Obrigado Ayrton
Il Brasile sarà per sempre di Senna

Storia di un legame indissolubile


di Lucio Rizzica

Il grande stradone di fronte al Parque de Ibirapuera , nella megalopoli brasiliana di São Paulo, il più visitato dell’intera America Latina, è sovraffollato. E non c’è un centimetro di erba dei suoi 390 acri, fra l’avenida Pedro Álvares Cabral, l’avenida República do Líbano e la IV Centenário dove sia ancora possibile poggiare anche solo la punta di un piede.

Di fronte, il Palazzo 9 de Julho, sede dell’Assemblea Legislativa, appare minuscolo, nonostante la sua importanza, la sua imponenza.

Tutti gli occhi sono puntati sulla lunga coda di 250.000 anonimi cittadini che, in lacrime, attendono con disperata pazienza il proprio turno per poter partecipare alla veglia in onore del loro amico, figlio, fratello per quasi tutti sconosciuto ma per tutti amatissimo.

Il popolo di Ayrton Senna al funerale, il 5 maggio 1994

Il popolo di Ayrton Senna al funerale, il 5 maggio 1994

Il giorno dell’estremo saluto, in tre milioni si riversano nelle strade della città per un ultimo addio, un cenno, per gettare un fiore, recitare una preghiera, cantare un salmo, accompagnare il cammino solenne di un campione che per il Brasile intero è stato il celebrato come l’eroe della domenica mattina, tra la fine degli anni Ottanta e dell'inizio degli anni Novanta: Ayrton Senna, l'ultimo di una serie di campioni brasiliani di Formula 1, iniziata con i due titoli di Emerson Fittipaldi e proseguita con i tre titoli di Nelson Piquet. Ma come nessun altro adorato, venerato, rimpianto, indimenticabile. Per capire cosa abbia mai reso così profondo il sentimento popolare di un Paese (e non solo) per un pilota automobilistico bisogna però fare un passo indietro.

José Sarney con il presidente francese François Mitterrand nell'ottobre 1985

José Sarney con il presidente francese François Mitterrand nell'ottobre 1985

Bisogna tornare al Brasile di fine anni Ottanta e Novanta del passato millennio. Un Paese che stava uscendo da ventuno lunghi anni di dittatura militare, in pieno disfacimento sociale e finanziario, schiacciato da una iperinflazione che faceva cambiare valore a tutto in pochi minuti. Non era raro vedere il governo congelare i prezzi per cercare di contenere la crisi. Con il risultato di accrescere la disuguaglianza sociale e l’estrema povertà e -attraverso una totale mancanza di fiducia nella classe politica- dare addosso al disastroso governo di José Sarney nel suo faticoso tentativo di ritornare alla democrazia. Non andò meglio a Fernando Collor de Mello.

Il Brasile nel caos, la Seleção e l'avvento di Ayrton

Anzi, la confisca dei risparmi dei brasiliani da parte del ministro dell'Economia Zélia Cardoso de Mello e l'impeachment del Presidente alla fine del 1992, dopo diverse accuse di corruzione nel governo, e la sottrazione di 1 miliardo di dollari dalle casse pubbliche, avevano gettato il Paese nella prostrazione.

E nemmeno la tradizionale valvola di sfogo della Seleção esisteva più: i migliori andavano a giocare in Europa e la nazionale verdeoro dopo il successo del 1970 aveva  collezionato solo traumatiche sconfitte in Coppa del Mondo.

Questo era il contesto del Paese quando negli anni '80 apparve Ayrton Senna. Un giovanissimo brasiliano carismatico, dominante nel suo sport, orgoglio e riscatto dell’intero Paese nel mondo. Naturale che diventasse un idolo.

Mondiali 1990, a Torino il Brasile viene eliminato dall'Argentina agli ottavi (1-0, 81' Caniggia)

Mondiali 1990, a Torino il Brasile viene eliminato dall'Argentina agli ottavi (1-0, 81' Caniggia)

Per il Brasile, svegliarsi presto e seguire le gare di Formula 1 -una vecchia abitudine degli anni ’70, gli anni degli esordi di Emerson Fittipaldi e Carlos Pace- tornò un appuntamento imperdibile e, dalla fine degli anni '80 all'inizio degli anni '90, rafforzò il significato di Senna per un'intera generazione.

In quegli anni Senna era il Brasile che funzionava, che faceva urlare i tifosi dalle finestre durante i sorpassi visti in tv, che riuniva i primi come gli ultimi -nei circoli come nei bar-per ammirare le sue imprese. In quegli anni Senna era il collante sociale di tutti i brasiliani.

E questo contribuisce anche a spiegare tutto il clamore suscitato dalla sua tragica morte nel Gran Premio di San Marino del 1994 e la partecipazione oceanica al suo ultimo passo.

Ayrton è tutto per il Brasile

Ayrton Senna non è solo uno dei più grandi idoli della storia brasiliana. Non è solo il più grande eroe dello sport nazionale, non è solo un’icona dello sport di tutti i tempi e -forse- il più grande dolore collettivo che si ricordi.

