La decisione di tenere Marquese Chriss e lasciare andare Alfonzo McKinnie è soltanto l’ultimo tassello di un complicato puzzle composto in questi mesi in casa Warriors: lo spazio salariale è ridotto e tra infortuni e posti vuoti bisognerà trovare il modo di essere competitivi
In questa sessione di mercato, Golden State è stata costretta a mettere il cuore da parte. A dettare l’agenda, la linea e le priorità nella costruzione del roster sono stati i freddi numeri e un salary cap diventato di complicata gestione dopo il rinnovo di Klay Thompson e l’arrivo in squadra di D’Angelo Russell. La partenza di Kevin Durant e gli infortuni vari infatti hanno costretto gli Warriors a cambiare rotta, a rivedere priorità e linee guida. Le Finals 2019 contro Toronto hanno messo in mostra quanto fosse usurato il roster a disposizione di Steve Kerr, la decisione di KD ha poi fatto il resto. A quel punto era naturale rivoluzionare la squadra, portando dentro rookie e più in generale forze fresche per allungare una rotazione priva di Thompson almeno fino a febbraio. I vari Livingston, Iguodala, Bogut e per ultimo McKinnie hanno dovuto fare le valigie, lasciare per ragioni e in modi diversi una squadra apparsa irriconoscente nei loro confronti. Nulla di premeditato, anzi, ma il salary cap non lascia scampo. Le emozioni restano da parte, l’obiettivo è soltanto quello di restare sotto i 138.93 milioni di dollari e non superare l’hard cap - la linea di demarcazione limite, oltre la quale le penalità, le tasse da pagare e il margine di manovra diventano impossibili da gestire. Golden State è 400mila dollari al di sotto della soglia e dovrà continuare a fare delicate opere di equilibrismo per tutto il resto della stagione.
Le parole di Steve Kerr: “Colpa degli infortuni… e dell’hard cap”
Aver scelto di inserire Marquese Chriss al posto di Alfonzo McKinnie è soltanto l’ultima delle decisioni che vanno in questa direzione. La conferma dell’ex giocatore di Suns e Rockets porta a nove il numero totale di nuovi giocatori in casa Warriors (su 14 totali), otto quelli al di sotto dei 23 anni di età. “È stato la sorpresa del nostro camp - sottolinea Kerr - è il giocatore di cui abbiamo bisogno”, le parole spese nei confronti di Chriss negli ultimi giorni. Anche un modo per far capire a McKinnie quale sarebbe stato il suo destino: “Il nostro piano è quello di tagliare McKinnie nelle prossime ore - spiega sempre l’allenatore di Golden State, al termine dell’ultima partita di preseason - ne abbiamo già parlato con lui. È una scelta complicata, molto difficile da fare perché abbiamo enorme rispetto e stima per ‘Zo - non solo per il suo talento sul campo, ma anche per il suo approccio e modo di essere fuori dal parquet. È un professionista vero, uno di quelli che vuoi sempre in squadra, anche perché è uno che merita di stare in NBA. Ci ha aiutato a vincere un sacco di partite lo scorso anno, ad arrivare alle Finals. In spogliatoio non puoi chiedere di meglio, come compagno e come lavoratore. Uno spessore umano superiore rispetto alla media. Il suo taglio non è una scelta voluta, ma soltanto la conseguenza di infortuni che hanno lasciato scoperta la posizione di centro. Questo, unito ai problemi di hard cap che ci costringono a non allargare il roster, ha portato a questa decisione dolorosa. Ci serve Marquese e fino all’ultimo abbiamo cercato un modo per tenerli entrambi, ma aritmeticamente non era possibile riuscirci”. I conti altrimenti non sarebbero tornati.
La complicata situazione salariale in casa Warriors
In fondo, con il crescere delle quotazioni di Chriss (osannato dallo staff tecnico e anche dai compagni), tutti sapevano che il sacrificato sarebbe stato McKinnie. Il 27enne di Chicago era l’unico ad avere un contratto non garantito: tagliare lui vuol dire non avere alcun impatto sul salary cap, non aggiungere neanche un centesimo a una situazione al limite come quella degli Warriors. Golden State si ritrova così ad avere 14 giocatori in squadra e non 15: l’aggiunta di un contratto da veterano peserebbe per 1.6 milioni di dollari (come minimo) sul cap, andando ben oltre i 400mila a disposizione. In questa ottica Eric Paschall e Alen Smailagic acquistano un valore cruciale per Golden State: le proprie scelte al secondo giro aggiungono soltanto 898.310 dollari. Equilibrismi, ma a livello numerico vuol dire prendere due giocatori al posto di uno e fa tutta la differenza del mondo. Una rotazione che dunque resterà ridotta nei prossimi mesi, alla quale mancherà di certo Thompson senza poter aggiungere un 15° uomo fino al 3 marzo. Non una data casuale, ma il risultato di un calcolo ben preciso: la regular season NBA dura 177 giorni e lo stipendio viene distribuito in porzioni uguali giorno per giorno. Nel caso di un contratto da veterano, sono 9.156 dollari ogni 24 ore. Dal 3 marzo quindi la somma complessiva da spendere per tenere in squadra un giocatore è di 402.852 dollari - 4.000 in meno di quelli a disposizione degli Warriors. Fino a quel giorno però bisognerà stringere i denti e sperare che gli infortuni diano tregua a vice-campioni NBA.