di polizia del Massachusetts e i piloti rigorosamente con la mano sul cuore. In un comunicato diramato lunedì, la Nascar ha parlato dell'inno come di un "momento fondamentale" e di "rispettare il diritto di espressione in un paese libero e democratico". Il tutto dopo le dichiarazioni di Richard Childress, Hall of Famer della Nascar (“Chiunque non rimanga in piedi per l’inno nazionale dovrebbe essere cacciato dal paese, sono pronto a pagargli personalmente il biglietto del bus”) e quelle di uno dei proprietari, Richard Petty (“Chi lavora per me deve rispettare il paese in cui viviamo, sono pronto a licenziare tutti coloro che mancheranno di rispetto agli Stati Uniti”). Il comportamento patriottico del pubblico e di molti dei protagonisti ha suscitato l'immediata reazione del Presidente Trump, che in un tweet ha lodato i fans del campionato motoristico più seguito d'America.  

I Penguins alla Casa Bianca

Contrariamente a quanto accadrà ai Golden State Warriors, campioni NBA, i Pittsburgh Penguins saranno ricevuti dal Presidente Trump alla Casa Bianca. La squadra che ha vinto l'ultima Stanley Cup, in un comunicato, parla di "rispetto per le istituzioni e della lunga tradizione" che vuole i campioni NHL in visita a Washington. "Ci sono altri modi per esprimere il proprio accordo e disaccordo con le politiche del Presidente", si legge nella nota dei Penguins, che saranno la seconda squadra ricevuta alla Casa Bianca da Trump dopo i New England Patriots, vincitori del Super Bowl lo scorso gennaio. Lo stesso Trump ha definito i Penguins una "grande squadra" per aver accettato l'invito. La polemica continua...