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Lancia, la leggenda del rally che conquistò il mondo

Motori

Lucio Rizzica

Quando si parla di rally non si può pensare a chi ha scritto la storia di questo sport: la Lancia. Il brand torinese ha conquistato un consistente numero di titoli iridati diventando un punto di riferimento nel mondo delle quattro ruote

LANCIA, LO SPECIALE SU SKY

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Se c’è una macchina, un marchio, una Casa automobilistica che può definirsi -senza alcun timore di smentita- un’autentica leggenda nel meraviglioso mondo dei rally, è senza dubbio la Lancia. Il brand torinese non ha solo collezionato un più che consistente numero di titoli iridati (5 piloti e 10 costruttori), ma per anni ha di fatto incarnato una profonda suggestione a cavallo tra l’epica e il mito, fra l’impresa straordinaria e la narrazione storica di risultati sportivi dal valore altamente simbolico e ricco di significati, che ancora oggi riecheggiano lungo le strade polverose e insidiose da troppo tempo orfane della sua presenza. La Lancia ha scritto pagine memorabili dell’automobilismo, sin dai primi risultati conseguiti negli anni Venti e ottenuti da insospettabili e audaci piloti privati, spinti da una grande passione, come la belga Madame Mertens seconda classificata a Monte Carlo alla 'Coupe des Dames' del 1925 su una Lancia Lambda 2 con licenza '5829-GB', poi in tempi più moderni, negli anni '50, quando una Aurelia B10 guidata da Luigi Villoresi passò per prima sul traguardo del Rally del Sestriere 1951 e in Austria trionfò Rudolf Smoliner su una Appia. Solo antipasti della grande abbuffata seguìta poi negli anni successivi nella classe GT.

Un laboratorio del futuro

Ma l’appetito vien mangiando, si suole dire. Quella che nel 1951 era la Scuderia Lancia di Gianni Lancia, figlio di Vincenzo, fondatore del marchio, si trasforma in Squadra Corse HF Lancia, in cui 'HF' sta per 'High Fidelity' che -con poche risorse e uomini geniali- fa di un angolo del capannone aziendale un vero e proprio laboratorio del futuro, nel quale negli anni a venire nasceranno le prime Fulvia Coupé elaborate dall’ing. Ettore Zaccone Mina, entrato in azienda nel 1936 come progettista di motori, papà insieme a Francesco De Virgilio del V6 dell’Aurelia e poi dei motori sportivi della serie D fino al V8 della D50. La vocazione sportiva della Lancia piegò ogni resistenza interna, anche quella dell’ing. Antonio Fessia, Direttore Centrale Tecnico dal 1955 dopo una carriera spesa trionfalmente tra Fiat, Ducati, CEMSA-Caproni, Pirelli e NSU. Furono le stagioni di Cesare Fiorio e della sua équipe, che su solide basi (la Fulvia 2C e la Flavia Sport Zagato), dal 1963 in avanti misero in strada auto leggendarie. A cominciare dalla Fulvia Coupé con motore 1.2 da 105 CV, ma ancora troppo debole per poter competere con le rivali. Ancora tre anni di duro lavoro, quindi iniziò l’era della 1.3. HF, poi arrivò la Stratos (con design Bertone-Gandini), infine la 037, ultima auto a trazione posteriore a vincere un mondiale rally.

Un decennio di vittorie

A cavallo fra il 1972 e il 1988 Fiorio, come D.S. Lancia-Fiat portò la Lancia a 10 titoli iridati (sette col marchio Lancia e tre con il marchio Fiat Lancia) e 5 -come detto- successi fra i piloti: Sandro Munari (Lancia, 1977), poi Markku Alén (1978), Walter Rohrl (1980), Juha Kankkunen (1987), Miki Biasion (1988), gli ultimi quattro con brand Fiat Lancia. Ma ha ottenuto anche tre titoli marche con Lancia nel mondiale endurance negli anni 1979, 1981, 1982. La Lancia tentò la strada anche della F1, ma disputò poche gare nel 1954 e nel 1955, con la Tipo D50 progettata da Vittorio Jano. Rinunciò presto, nel 1955, dopo la morte di Alberto Ascari e la chiusura del reparto corse voluta dalla famiglia Pesenti, subentrata a Gianni Lancia. In F1 il patrimonio tecnico della casa fu donato alla Scuderia Ferrari e Jano passò a Maranello. Un anno dopo una Lancia-Ferrari D50 guidata da Juan Manuel Fangio vinse il titolo mondiale. Ma Lancia rimane soprattutto il costruttore di maggior appeal e successo nel mondo del rally. E rimane soprattutto una grande storia italiana.