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#SkyBuffaRacconta
I Diavoli di Zonderwater

Una produzione
Sky Sport

Progetto digital di Sara Cometti con Valentina Campus   Art Director | Leopoldo Muti   Video Editors | Luca Longo, Massimo Tralci, Sergio Quadrello   Graphics | Andrea Gilardi, Ilaria Demichele.

Progetto digital di Sara Cometti con Valentina Campus   Art Director | Leopoldo Muti   Video Editors | Luca Longo, Massimo Tralci, Sergio Quadrello   Graphics | Andrea Gilardi, Ilaria Demichele.

Dal 4 maggio
su Sky Sport,
Sky Arte e Now
disponibile on demand
nella sezione
Sport e Calcio di Sky Q

"Un giorno faranno una guerra e nessuno vi parteciperà"

Carl Sandburg


#SkyBuffaRacconta


LA STORIA
#SkyBuffaRacconta I Diavoli di Zonderwater

Lontani da casa, dagli affetti. Ma anche lontani dalla battaglia. Soldati nel pieno della giovinezza. Un'intera generazione, il maggior numero di prigionieri di guerra italiani, quasi centomila, fra il 1941 e il 1947 si ritrovarono esiliati in Sudafrica, nel campo di Zonderwater, il più popoloso della Seconda Guerra Mondiale.

In un paesaggio lunare, arido e bersagliato dai fulmini, come sopravvivere alla fame, alle malattie, alla noia, alla nostalgia del proprio Paese?

La soluzione si deve al colonnello Hendrik Fredrik Prinsloo, un capo illuminato, che capì che a quei giovani uomini bisognava restituire una vita normale e scelse lo sport come alleato. Gare di scherma, atletica, ginnastica, incontri di boxe, un campionato di calcio con andata e ritorno e persino prigionieri-star, come Giovanni Vaglietti, ex Balon Boy del Toro, anima degli invincibili Diavoli Neri.

Federico Buffa racconta le vicende umane di quei giovani italiani rinchiusi in Sudafrica e privati di tutto, che nello sperduto campo di Zonderwater, grazie allo sport, ritrovarono la dignità.

«Ma quelli...
non sono mica i pali di una porta?
Quello è un pallone?
»

«Quello è un pallone!
L'uma fala!
»

«È fatta, siamo salvi!
Ce l'abbiamo fatta!
».

Dall’opera di Carlo Annese,
pubblicata da Mondadori Libri
per Sperling & Kupfer.

L'incontro di boxe tra Manca e Verdinelli


I PROTAGONISTI
#SkyBuffaRacconta I Diavoli di Zonderwater

I DIAVOLI DEL CALCIO

Giovanni Vaglietti | Nato a Settimo Torinese, aveva giocato per due anni nelle giovanili del Torino prima di diventare un soldato. Nel portafoglio conservava come una reliquia il suo tesserino da giocatore, sapeva che il calcio, in qualche modo, lo avrebbe salvato. Quando, sul treno che lo portava a Zonderwater, vide i pali delle porte e un pallone pensò: “Sono salvo!”. Capitano dei Diavoli Neri, fu il calciatore più forte e più amato del campo, una vera star. Dopo la guerra restò restò in Sudafrica, dove si sposò e si laureò a pieni voti come tecnico di radiologia. Continuò a giocare, fondò una squadra, l’Olympia, con la quale continuò a segnare i suoi gol-cannonata.
Morì nel 1995.

La tessera da calciatore di Giovanni Vaglietti.

La tessera da calciatore di Giovanni Vaglietti.

Araldo Caprili | Era di Livorno, amava ridere in compagnia e creare buone amicizie. Visse l’incubo dell’affondamento del Pola, sopravvivendo per ore in balia delle onde, circondato dai cadaveri dei compagni. La sua specialità era il pallone, infatti aveva un sogno, fare il calciatore. E dopo la prigionia, lo realizzò: giocò per due stagioni nella Juventus, accanto a Boniperti, Rava, Kincses e Parola, marcando gli attaccanti più forti della serie A, dal leggendario Mazzola al milanista Nordahl, segnando pure una rete in serie A, nel 1947, contro la Sampdoria. Morì nel 1982, a 62 anni, e sulla sua tomba volle il simbolo dell’Associazione Reduci di Zonderwater.

Araldo Caprili (al centro) con la maglia della Juventus di cui fu titolare tra il 1947 e il 1949.