Con la legge 14.559/2023, approvata dal vicepresidente e presidente ad interim Geraldo Alckmin, il tre volte campione del mondo di Formula 1 Ayrton Senna da Silva è stato dichiarato il ‘Patrono dello Sport brasiliano’ su proposta del deputato Filipe Barros, per “aver stabilito un nuovo livello di eccellenza nello sport. Implacabile nella sua ricerca di superare i propri limiti e responsabile di alcuni dei momenti più memorabili nella memoria dei tifosi brasiliani”. Al di là della sua innegabile freddezza in pista.

Ayrton Senna nel 1985 pilota della Lotus 97T: vinse in Portogallo il suo primo GP in F1. Era il 21 aprile

Ayrton Senna nel 1985 pilota della Lotus 97T: vinse in Portogallo il suo primo GP in F1. Era il 21 aprile

Oscurò la leggenda Pelé

L’apparizione di Senna come personalità sportiva del Paese, nel momento forse più buio del calcio brasiliano, ha oscurato il mito leggendario di Edson Arantes do Nascimento, Pelé, fino ad allra indiscutibilmente l’icona sportiva nazionale.

La morte di Ayrton è stato un grande shock per tutto il popolo brasiliano, mitigato a stento mesi dopo dal ritorno improvviso (la vita a volte scrive sceneggiature incredibili) del Brasile del pallone in vetta al mondo.

E proprio contro quell’Italia che, incolpevolmente, era stata il luogo maledetto che aveva strappato ai brasiliani il loro figlio prediletto.

Ultimo motivo dell’amore di un Paese intero per il suo eroe a quattro ruote, il fatto che Ayrton Senna si è sempre premurato di dichiarare a gran voce di essere brasiliano.

Il Brasile e Senna come un'unica entità

Brasile, marzo 1993, con la bandiera del suo amato Paese su una Safety Car

Brasile, marzo 1993, con la bandiera del suo amato Paese su una Safety Car

Un motivo importante, giacché ovunque si trovasse, il pilota menzionava sempre con orgoglio il suo Paese d'origine. Aveva sempre con sé una bandiera brasiliana, che spesso sventolava dopo una vittoria.

Ayrton sapeva bene che il suo Paese era vittima di troppe ingiustizie, di troppi pregiudizi e anche della propria scarsa autostima. Ma aveva un amore innegabile per la sua  patria. Sapeva di essere un simbolo positivo in anni in cui il Paese non aveva molto di cui vantarsi, aveva carisma, compassione e sensibilità. E dedizione.

Come quando nel 1991, con tre marce in meno, trascinò se stesso e la sua McLaren fino al traguardo, conquistando la vittoria che mancava davanti alla sua gente, sul circuito di casa, sollevando il trofeo tra la folla in delirio.

Quella volta Ayrton voleva fortemente dimostrare di poter ottenere ciò che voleva. Vincere finalmente in Brasile. E ci era riuscito. Aveva talento, Ayrton Senna. Ne aveva in abbondanza.

Nel 2012 la BBC lo ha eletto il più grande pilota di tutti i tempi. Ma aveva un animo nobile. Ed era rimasto se stesso anche da campione iper celebrato. Diceva che i ricchi non possono vivere su un’isola circondata da un oceano di povertà, perché respiriamo tutti la stessa aria e bisogna dare a tutti una possibilità.

Sapeva di avere dei rivali, sicuramente aveva dei nemici ma erano loro nemici suoi. Non lui nemico loro, perché la vita è troppo breve per avere dei nemici. E noi troppo piccoli per capire le ragioni di Dio. L’importante è credere, avere Fede e Pace, e lui le aveva.

Ayrton una volta disse che se un giorno mai Dio -nei suoi disegni- avesse deciso di non proteggerlo in un incidente, avrebbe preferito morire sul colpo per non soffrire in ospedale o su una sedia a rotelle. Voleva vivere intensamente perché era una persona intensa.

E' stato purtroppo esaudito ma è finita come avrebbe desiderato lui. Lui che ha insegnato al mondo ad amare e persino a vivere in diretta la morte. La sua.

Un grande spettacolo mediatico che è diventato oggetto di una ricerca scientifica sulle narrazioni della stampa e sul processo di costruzione di un idolo nazionale, caduto mentre "difendeva" la bandiera brasiliana. Il giorno dell’addìo, la marea di folla intorno a lui, ha dato la misura della sua grandezza.

La fede, la lotta alla povertà e alle disuguaglianze

Una grandezza al limite dell’idolatria. Per un uomo schivo nelle cose più care, che in privato era anche un filantropo. E che combatteva le disuguaglianze sociali e la povertà nel suo Paese non solo a parole. Tante le sue donazioni a favore dei più bisognosi.

Progetti che ancora gli sopravvivono dopo la morte.  Ayrton era un corinthiano, idolo pure di tifosi del calcio. Gli sono state dedicate strade, piazze, monumenti, autostrade e quel tunnel che passa proprio sotto al Le Parque de Ibirapuera..

Il Brasile ancora oggi si identifica in lui, nel suo essere uno come tanti, un uomo che ha esaltato il meglio dei brasiliani, ma ha anche commesso errori. E’ sepolto nel Cemitério Parque Morumby di São Paulo. Un prato, una lapide con su un passo della Bibbia.

C’è scritto “Nada pode me separar do amor de Deus”. Cioè nulla potrà separarlo dall’amore di Dio. Ma neppure da quello degli uomini.