Philadelphia ha scelto di puntare su Tobias Harris, perdendo per strada due pezzi importanti come Butler e Redick, prontamente sostituiti con giocatori che cambiano la fisionomia del quintetto Sixers. E costringono la squadra della Pennsylvania all’ennesima ripartenza
A Philadelphia l’ossessione per quei quattro dannati rimbalzi del pallone sul ferro non è ancora passata. Gara-7, semifinale di conference a Toronto, Kawhi Leonard allo scadere dell’ennesima sfida in assoluto equilibrio di una serie che avrebbe meritato l’introduzione del pareggio nella pallacanestro, trova il fondo della retina con uno dei buzzer-beater più rocamboleschi e clamorosi della storia dei playoff NBA. I Sixers sono fuori dalla post-season, costretti ad accontentarsi del titolo consolatorio di franchigia andata più vicina a essere in grado di eliminare i futuri campioni NBA. Un gruppo che ha funzionato dunque, nonostante il risultato conclusivo della stagione sia stato speculare a quello di 12 mesi prima. Quando Tobias Harris e Jimmy Butler giocavano da un’altra parte. Un mese e mezzo dopo quindi era lecito domandarsi cosa fare con entrambi: investire su di loro, puntare su rinnovi per tutti (ogni riferimento a JJ Redick non è puramente casuale), oppure cambiare ancora una volta assetto attorno a Embiid e Simmons cercando nuovi profili? Che sia stata una scelta voluta o subita, questa free agency ha nuovamente cambiato il volto della squadra della Pennsylvania, che si è tenuta stretta Harris – passato all’incasso raccogliendo un quinquennale da 180 milioni – ma perso Butler che ai playoff era stato di gran lunga il giocatore più produttivo. Il passaggio agli Heat però non ha colto di sorpresa i Sixers, ma favorito l’arrivo di Josh Richardson – il profilo ideale per diventare la chiave da sfruttare per compensare in parte l’apporto dell’ex T-Wolves e il contributo dall’arco di Redick, che nel frattempo ha preso la strada di New Orleans. Richardson è un ottimo difensore perimetrale e al tempo stesso un tiratore solido dall’arco. Il suo 36% dalla lunga distanza è discreto, ma al fianco di Ben Simmons può diventare molto più consistente. A Miami infatti Richardson ha preso spesso conclusioni dal palleggio; la tipologia meno pregiata per lui (28% di conversione in quella situazione), diventando all’occorrenza generatore d’attacco in una squadra senza guida sul parquet. A Philadelphia invece il suo ruolo sarà quello di tiratore sugli scarichi: in catch-and-shoot la sua percentuale sale al 38%, fino ad arrivare al 42.8% nelle situazioni non contestate. Un’arma da sfruttare al fianco di Simmons, che la scorsa stagione ha assistito ben 782 tentativi dall’arco: quei passaggi adesso avranno un giocatore in più pronto a riceverli.
Al Horford e un quintetto migliorato non solo in difesa
I mancati rinnovi però hanno liberato spazio per un colpo arrivato pochi minuti dopo il passaggio di Butler in Florida: l’arrivo sotto canestro di Al Horford, un giocatore dalle tante piccole cose, indispensabile ai Celtics e pronto a prendersi il suo spazio anche a Philadelphia. Il primo dubbio sorge spontaneo: Horford nell’ultima stagione ha giocato il 92% dei possessi da centro, mentre ai Sixers dovrà dividere il parquet con Joel Embiid. Funzionerà in una Lega che tende sempre più a ridurre la stazza dei quintetti? Sì, considerando la duttilità dimostrata da Horford nel gioco sul perimetro – sia come trattatore di palla che come tiratore – senza dimenticare la mobilità difensiva che all’occorrenza gli ha permesso di contenere avversari ben più atletici di lui. Il n°42 di Boston è stato (dopo Leonard) il difensore migliore su Antetokounmpo ai playoff ad esempio, è risultato più efficace di Embiid in regular season in copertura sui pick&roll (un centesimo di punto concesso in meno), in attacco si è spesso dimostrato un ottimo trattatore di palla e abile a generare conclusioni per i compagni. Non è tutto oro quel che luccica, anche perché a Philadelphia la necessità è quella di aprire l’area e Horford ha grande efficacia nelle conclusioni al ferro, ma il peso principale della scelta dei Sixers è relativo al fatto che Embiid spesso è costretto a restare fuori causa infortunio e a Philadelphia negli ultimi due anni non hanno mai avuto un sostituto di livello. Adesso invece sotto canestro ci sarà sempre almeno un centro di grande resa, non solo in difesa. Una squadra che cambia approccio, che cerca nuova armi dal perimetro provando a migliorare la resa a protezione del ferro (soltanto 14^ la difesa dei Sixers in tutta la NBA la scorsa stagione), ma che resta saldamente affidata nelle mani di Embiid e Simmons – fresco di estensione da 170 milioni a partire dal 2020-21. Il futuro (a Philadelphia sperano vincente) continua a essere dei due talenti.