Araldo Caprili (al centro) con la maglia della Juventus di cui fu titolare tra il 1947 e il 1949.

LA BOXE: MONARCHICI vs IRRIDUCIBILI

Giovanni Manca | Era un pugile romano. Aveva uno spirito da combattente, era un agonista puro con una sana aggressività che non sfociava mai in rabbia cieca. Al contrario, aveva sempre un’aria allegra, da spaccone gentile. Era generoso e positivo, il suo viso non sembrava quello di un pugile, anzi, somigliava a un attore allora sconosciuto: Vittorio Gassman. Monarchico, era il pupillo del colonnello Prinsloo, che non si perse mai un suo match. Disputò 50 combattimenti dopo la guerra e conquistò due titoli italiani dei pesi medi, fino ad arrivare a sfidare, nel 1948, Marcel Cerdan per il titolo europeo. Diventò poi autista della Rai e morì nel 1982 di SLA, aveva 63 anni.

Una fase del match tra Verdinelli e Manca.

Una fase del match tra Verdinelli e Manca.

Gino Verdinelli | Era stato l’eroe dei fascisti irriducibili. Pugile dal carattere schivo, soprannominato “la pantera di Velletri”, prima della guerra aveva sostenuto oltre cento combattimenti. Tra le sue vittorie più famose c’era quella contro l’ex campione italiano dei pesi welter, Michele “Kid” Palermo. Con Giovanni Manca formò la coppia di antagonisti per eccellenza di Zonderwater, i loro combattimenti incantarono migliaia di spettatori tra civili, soldati e prigionieri. Dopo la guerra continuò a combattere, il suo ultimo incontro gli fu fatale. Si svolse a Lisbona, nel 1948, contro il campione europeo dei welter, Robert Villemain. Morì 12 giorni dopo, per una commozione cerebrale, causata dai pugni subiti dal pugile francese.

Il programma della sfida del 12 aprile 1943 tra Verdinelli e Manca.

Il programma della sfida del 12 aprile 1943 tra Verdinelli e Manca.

UN MAESTRO NELLA SCHERMA

Ezio Triccoli | Per via dei suoi capelli rossi, rischiò di esser gettato in mare dalla nave perché scambiato per una spia tedesca da un marinaio inglese. A Zonderwater, imparò dal capitano La Manna a tirare di scherma, scoprendo di avere un prezioso talento. Istintivo e curioso, sperimentatore inesauribile ed eclettico, a Zonderwater aveva appreso che da qualsiasi gesto, anche il più banale, avrebbe potuto trarre nuove indicazioni su come impugnare l’arma o inventare una scherma nuova, tutta sua, fuori dai canoni.

A destra, impegnato in un incontro, Ezio Triccoli.

A destra, impegnato in un incontro, Ezio Triccoli.

A destra, impegnato in un incontro, Ezio Triccoli.

Ezio Triccoli (al centro) con fioretto e maschera.

Ezio Triccoli (al centro) con fioretto e maschera.

Quando a tre mesi dal suo rientro, avrà finalmente occasione di aprire una sua piccola palestra in un sottoscala di Jesi, si ricorderà di quanto appreso in Africa e memore degli insegnamenti psicologici di La Manna, sarà in grado di cogliere le potenzialità di ogni atleta, sviluppandole con il suo metodo, senza deviarle, anzi valorizzandole:

«Questo sport serve a farvi crescere come persone.
Liberi. Liberi di esprimervi e
conservare il vostro stile e la vostra personalità
».

Sua figlia Maria Cristina sarà la prima atleta donna a vincere un titolo italiano nel 1968. Poi, 23 medaglie olimpiche in 32 anni, più un numero incalcolabile di trionfi in qualsiasi altro genere di torneo.
Morì nel 1996, a 81 anni, ma fino a tre giorni prima era in palestra, con allievi di ogni età.
Stefano Cerioni, Giovanna Trillini, Valentina Vezzali, Elisa Di Francisca nella vita hanno imparato ad essere combattivi quasi ancora prima di imparare a parlare: questa la lezione che Triccoli imparò a Zonderwater e ha tramandato a loro.

La tessera da istruttore ad honorem di Ezio Triccoli.

La tessera da istruttore ad honorem di Ezio Triccoli.

Ezio Triccoli con la figlia Maria Cristina, campionessa italiana "Giovani" nel 1968, primo titolo femminile per il club di Jesi.

Ezio Triccoli con la figlia Maria Cristina, campionessa italiana "Giovani" nel 1968, primo titolo femminile per il club di Jesi.


