Sole, sabbia e... ghiaccio! Florida, la nuova frontiera dell’NHL

Sport USA
Massimo Marianella

Massimo Marianella

©Getty
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I Tampa Bay Lightning e i Florida Panthers, entrambe protagoniste della stagione di NHL che potete seguire su Sky Sport. Ma due modi diversi di arrivare al successo. Per un'unica, grande rivlità che promette di monopolozzare presente e futuro dell'hockey americano

In un mondo con sempre meno confini e (per fortuna) barriere anche il ghiaccio, tralasciando qualsiasi dibattito sull’inquinamento globale, ha allargato i suoi. Anzi li ha stravolti. Prima le “Original Six” (Detroit Red Wings, NY Rangers, Montreal Canadiens, Toronto Maple Leafs, Boston Bruins e Chicago Blackhawks) poi le immagini di laghi ghiacciati nelle foreste canadesi a far da sfondo ai trionfi di Edmonton e Calgary. Adesso però lo stato della nuova NHL sembra essere diventato la Florida con le sue spiagge dorate, i quasi 30 gradi umidi e il suo glamour. Il suo primo sole e il primo mare, l’hockey professionistico americano l’aveva assaporato in California con le Stanley Cup degli LA Kings e Anaheim Ducks e con le Finali recenti di San Josè e Las Vegas. Ora è il turno del Sunshine State. 

Le origini dell’hockey in Florida

La Florida! Un luogo magico dove solitamente le passioni, comprese quelle sportive, viaggiano e cambiano come i venti tropicali di quelle parti e che invece oggi ama davvero le sue squadre di hockey. Fino agli anni 80 l’NHL da quelle parti si vedeva solo in tv, poi nel 1992 sono arrivati i Tampa Bay Lightning e l’anno successivo i Florida Panthers a Miami. Inizialmente sembrava solo la volontà della lega di coprire tutta la piantina degli States allargando il mercato per la gioia delle franchigie “vere” di avere qualche trasferta calde e piacevole senza che il risultato fosse in discussione. Di quei giorni restano racconti pittoreschi come quello che la pista d’allenamento dei Panthers distava 3 stop x pinte di birra dalla Miami Arena dove giocavano... 

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La rivalità fra Lightning e Panthers

Oggi le 2 franchigie sono una bellissima, serissima e competitiva realtà. I Bolts hanno portato a Tampa 3 Stanley Cup comprese le ultime 2 consecutive. I “gattoni del sud” una finale nella seconda parte degli anni 90 e al presente una squadra ricca di talento giovanile tra le favorite per tornare alla Finale per rigiocarsi il trofeo di Lord Stanley. Due squadre che non si amano molto e nell’hockey la rivalità è più sentita che in altri sport, due club diversi nei risultati e nella concezione

La svolta dei Panthers

Dopo non essere riusciti ad arrivare al successo con giocatori leggendari abbondantemente nella seconda parte della loro carriera come Jagr, Ciccarelli, Nieuwendyk e neanche con superstar rampanti (come Pavel Bure) che non hanno mai tramutato la classe in un trofeo, i Panthers hanno deciso di girare pagina. Di cambiare il percorso per arrivare al successo puntando sui giovani. A tutti i livelli. Dal draft scegliendo nell’ultimo decennio giocatori straordinari come Barkov (21 gol prima dell’All Star Weekend) Huberdeau (quest’anno alla pasa con 47 assist) Ekblad (10 gol) il portiere esordiente Spencer Knight (9 vittorie) fino al finlandese classe 2001 Anton Lundell (32 punti da rookie), ma hanno espresso la scelta sui giovani anche sviluppando i “Junior Panthers” un coraggioso progetto giovanissimi su un territorio senza grande tradizione hockeistica. 

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Da questo lavoro al Panthers IceDen a Coral Springs a nord di Ft.Lauderdale, dove si allena anche la prima squadra, hanno iniziato che erano bimbi di 5/6 anni giocatori che negli anni sono arrivati nella NHL. Da Jakob Chychrun 16^ scelta di Arizona ad Andrew Peeke (34° di Columbus) da Chase Priske (scelto dai Washington Capitals ed oggi proprio ai Panthers) a Brett Howden (27° scelta di Tampa Bay) o anche Riley Stillman (chiamato dai Panthers). 

Lightning: continuità, programmazione, fedeltà

 

Vero che anche 4 bimbi che hanno messo i pattini e preso la stecca a Tampa per la prima volta con un fulmine sul petto sono arrivati tra i professionisti, ma il lavoro fatto dei Lightning è stato diverso ed ha anche pagato di più. Una programmazione tecnica con una proprietà, un direttore tecnico ed un head coach che sono lì da tanti anni potendo impostare un lavoro. Jeffry Vinik, prodotto della severa Duke University che ha fatto una fortuna nell’ambito di mutui e fondi pensionistici ha acquistato il pacchetto azionario dei Lightning nella primavera 2010; Julien Brisebois dietro la scrivania manageriale dall’estate del 2010 ha scelto quello stesso anno Jon Cooper prima come head coach della squadra AHL di Tampa (Norfolk Admirals) e poi nel marzo di 3 anni dopo lo ha presentato come 8° Head Coach della storia della franchigia. Continuità, programmazione, fedeltà: un credo che si è materializzato in altre due Stanley Cup dopo quella sollevata nel 2004 e una tifoseria fedele e appassionata che non lascia mai una sedia vuota all’Amalie Arena bellissima casa dei Lightning che si specchia in pieno centro nel Riverwalk. Una passione in città che ricorda e supera quella dei sentimenti sportivi di college, molto inusuale tra i professionisti. 

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Dato più sorprendente forse che facendo quattro passi in città dal Riverside a downtown pur condividendo sportivamente la città con i Bucs di football campioni del Super Bowl lo scorso anno sembra non esserci paragone nel rapporto “di presenza”. I murales, i banners sui lampioni del centro, le immagini dipinte sui tram, i poster e le maglie appese negli Sports bar sono decisamente di più quelle blu e bianche col simbolo del fulmine. 

L’attaccante Steven Stamkos capitano da 471 gol per i Lightning, l’esperto difensore svedese Victor Hedman con quasi 1000 partite giocate in NHL con questa maglia e lo strabiliante portiere russo Andrei Vasilieskiy scelto da Tampa al primo giro con la chiamata 19 del Draft 2012 sono le immagini di questa franchigia e la garanzia migliore di essere tra i favoriti per vincere ancora la Stanley Cup. Sarebbe uno storico tris, il primo dal “poker” di trionfi dei Ny Islanders negli anni 80. 

Derby per la Stanley?

Questa volta però l’avversario più tosto potrebbero essere proprio i Panthers in una possibile finale di Conference. Nella passata stagione si sono affrontati al primo turno dei playoff, quest’anno, con Florida che ha ritrovato in porta un Bobrovsky al massimo livello, con le star Barkov, Huberdeau e Duclair, l’esperienza di Patrick Hornqvist davanti alla porta avversaria, i gol di Bennet e Reinhardt, gli emergenti Marchment, Forsling, Luostarinen e Lundell, la solidità dietro di Gudas e Weegar, il vecchio Joe Thornton che vuole vincere il suo primo anello e Verhaeghe che uno lo ha vinto proprio a Tampa, ma soprattutto con la classe difensiva di Eklblad (nei playoff dello scorso anno era infortunato) potrebbe essere tutta un’altra storia.