The Unbreakable


“The Unbreakable” è il format dedicato a sette atleti del Toyota Team che davanti alla telecamere raccontano il momento più difficile della loro carriera. Perché sono proprio le loro storie di vita vissuta che li hanno resi dei veri Unbreakable. Hanno superato sfide fisiche ed emotive incredibili e, come nell’arte giapponese del Kintsugi, hanno saputo riempire d’oro le proprie cicatrici. I loro nomi? Bebe Vio, Vanessa Ferrari, Gabriele Detti, Simona Quadarella, Andrea Pusateri, Ivan Federico e Ivan Zaytsev.

Ogni episodio indaga i momenti difficili che hanno segnato la vita del protagonista, dalla rottura alla riparazione, attraverso momenti di sofferenza, trasformati con determinazione, in motivo d'orgoglio.

Le sette monografiche saranno trasmesse su Sky Sport Uno a partire da lunedì 4 maggio alle 20.30. Gli altri episodi, tutti della durata di 13 minuti, andranno in onda martedì 5, lunedì 11 e martedì 12 maggio. Tutte le puntate saranno disponibili anche su Sky On Demand.


Bebe Vio

Il suo vero nome è Beatrice Maria Adelaide Marzia Vio, ma tutti la conoscono come Bebe Vio. Veneziana classe 1987, è una schermitrice olimpica. Anzi: è la campionessa paralimpica, mondiale ed europea di fioretto individuale in carica.

Ed è un piccolo vulcano, innamorato della vita e con lei di tante cose. La malattia, una meningite fulminante, la colpisce con violenza quando ha soli 11 anni: per 104 giorni rimane in ospedale, e ne esce senza gambe e senza braccia. Ma ne esce, a differenza del 97% delle persone che ne vengono colpite.

Nel 2014 si laurea campionessa europea di fioretto paralimpico (successo bissato nel 2018), nel 2016 vince la medaglia d’oro ai Giochi Paralimpici di Rio de Janeiro. Nel frattempo si diploma, e non smette di sognare.

“Non ho mai immaginato un futuro impossibile. Ho sempre immaginato un gran bel futuro, con i pezzi che ho”.

Vanessa Ferrari

Prima di lei, nessuna italiana ce l’aveva fatta: è stata Vanessa Ferrari la prima a vincere un Campionato mondiale. Era il 2006, ed era solo l’inizio. Un traguardo raggiunto, il trampolino d’una carriera straordinaria: prima ginnasta italiana a eseguire lo Tsukahara avvitato "Silivas", ha partecipato a tre Olimpiadi, vinto cinque medaglie mondiali, dieci medaglie europee e infiniti titoli nazionali.

Tanti successi, tanti infortuni, tante ripartenze. E, soprattutto, tanto dolore. Si è rotta il tendine d’Achille, ma corre veloce Vanessa: neppure 500 giorni senza gare l’hanno fermata. È tornata a gareggiare a Melbourne, e s’è portata a casa l’oro. Lei, la “farfalla di Orzinuovi”. Che, alle sue quarte Olimpiadi, vuole arrivarci determinata. Vincente. Per non dover lottare, un giorno, con i rimpianti.

“Se sei brava a sognare puoi far avverare qualsiasi cosa”.

Gabriele Detti

Livornese classe 1994, Gabriele Detti è un nuotatore italiano specializzato nello stile libero.

Sognava di volare, da bambino. Voleva diventare un astronauta. Ma nel suo destino c’era l’acqua. Il 22 giugno del 2003, la sua carriera avrebbe potuto finire ancor prima di cominciare: sull’isola di Capraia, una lastra di cemento è crollata sotto il suo peso. E lui è caduto, schiacciato tra gli scogli. Si è rotto tibia e perone, e ci ha messo sei gessi e sei mesi per tornare a camminare.

Ma non si è arreso. È diventato campione mondiale degli 800 metri stile libero, ha vinto la medaglia di bronzo nei 400 metri stile libero e nei 1500 metri stile libero a Rio de Janeiro. E, ai Mondiali di Gwangju del 2019, ha battuto il record italiano nei 400sl. Un record che già gli apparteneva.

“Bisogna toccare il fondo e rialzarsi, per poter tornare su: ne vale sempre la pena”.

Simona Quadarella

Romana classe 1998, Simona Quadarella inizia a nuotare grazie al papà. Un appassionato di barche, che la porta in piscina quando ha soli pochi mesi. Medaglia d'oro nei 400, negli 800 e nei 1500 metri stile libero agli Europei di Glasgow 2018, nel 2019 ai Campionati mondiali di Gwangju ottiene il primo posto e segna il record italiano nei 1500.