L'ARTEFICE DEL MIRACOLO DI ZONDERWATER

Colonnello Hendrik Fredrik Prinsloo | Visse da ragazzo il dolore della prigionia. All’età di 12 anni fu rinchiuso nel campo di concentramento di Barberton, e quando divenne comandante di Zonderwater, fece di tutto per impedire ai prigionieri di soccombere alla loro condizione di esiliati: li tenne in allenamento fisicamente e psicologicamente, li trattò con umanità e solidarietà. Li salvò. Era un grande appassionato di sport e amava in particolare la boxe. Nel sistema da lui ideato lo sport aveva un ruolo fondamentale, non era solo gioco, ma soprattutto un inno alla vita. Alla sua morte, nel 1966, sei ex prigionieri italiani, tra cui Giovanni Vaglietti, portarono la sua bara fino al cimitero.

Il colonnello Fredrik Hendrik Prinsloo.

Il colonnello Fredrik Hendrik Prinsloo.

Giovanni Vaglietti il giorno del funerale del colonnello F. H. Prinsloo.

Giovanni Vaglietti il giorno del funerale del colonnello F. H. Prinsloo.

Più di un quarto dei prigionieri di Zonderwater
praticava sport.
Calcio, boxe e scherma, ma anche ginnastica, atletica leggera, pallacanestro, pallavolo, tennis, lotta libera e ciclismo.
Notizie e risultati dei saggi e delle gare
erano sempre pubblicati su:
"TRA I RETICOLATI"
il giornale del campo
in uscita ogni giovedì.

Dal giornale del campo: "Tra i reticolati" del 22/07/1943.

Dal giornale del campo: "Tra i reticolati" del 22/07/1943.



Sky Sport a Zonderwater

Sky Sport era stata a Zonderwater nel 2010,
durante i Mondiali di calcio in Sudafrica.
In quell'occasione, avevamo seguito
la delegazione Figc in visita al memoriale e, insieme all'ing. Emilio Coccia, presidente dell'Associazione Zonderwater Block ex Pow,
Veronica Baldaccini aveva guidato le nostre telecamere anche all'interno del museo che ospita molti dei documenti
con cui è stata ricostruita la storia narrata da Federico Buffa.

Riproponiamo qui quei momenti,
a testimonianza di ciò che resta
del più grande campo di prigionia in Africa.

2010. Delegazione Figc al campo di prigionia di Zonderwater - Servizio di Giuseppe Simone.

2010. Veronica Baldaccini intervista l'ing. Emilio Coccia,
presidente dell'Associazione Zonderwater Block ex Pow.

Molti prigionieri di Zonderwater non hanno ancora un nome e una storia. Diverse associazioni di ex prigionieri di guerra operano quotidianamente per ricostruire la memoria delle tante giovani vite che trascorsero alcuni anni della loro vita nei campi e di cui si hanno poche informazioni e notizie. A loro dobbiamo le tante testimonianze e le fotografie che documentano l'attività di Zonderwater tra il 1941 e il 1947. Per chi volesse contribuire, di seguito i contatti principali.

Zonderwater Block exPOW Association - Pagina Ufficiale.

Zonderwater Block exPOW Association - Pagina Ufficiale.

Associazione Zonderwater Block ex Pow.

Associazione Zonderwater Block ex Pow.


#SkyBuffaRacconta
I Diavoli di Zonderwater


Martedì 4 maggio
alle 19 e alle 00.30 su Sky Sport Uno
alle 20 su Sky Sport Football

In streaming su NOW

Mercoledì 5 maggio alle 20.10 su Sky Arte

Per i clienti Sky, grazie ad EXTRA
disponibile in anteprima on demand
da domenica 2 maggio


Making of di
#SkyBuffaRacconta
I Diavoli di Zonderwater

IL CAMPO

Degli avvenimenti narrati da Federico Buffa è molto ampia e documentata la testimonianza orale e scritta, esigua quella fotografica, quasi assente quella filmica.

I protagonisti del racconto sono costretti in prigionia in un luogo sperduto, arido e privo di risorse. Mossi dall'istinto di sopravvivenza e grazie alla lungimiranza del comandante del campo, col passare del tempo, quegli uomini riusciranno a riprodurre, a oltre 11.000 km da casa, un modello di vita sociale simile a quello da cui la guerra li aveva strappati.

