Bahia Blanca, un puntino nel sud del mondo, rotondo come una palla a spicchi più che una da calcio. La città di nascita di Lautaro è infatti considerata la capitale del basket argentino. Ci sono 24 club cestistici in un posto di poco più di 300.000 abitanti, in più qui sono cresciuti grandi campioni. Uno su tutti, Manu Ginobili. Ma non solo. Nel quintetto della generacion dorada argentina che chiude in campo la partita dell’oro olimpico del 2004 infatti c’erano altri due bahiensi oltre a Ginobili: El Puma Montecchia e Pepe Sanchez, tutti cresciuti dalla Bahiense del Norte. Oggi la palomita decisiva di Ginobili è disegnata sulla cancha di Parque de Mayo, uno dei principali parchi della città. Di base insomma, chi nasce qui gioca a basket.

Anche Lautaro ha iniziato così. Casa sua infatti era accanto al campo del Villa Mitre, una delle più forti realtà locali e club nel quale attualmente gioca il fratello Jano. Poi però l’istinto è stato quello di seguire il papà, Mario “Pelusa” Martinez, ex calciatore, che ci ha aperto le porte di casa. Oggi in un quartiere residenziale di Bahia Blanca Lautaro e la sua famiglia vivono in case adiacenti. Quella del Toro è un museo di ricordi. Dalle scarpe del mondiale in Qatar al pezzo di rete tagliato nella finale di Doha contro la Francia. Una replica della coppa del mondo. Foto, scarpe e rigorosamente basket. Nel giardino di casa infatti c’è un canestro personalizzato dove Lautaro si diverte a tirare con i fratelli quando torna a Bahia.

Grazie al papà Lautaro iniziò il suo percorso calcistico nel Club Atletico Liniers, una delle squadre della città. Una polisportiva dilettantistica che conta quasi 1300 ragazzi e che oggi è il tempio di Lautaro, venerato come miglior giocatore mai prodotto dal club. Il centro sportivo è “La Casa del Campeon de America”, lo stadio “La Casa del Campeon del Mundo”, in giro murales del capitano dell’Inter e ragazzi che crescono nel suo mito.

Due ore più su, ad Avellaneda, quindici minuti dal centro di Buenos Aires, c’è la seconda casa di Lautaro, il Racing. La prima squadra a credere in lui, acquistandolo dal Liniers dopo che il suo scopritore Fabio Radaelli lo aveva visto per appena mezz’ora in un torneo giovanile. Al Racing Lautaro è diventato uomo grazie soprattutto alla formazione fatta a Casa Tita, il luogo dove i giovani talenti del club crescono, coordinati e aiutati ad ambientarsi da una psicologa di nome Cecilia Contarino, una sorta di mamma per tutti i giocatori che arrivano da fuori Buenos Aires e che vivono nel convitto situato a due passi dallo stadio. Lì i ragazzi mangiano, dormono, studiano, crescono protetti e coccolati, fortificati nelle difficoltà.

Difficoltà che ha ebbe anche Lautaro nel 2014, quando l’istinto di mollare tutto e tornare a casa fu forte. Proprio Cecilia, insieme ad alcuni compagni dell’epoca, gli fece cambiare idea. Oggi una delle stanze di Casa Tita, rigorosamente la numero 10, si chiama habitacion Lautaro Martinez, proprio affianco a quella di Diego Milito. In questa “pension” dalle regole ferree (ad esempio non non si entra con le scarpe da calcio) si dorme in camere da quattro con letti a castello, dove ai ragazzi però è concesso scrivere sulle doghe del letto superiore i loro nomi, le loro firme. La filosofia è quella di far lasciare un’impronta per chi verrà dopo, in modo che prima di chiudere gli occhi o al risveglio la mattina i ragazzi possano leggere i nomi di chi ha dormito in quei letti, motivandosi anche nei momenti difficili a inseguire il proprio sogno. Vi facciamo vedere in esclusiva il letto sul quale dormiva Lautaro Martinez nel 2015 durante il suo periodo a Casa Tita, pieno di scritte lasciate da un ragazzo che da lì è arrivato fino alla cima del mondo.

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Al Racing Lautaro Martinez è cresciuto non solo grazie alla formazione di Cecilia Contarino ma anche grazie a una stella interista che gli ha fatto da chioccia: Diego Milito. C’è un momento in particolare che tutti ricordano: è il 30/10/2015, quando un giovanissimo Lautaro Martinez con il numero 32 sulle spalle fa il suo esordio tra i professionisti entrando al posto della leggenda Diego Milito. Sembra un poetico passaggio di testimone che col passaggio all’Inter diventerà quasi premonitore. Per capirne il peso basta aggiungere una cosa: la via che porta al Cilindro di Avellaneda si chiama Calle Diego Alberto Milito…

E proprio Milito anni dopo sarebbe stato fondamentale, da direttore sportivo del Racing, nella trattativa per portare Lautaro all’Inter. Un vero e proprio blitz di Piero Ausilio che arrivò a Buenos Aires fuori tempo massimo quando l’argentino aveva praticamente già chiuso con l’Atletico Madrid. Ausilio aiutato dai buoni rapporti tra Zanetti e Milito piazzò il sorpasso. Quella sera però Lautaro, sotto gli occhi dell’ex ct Sampaoli e di Ausilio in tribuna, segnò una tripletta in un Racing-Huracan portando il suo club ad alzare il prezzo. Nelle ore successive si trovò un nuovo accordo, stavolta definitivo, all’Hilton di Puerto Madero.

Alla fine del viaggio alla scoperta di Lautaro, da Bahia Blanca ad Avellaneda, fino all’Inter e al titolo di campione del mondo conquistato con l’Argentina, quello che abbiamo capito è che ancora più del talento a fare la differenza per il Toro sono state le persone che ha incontrato. Più che i piedi è stato chi l’ha preso per mano. Un arcipelago di famiglie hanno riempito il vuoto lasciato dal mare che lo divideva da casa. La famiglia Casa Tita, la famiglia Inter, la famiglia Argentina. E sullo sfondo sempre la sua. Il vero segreto del Toro di Bahia Blanca. 

 

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