Da anni lavora duro, con tenacia, determinazione e concentrazione. E con un obiettivo sempre nuovo nella mente. Ma, spesso, si è sentita imperfetta. Fuori posto. Non abbastanza. Come una pianta, che i fiori non li può avere tutto l’anno. Ma lei, nata con un’infezione renale e con difficoltà nella crescita, è sempre stata una macchina da guerra. In cerca di vittorie e di leggerezza. Disegnata da cicatrici che l’hanno segnata nel profondo.

“Tocco il fondo solo per riprendere la spinta, e per prendere fiato per le ultime bracciate”.

Andrea Pusateri

La disabilità, Andrea Pusateri non l’ha mai sentita. Non l’ha mai vissuta. Per lui fare ciclismo è una cosa normalissima, per cui lotta ogni giorno. Come fanno tutti. Paraciclista italiano classe 1993, ha vinto dieci medaglie d’oro ai campionati italiani di paraciclismo.

Quando aveva soli tre anni e mezzo, è scappato dalle mani della mamma in stazione. Ed è finito sotto al treno. Per salvarlo sua madre ha dato la vita, e lui ha perso entrambe le gambe: la sinistra gli è stata riattaccata, la destra mai. Ma questo non l’ha fermato. Lo zio gli ha insegnato ad andare in bicicletta, a fare pazzie in mountain-bike, il suo migliore amico l’ha spinto a cercare una squadra. Ha iniziato così a gareggiare, vincendo gare su gare, medaglie su medaglie. Nel 2015 è caduto, ha picchiato la testa ed è finito in coma. Ma, guarito, sulla sua bicicletta è tornato. Perché per lui la sfida è tutto.

“Non ho intenzione di fermarmi: nessuno si fermerebbe mai a metà gara”.

Ivan Federico

Viene da Caluso (Torino) e ha vent’anni, Ivan Federico.

Campione di skateboard, è il primo italiano a conquistare la medaglia d’oro agli X Games. Sulla tavola ci sale a quattro anni, a sette inizia a gareggiare. A 18 anni è il dodicesimo skater più forte del mondo, e si fa notare ovunque: dal Vans Park Series di Vancouver all’Australian Bowl vince medaglie su medaglie.

Ma non senza farsi male. La spalla, lo scafoide, l’ulna e il radio, i legamenti del polso e della caviglia, il menisco, la rotula, il gomito, le costole: è caduto centinaia di volte, Ivan, rompendosi un osso dopo l’altro. E salendo, subito dopo, sulla sua tavola. Di nuovo. Con la voglia di gareggiare a quelle Olimpiadi di Tokyo che vedranno il debutto dello skateboarding come disciplina olimpica.

“Cadere è il primo passo per rialzarsi più determinati di prima”.

Ivan Zaytsev

Quando inizia a giocare a pallavolo, Ivan Zaytsev è solo un bambino. Il padre è un ex campione, e lui ha il destino segnato.

Nel 2001 entra nel settore giovanile del Perugia Volley, ma non è contento: ha voglia di ribellarsi a quella vita fatta di precisione, di conformismo e di confronti. Il padre lo vuole palleggiatore, lui sogna di diventare uno schiacciatore. E sceglie di inseguirlo, quel sogno. Decidendo per se stesso.

Nel 2008 entra nella Nazionale e vince l'oro ai XVI Giochi del Mediterraneo. E poi l’argento agli Europei del 2011, il bronzo ai Giochi della XXX Olimpiade di Londra. Nel 2015 è secondo alla Coppa del Mondo, e poi anche all’Olimpiade di Rio de Janeiro. La guida da capitano, quella Nazionale. Col suo spirito combattente, con una libertà finalmente raggiunta.

“Ho sempre lottato per far vedere al mondo chi sono realmente”.



L'arte del Kintsugi

In giapponese, kintsugi significa “riparare con l’oro”. Ed è proprio ciò che gli artisti kintsugi fanno: prendono un oggetto rotto e, utilizzando l’oro, ne riparano le crepe.

La sua è una storia che sa di leggenda: Ashikaga Yoshimasa, ottavo shogun dello shogunato Ashikaga, ruppe la sua tazza da tè preferita. Ma non si arrese. La sua insistenza nel volerla riavere spinse alcuni artigiani a trasformarla in gioiello, riempiendone le crepe con lacca e polvere d’oro.

Utilizzata come simbolo di resilienza, la tecnica del kintsugi consiste proprio nell’inserire nelle fratture di un oggetto (in genere vasellame) oro o argento liquido, oppure lacca con polvere d’oro: il metallo prezioso unisce i pezzi rotti. E le cicatrici diventano arte.

Perché è proprio dall’imperfezione, che nasce la bellezza. La bellezza dell’unicità. Grazie al kintsugi, un semplice oggetto diventa un’opera d’arte: le crepe sono imprevedibili, irripetibili, e somigliano a delle ferite.

Ma è proprio da lì, che bisogna ripartire.