In pochi anni Zonderwater, luogo semideserto che in boero significava: "senz'acqua", si trasforma in una città popolata da migliaia e migliaia di anime, dotata di servizi, teatri, scuole e ovviamente luoghi dove praticare lo sport.

Un’Italia lontana dall’Italia, un pezzo di memoria collettiva che, anche grazie a questo racconto, ancora oggi sopravvive.

Come rappresentare
televisivamente tutto questo?

L'idea realizzativa è stata quella di provare a riprodurre da zero la costruzione di un non luogo, qualcosa che non c’è, ma che via via prende forma, con lo scorrere del tempo e col lavoro meticoloso di sovrapposizione di dettagli, immagini e informazioni.
Di qui la scelta di realizzare un diorama che, partendo dalle poche fotografie esistenti, riproducesse alcune porzioni del campo di Zonderwater, da riprendere e far rivivere e rianimare in post produzione.

Panoramica del modello del campo.

Il modello del campo è stato realizzato tenendo conto di esigenze narrative (contenuti della narrazione), registiche (modalità di ripresa), produttive (trasporto, maneggevolezza, tempi di consegna e costi), di sicurezza (rispetto delle limitazioni previste e imposte dall'emergenza sanitaria). La scala di rappresentazione è 1:72. Distribuzione di tende ed edifici è puramente funzionale alle esigenze di produzione, e se pur verosimile, non rappresenta fedelmente le dimensioni e l'effettiva topografia del campo.

Immagine fotografica reale dei Diavoli schierati in campo.

Immagine fotografica reale dei Diavoli schierati in campo.

Trattamento grafico della ripresa del modello del campo su cui è stata sovrapposta l'immagine fotografica reale dei Diavoli schierati in campo.

Trattamento grafico della ripresa del modello del campo su cui è stata sovrapposta l'immagine fotografica reale dei Diavoli schierati in campo.

#SkyBuffaRacconta
Modello del campo di prigionia di Zonderwater


IL TEATRO

Impegnare corpo e mente
per non soccombere
alla condizione di esiliati.

Questo era l'obiettivo delle tante attività che era possibile svolgere a Zonderwater.
Quella che forse più di tutte comportò il maggior sforzo di creatività, spirito di adattamento e ingegno fu il teatro.
Nel campo furono allestiti ben 22 palcoscenici, sui quali si alternarono 27 compagnie teatrali. Col tempo i prigionieri italiani avevano imparato a recitare, cantare e danzare. Con ingegno e fantasia, riuscirono ad inventare magnifiche coreografie, per esempio per improvvisare scene tra marinaretti e finte pupe che scendevano da scaloni di cartapesta o che ballavano il cancan.
Realizzarono dal nulla scenografie grandiose e abiti elegantissimi, utilizzando materiali di recupero, riciclando e riadattando oggetti raccattati ovunque. In mancanza di donne autentiche, alcuni di loro pensarono di travestirsi, raggiungendo risultati incredibilmente realistici. Si truccavano col cerone ricavato dal midollo delle ossa bovine stemperato con la terra o impastato con la vaselina; in testa mettevano parrucche fatte con la canapa sfilacciata, lo scopino delle pannocchie del mais o le nappe delle tende delle finestre degli ufficiali.
Come per le grandi sfide di calcio, alcuni spettacoli andarono persino in tournée nei teatri degli altri Blocchi.
Ogni sera, a Zonderwater era possibile assistere a messe in scena o concerti. L'orchestra sinfonica aveva 86 elementi e una banda di 45 strumenti a fiato.
Ogni teatro aveva un’orchestrina per gli intervalli di drammi, operette e
commedie. Gli strumenti erano quelli scampati al fronte e alle “gabbie” dell'Egitto o del Kenya, i pianoforti erano stati donati dalla Croce Rossa e gli ottoni comprati dal Comitato di assistenza degli immigrati di Johannesburg.
E se non bastavano? Si costruivano dal nulla, usando ogni tipo di materiale e il solito impareggiabile genio italiano: Luigi Galiussi, un soldato che in tempo di pace faceva il falegname, fu noto per aver costruito 26 violini: per la cassa di risonanza e per la tastiera usò il legno delle panche installate davanti alle baracche, per le corde il crine della coda di un cavallo.

Quegli uomini che probabilmente mai avrebbero pensato di ritrovarsi a danzare, cantare e recitare davanti a un pubblico, superarono un'esperienza dura e drammatica come la prigionia anche grazie al teatro, dimostrando di avere molte più risorse a disposizione di quante avrebbero mai immaginato.


