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NBA, Klay Thompson: “Vogliamo essere come i Chicago Bulls degli anni '90"

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"Noi abbiamo vinto due titoli in tre anni, loro sei in otto: abbiamo ancora tanta strada da fare, ma possiamo provarci", dice la guardia All-Star degli Warriors. Che poi confessa: "Sogno di poter sfidare Michael Jordan uno-contro-uno: ma purtroppo la macchina del tempo non esiste"

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La trasferta degli Warriors in Cina, per due partite amichevoli contro i Timberwolves (la seconda in diretta oggi alle 13 su Sky Sport 3), è stata l’ultima occasione per i Golden State Warriors di realizzare l’impatto globale della loro fama, dopo i due titoli NBA e le tre finali consecutive conquistate. Una popolarità che ha riportato alla mente quella dei Chicago Bulls di Michael Jordan (ma anche Scottie Pippen e Dennis Rodman, non dimentichiamolo) – “famosi come i Beatles”, si diceva al tempo – e proprio la guardia All-Star degli Warriors Klay Thompson ha colto l’occasione al volo per un interessante parallelo tra la sua squadra e quei Bulls degli anni ’90. “Beh, hanno vinto sei titoli in otto anni, no?”, la sua domanda, sicuramente retorica. “Siamo a un terzo di quell’impresa. Ci siamo vicini, ma allo stesso tempo abbiamo ancora parecchia strada da percorrere: essere paragonati a quella squadra è sicuramente un onore, è successo soprattutto due anni fa, quando abbiamo inseguito il record delle 73 vittorie stagionali [battendo lo storico 72-10 proprio dei Bulls della stagione 1995-96, ndr]. È stato bello, non possiamo dire di essere ancora a livello di quella squadra ma agli occhi dei tifosi NBA di oggi vogliamo essere per gli anni Duemila quello che i Bulls sono stati negli anni ‘90”. La guardia degli Warriors poi confessa un sogno irrealizzabile che ha a che vedere proprio con il giocatore simbolo di quella squadra leggendaria: "Mi piacerebbe da morire poter affrontare Michael Jordan, sfidarlo in campo. Non potrò mai farlo, la macchina del tempo non esiste, ma sarebbe un duello speciale da vedere". In più di un particolare però, sostiene Thompson, i suoi Warriors somigliano proprio alla squadra di MJ: “Ogni trasferta di quei Bulls era un tutto esaurito, il biglietto dell’anno. Oggi lo stesso succede con noi, non ci capita quasi mai di giocare davanti a un’arena che non sia esaurita, e la nostra partita è quasi sempre quella a cui tutti guardano con più attenzione. È un privilegio che non dobbiamo dare per scontato, è un onore. L’attenzione che ci circonda è sicuramente a quei livelli”. 

Coach Kerr prova a gettare acqua sul fuoco

Chi conosce bene quei Bulls, per averci giocato, è ovviamente l’allenatore di Golden State, Steve Kerr, che chiamato in causa prova a togliere un po’ il peso delle aspettative che le parole di Thompson potrebbero portare sulle spalle dei suoi: “Non possiamo pareggiare quello che hanno fatto quei Bulls”, dice Kerr. “Hanno vinto sei titoli in otto anni e noi siamo solo a due negli ultimi tre, per cui dobbiamo continuare a vincere, e ovviamente ci piacerebbe farlo. Abbiamo la chance di competere per il titolo quest’anno e forse anche i prossimi ma dobbiamo continuare a lavorare duro e dobbiamo essere fortunati, restando lontani dagli infortuni. Faremo del nostro meglio, ma la cosa più importante è che i ragazzi si godano questa meravigliosa avventura”. Un approccio che gli Warriors hanno sempre fatto loro, cercando di non sacrificare mai – agli obiettivi e alla pressione che comporta inseguirli – la parola divertimento, ma sempre consapevoli comunque della loro forza. “Pensiamo che dipenda da noi”, le parole di Steph Curry. “Non dobbiamo montarci la testa, non dobbiamo sottovalutare gli avversari, che si sono tutti rinforzati, ma allo stesso tempo sappiamo di poter controllare il nostro futuro. È una sfida, perché non importa quanto bene hai giocato un anno e il fatto di aver vinto: ogni stagione è diversa, si riparte sempre da capo, niente ci è dovuto e dobbiamo riconquistare ogni obiettivo con la stessa ferocia”. Proprio come facevano i Bulls di Michael Jordan.