IL TRANSATLANTICO

Estratto da:
#SkyBuffaRacconta
I Diavoli di Zonderwater

Venerdì 4 settembre 1942*. Alba.
Il transatlantico Île de France
sta entrando nel porto di Durban. Stivati nella sua pancia 4.000 soldati italiani dell’esercito di Mussolini in attesa di sbarcare.
In Sudafrica nessun segno del conflitto in corso. I fronti di guerra sono lontani, irraggiungibili dagli aerei tedeschi e dai pochi velivoli ancora in attività. Per geografia è il luogo più adatto a contenere migliaia e migliaia di uomini. Quelli che la fine della guerra riconsegnerà al mondo come “POW”, Prisoner of War.

"
Sono anime in sospeso, alla resa, ma ancora in partita col destino.
In bilico, tra una vita precedente e una nuova che sarà.
La salvezza, per molti di loro, ignari,
sta per arrivare grazie allo sport
".

[Federico Buffa]

* Dagli Archivi Militari di Pretoria, grazie ad un'attenta verifica del cav. Emilio Coccia, risulta che nel 1942 l'Île de France lasciò Suez il 26 luglio 1942 con 1400 POW ed arrivò a Durban il 9 agosto 1942.   Forse fece un altro viaggio immediatamente dopo, ma solo il Diario di Bordo potrebbe chiarire.


Sul set di
#SkyBuffaRacconta
I Diavoli di Zonderwater

Il Conte Biancamano e le altre

di Valentina Campus

Cosa lega i quasi centomila prigionieri di guerra italiani esiliati a Zonderwater fra il 1941 e il 1947 e il transatlantico Conte Biancamano, la nave che fa da scenario alla narrazione di Federico Buffa?

La guerra,
come un uragano,
sconvolge le loro vite e
ne devia le rotte
verso destinazioni inaspettate.

PRIMA DELLA GUERRA | Il transatlantico Conte Biancamano viene inaugurato sulla linea Genova-Napoli-New York il 20 novembre 1925, nell'epoca gloriosa dei transatlantici che si contendevano il Nastro Azzurro per la traversata Atlantica più veloce.
Dopo 10 anni di servizio sulle rotte atlantiche, la nave, inizialmente concepita per una clientela sofisticata e per questo arredata con lusso e ogni tipo di comodità, fa il primo importante cambio di rotta della sua vita: il governo italiano la riserva al trasporto di truppe e civili in Africa Orientale.
La prima di questo genere di missioni è del febbraio del 1935. Ne seguiranno altre 11 prima che, nel 1937, il Biancamano torni al servizio civile.

Il Conte Biancamano prima della guerra.

Il Conte Biancamano prima della guerra.

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, la nave viene requisita dall'esercito statunitense e, con il nome di Hermitage, viene trasformata in nave da guerra, destinata al trasporto delle truppe, questa volta americane, su tutti i fronti del Pacifico e dell'Atlantico.
Diventata nave bellica, i suoi arredi lussuosi risultano superflui. Mobili e oggetti decorativi vengono smantellati e scaricati a Philadelphia, dove si perdono le loro tracce.

Transatlantico Conte Biancamano - "Scalo a Genova" (di Romolo Marcellini (1948 ca.) Video di Fondazione Ansaldo

DOPO LA GUERRA | Il Biancamano torna all'Italia alla fine del conflitto, quasi irriconoscibile e completamente trasformato. Quel colosso della navigazione di linea italiana, uno dei preferiti dalla clientela internazionale, è solo l'immagine sbiadita del prestigioso transatlantico di un tempo.
Per poter salpare di nuovo, richiederà un'imponente ristrutturazione, che vedrà coinvolti 1500 operai.
Dopo 14 mesi di lavoro, con una nuova veste, una prua inclinata in avanti, fumaioli aerodinamici e la livrea bianca, il 10 novembre del 1949 il Conte Biancamano compie il suo primo viaggio dal termine della Seconda Guerra Mondiale, da Genova a Buenos Aires, dopodiché continuerà a navigare sulle rotte atlantiche per altri dieci anni.

Il Conte Biancamano dopo la guerra.

Il Conte Biancamano dopo la guerra.

La sua ultima traversata sarà da Genova-New York, via Napoli, Barcellona, Lisbona, Halifax e ritorno. Il 16 agosto 1960, si fermerà a La Spezia, per essere demolito: un destino che toccherà a tutte le navi dell'imponente flotta di linea italiana, storicamente seconda, per importanza, solo a quella britannica.

Centinaia di migliaia di passeggeri

Migranti, famiglie, uomini d’affari
semplici viaggiatori
soldati, prigionieri e rifugiati

364 traversate di linea.

Il corso del Conte Biancamano dal 1925 è stato dunque lungo e multiforme, prima di arrivare, dopo circa 35 anni di servizio, a un’altra nuova vita, l’ultima, sulla terraferma, nel Padiglione Aeronavale del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia "Leonardo da Vinci" di Milano, dove si può ammirare ciò che resta, ovvero, il ponte di comando con le attrezzature, le strumentazioni e alcuni arredi. Circa 100 tonnellate di storia dell’unico gioiello superstite della gloriosa flotta di linea italiana.

Una nuova vita,
che la memoria custodirà
più a lungo di quanto avrebbe
mai potuto immaginare
chi l'aveva progettata,
costruita e
messa in mare,
e solo grazie al suo recupero
continueremo a ricordare.

L'equipaggio del Biancamano nel 1927/28.

L'equipaggio del Biancamano nel 1927/28.

L'Hermitage/Biancamano.

L'Hermitage/Biancamano.

Il ponte di comando del Biancamano (oggi).

Il ponte di comando del Biancamano (oggi).

Il ponte del Biancamano prima del restauro.

Il ponte del Biancamano prima del restauro.

Il ponte del Biancamano (1930).

Il ponte del Biancamano (1930).

Il salone del Biancamano.

Il salone del Biancamano.

Passeggere sul Biancamano (1928).

Passeggere sul Biancamano (1928).

Il Biancamano nel 1949.

Il Biancamano nel 1949.

Item 1 of 8

L'equipaggio del Biancamano nel 1927/28.

L'equipaggio del Biancamano nel 1927/28.

L'Hermitage/Biancamano.

L'Hermitage/Biancamano.

Il ponte di comando del Biancamano (oggi).

Il ponte di comando del Biancamano (oggi).

Il ponte del Biancamano prima del restauro.

Il ponte del Biancamano prima del restauro.

Il ponte del Biancamano (1930).

Il ponte del Biancamano (1930).

Il salone del Biancamano.

Il salone del Biancamano.

Passeggere sul Biancamano (1928).

Passeggere sul Biancamano (1928).

Il Biancamano nel 1949.

Il Biancamano nel 1949.

L'Ile de France

L'Ile de France.

L'Ile de France.

Varo dell'incrociatore Pola (1931).

Varo dell'incrociatore Pola (1931).

La "Cape Town Castle"

La "Cape Town Castle"

La S.S. "Chitral".

La S.S. "Chitral".


I TRANSATLANTICI DEI DIAVOLI DI ZONDERWATER

Fu su navi imponenti come il Biancamano che i POW (acronimo per "prisoner of war", prigionieri di guerra) raggiunsero il Sudafrica e a fine guerra poterono essere rimpatriati. Di seguito, ripercorriamo brevemente, le loro storie.

Il transatlantico Île de France, da cui il 4 settembre 1942 sbarcarono a Durban gli oltre 4000 prigionieri italiani destinati al campo di Zonderwater, era partito per il suo viaggio inaugurale il 22 giugno 1927, sulla rotta Havre-New York.
Navigò indisturbato per anni, fino allo scoppio della guerra nel settembre del '39, quando fu una delle poche fortunate navi a sfuggire ai sommergibili tedeschi, deviando la propria rotta verso Singapore . La nave fu consegnata allora agli alleati che in breve tempo la convertirono in un potente transatlantico armato per trasporto truppe e materiale bellico. Durante la guerra riuscì a trasportare 600.000 soldati in tutto il mondo prima tra India e Africa, poi in America e infine in Inghilterra.

Un destino impietoso toccò all'incrociatore Pola, che fu affondato in quello che viene descritto come uno dei peggiori disastri della storia della Marina Militare Italiana: la battaglia di Capo Matapan, in Grecia.
Nello scontro, che avvenne la notte del 28 marzo 1941, persero la vita 2.331 Italiani. 900 furono tratti in salvo e fatti prigionieri. Tra questi c'era anche Araldo Caprili, che lottò contro la morte per una notte intera. Il Pola, che era stato costruito a Livorno e varato nel 1931, portava impresso su una delle torrette armate il suo motto: "Ardisco ad ogni impresa".

La nave ospedale che il 4 ottobre 1945 avrebbe dovuto riportare in Italia da Durban Giovanni Vaglietti, uno dei Diavoli di Zonderwater, era stata la più grande nave progettata da un cantiere britannico dopo la Queen Mary. Varata nel cantiere di Belfast nel 1938, lo stesso da cui anni prima era uscito anche il Titanic, la Cape Town Castle inizialmente era adibita al trasporto passeggeri e al servizio postale verso il Sudafrica, ma la guerra l'aveva temporaneamente destinata a nuovo impiego.

Ezio fu trasferito da Zonderwater a Durban il 2 gennaio 1947, di lì fu imbarcato sulla motonave "CHITRAL". Dentro una valigia costruita coi barattoli vuoti di marmellata, portò con sé le spade, i fioretti e le maschere costruite con il metallo delle gavette, nel laboratorio artigiano del 3° Blocco.
La S.S. "Chitral" era una nave passeggeri a doppia elica. Fu varata il 27 gennaio 1927 e completata nel giugno 1925. Il suo viaggio inaugurale fu da Londra a Sydney. Il suo porto di base era Londra e aveva un equipaggio di 278 persone. Velocità di servizio: inizialmente 16 nodi, successivamente 17 nodi. Aveva tre ponti passeggeri: 203 di prima classe e 103 di seconda.

IL BIANCAMANO E LE ALTRE

Ecco come la Seconda guerra mondiale ha cambiato le destinazioni dei grandi transatlantici del secolo scorso, nella spiegazione di Marco Iezzi, curatore dell'area Trasporti del M.U.S.T.

Il Biancamano e le altre.

Il Biancamano e le altre.

Tra le innumerevoli, spesso incredibili, storie dei passeggeri che hanno viaggiato su questo transatlantico, ce n’è una in particolare che comincia nel 1957, sul Conte Biancamano, e finisce, 50 anni dopo, nel 2007, proprio al Museo. Una storia il cui ricordo è conservato nella pancia della nave, dove tutto ebbe inizio e curiosamente ha in qualche modo a che fare anche con Federico Buffa. La scopriamo insieme a Marco Iezzi, che ha raccolto personalmente l'importante e curiosa testimonianza.

Federico Buffa e il racconto dei biglietti originali ritrovati.

Federico Buffa e il racconto dei biglietti originali ritrovati.


In collaborazione con:

La sezione del transatlantico Biancamano rappresenta uno dei beni più affascinanti del Museo. Il ponte di Comando sezionato e rimontato nel 1961 si compone di tre livelli per un'altezza complessiva di 16 metri e comprende la plancia e controplancia, alcune cabine di prima classe, il Salone delle Feste completo dei suoi elementi decorativi tra cui il grande fregio dello scultore Marcello Mascherini che raffigura il mito di Giasone e il vello d’oro.

Il Conte Biancamano, considerato la prima vera città galleggiante nazionale, fu costruito nei cantieri navali inglesi W. Beardmore di Dalmuir per conto del Lloyd sabaudo. Varato il 23 aprile dalla marchesa De La Penne, moglie dell’amministratore delegato del Lloyd Sabaudo, effettuò il suo viaggio inaugurale sulla prestigiosa linea Genova-Napoli-New York il 20 novembre 1925.
Il Biancamano nasceva per ospitare una clientela abituata a tutti gli agi e alle raffinatezze della sua epoca, per questo lo studio e la progettazione degli interni furono affidati ad uno dei più celebri e apprezzati architetti italiani dell'epoca: Adolfo Coppedè. Gli arredi e le strutture interne rispondevano al gusto sfarzoso del tempo e rappresentavano una delle più tipiche realizzazioni nel campo dell'arredamento navale dei primi decenni del secolo.

Quando nel 1947 il Biancamano venne riallestito come nave passeggeri nei cantieri di Monfalcone, alcuni dei più noti ed importanti artisti, architetti e decoratori furono chiamati a collaborare. Le sale principali furono assegnate a dieci progettisti diversi, tra cui i pittori Massimo Campigli, Mario Sironi, e l’architetto Giò Ponti. L'eccezionalità di queste collaborazioni e il loro straordinario risultato contribuisce a rendere il Biancamano unico nel suo genere.

Tra il 1960 e il 1961 la nave venne demolita, ma il Museo riuscì ad acquisire il ponte di comando con le attrezzature, le strumentazioni e gli arredi, trasportati in più blocchi da La Spezia a Milano.
Nel 1961 al Museo iniziarono i lavori di smontaggio e rimontaggio nella sede del nuovo Padiglione del Museo (allora in fase di costruzione) che si conclusero nel 1964.

Accanto al Conte Biancamano, il Museo presenta il tema della navigazione attraverso altre icone della storia navale italiana come la Nave Scuola Ebe (1921), il Sottomarino Enrico Toti (1967) e il Maiale (Siluro a Lenta Corsa 1936).
Il Padiglione Aeronavale, appositamente progettato e costruito per accogliere la sezione  del Transatlantico Conte Biancamano e la nave Scuola Ebe, espone anche la prua della nave Stella Polare che racconta le prime spedizioni al Polo Nord, alcuni mezzi d'assalto utilizzati dalla Regia Marina Militare durante la Seconda Guerra Mondiale, una collezione di polene, oggetti, libri di argomento navale e la prua dell’Otago (nave comandata da Joseph Conrad), donati dall'editore Ugo Mursia.

CONTE BIANCAMANO E CONTE GRANDE SOTTO LA BANDIERA A STELLE E STRISCE

Un approfondimento sul passaggio del Conte Biancamano alla flotta statunitense, dopo l'ingresso dell’Italia nella Seconda guerra mondiale, tratto dal libro: scritto da Maurizio Eliseo e Paolo Piccione:
"Transatlantici. Storia delle grandi navi passeggeri italiane"

Il 10 giugno 1940 Conte Biancamano e Conte Grande erano i due maggiori transatlantici italiani a trovarsi in acque extraterritoriali.
Il Conte Biancamano era bloccato a Cristobal, quando il 21 marzo 1941 fu posto sotto sequestro dalle autorità americane: l’equipaggio aveva appena fatto in tempo a sabotare l’apparato motore, mettendo in moto le turbine dopo averle riempite di bulloni e altri pezzi di ferro. I danni si rivelarono ingenti e le autorità americane arrestarono il comandante e il direttore di macchina, trasferendoli in un carcere statunitense, mentre l’equipaggio fu internato. Pochi giorni dopo, la nave fu rimorchiata a Balboa per essere sottoposta alle lunghe e complesse riparazioni: i rotori delle turbine dovettero essere smontati e inviati negli U.S.A. per essere ripalettati. Il 7 giugno 1940, quando l’Italia era ormai pronta a entrare in guerra, il Conte Grande era ripartito da Santos per Montevideo in viaggio di linea regolare. Il giorno seguente ricevette l’ordine telegrafico dalle autorità diplomatiche italiane di far rientro a Santos. Il 22 gennaio 1942, per accordi intercorsi tra l’ambasciata italiana a Rio de Janeiro e il locale ministero per gli affari esteri, il Conte Grande fu noleggiato al “Lloyd Brazileiro”, in modo da togliere da quella costosa inoperosità durata quasi venti mesi la nave e impiegarla tra i porti del Sud America. Ma il successivo 10 marzo il Brasile, dopo che l’equipaggio italiano era sbarcato, girava a sorpresa il contratto di noleggio agli Stati Uniti e, il 28 agosto 1942, con la dichiarazione di guerra brasiliana alle nazioni del tripartito, la nave fu dichiarata preda bellica e venduta al governo americano per otto milioni di dollari. A quella data il Conte Grande era già giunto al Cramp Shipyard di Philadelphia per essere convertito in trasporto truppe; ad attenderlo c’era il Conte Biancamano, arrivato il 21 marzo per subire la stessa trasformazione.
I lavori furono ingenti e, oltre alla rimozione di tutti gli arredi e gli allestimenti, comportò anche diverse modifiche alle sovrastrutture, fra cui l’accorciamento dei fumaioli e l’allestimento di una torretta con il radar.
Il Conte Grande, ribattezzato U.S.S. Monticello (AP-62), fu il primo ad entrare in servizio sotto la bandiera a stelle e strisce il 2 novembre 1942 alla volta del Nord Africa, mentre il Conte Biancamano, ridenominato U.S.S. Hermitage (AP-54), lo seguì un mese più tardi con prima missione alla Hawaii. Capaci di trasportare dai sei ai settemila soldati, le due navi ebbero un ruolo determinante nella risoluzione del conflitto su molti fronti, principalmente quello del lontano oriente ma portarono anche truppe americane in Gran Bretagna alla vigilia dello sbarco in Normandia.

[Per ulteriori approfondimenti: www.italianliners.com/]

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