In Evidenza
Tutte le sezioni
Altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

Buffon: "Per due volte vicino alla Roma, rimasi alla Juve per Conte e Pirlo"

A LA REPUBBLICA

Il campione del mondo si è raccontato alla Repubblica. Tanti i temi trattati, dai suoi ricordi da bambino ai trasferimenti sfumati. E sul futuro: "Ho fatto il corso da direttore sportivo, di sicuro voglio un ruolo operativo"

DE ROSSI, LA CONFERENZA STAMPA LIVE

Condividi:

Parma, Juventus e Paris Saint-Germain. Sono tre le squadre in cui Gianluigi Buffon ha giocato nei suoi 28 anni di carriera. Ma potevano essere di più, come ha rivelato in un'intervista a La Repubblica: "Nel 2001 avevo quasi fatto con la Roma, era questione di dettagli. Poi anche col Barcellona, ma alla fine sono andato alla Juventus. Nel 2005 non ho preso in considerazione una grandissima società straniera che mi voleva. Finito il mondiale, potevo andare ovunque. Nel 2007 c'erano almeno due squadre italiane. E nel 2011 stavo di nuovo andando alla Roma, perché con la Juve s'era rotto qualcosa. Poi però è arrivato Conte e ha imposto la mia presenza. Quando dal Psg sono tornato alla Juve, in realtà stavo per trasferirmi al Porto. E altre due volte sono stato vicinissimo all'Atalanta. La seconda avevo già deciso, ma alla Juve hanno organizzato una riunione in cui eravamo io, Paratici e Pirlo, che mi ha detto: 'Gigi, cavolo, è il primo anno che alleno, sono venuto sapendo che c'eri tu!'. Cosa potevo dirgli..."

approfondimento

La storia calcistica di Buffon in 30 foto simbolo

"Ho fatto il corso da direttore sportivo"

Per Buffon questo è stato il primo anno lontano dal campo da gioco. Un futuro il suo ancora non definito: "Dirigente? Direttore sportivo? Metto ancora il punto interrogativo. Ma comunque all'altezza della situazione nelle cose che mi piacciono. Di sicuro voglio essere operativo. Ho fatto il corso da direttore sportivo. Da gennaio poi ho cominciato un master in business and administration alla Bocconi che finirà a maggio, immaginando di lavorare per una società calcistica. Ho ricominciato una full immersion in inglese e sto iniziando a seguire giornalmente corsi di macro economia, di analisi tecnico finanziaria. Tutto molto stimolante".

"Mi sono innamorato del calcio con i mondiali del 1982"

Una vita passata con il pallone tra i guanti, ma la scintilla tra Buffon e il calcio non è scoppiata subito: "Il mio primo ricordo legato al calcio è di quando avevo 4 anni. L'inverno i miei facendo i professori e avendo due figlie più grandi mi mandavano in esilio in Friuli da nonni, zii e cugini. Era una famiglia di juventini. Mio cugino una volta mi ha messo tutta la divisa, ma io non capivo, non avevo ancora questo amore per il calcio, che è scoppiato nell'82. Tutti si riunivano a guardare le partite, io restavo in terrazzo a giocare. Ogni tanto sentivo urlare e allora entravo. Da quel mondiale lì è cambiato qualcosa. Mi hanno regalato una maglia di Paolo Rossi presa chissà dove, alle porte di Algeri. E quando la mettevo avevo l'impressione di avere poteri sovrannaturali. Lui è stato il primo dei miei tre miti, poi ci sono stati Zoff e Trapattoni".

"Indagini per le scommesse ti colpiscono nel profondo"

Nell'intervista a La Repubblica Buffon è anche tornato sulla vicenda scommesse. Come capo delegazione dell'Italia lo scorso ottobre accompagnò Zaniolo e Tonali in occasione del blitz delle forze dell'ordine a Coverciano: "La cosa che puoi fare, vista la serietà della situazione, è sdrammatizzare. Ho detto due cagate delle mie, che non posso ripetere perché non sarebbe edicativo. Ma io ci sono passato, sono quelle cose che se hai sempre rispettato le regole ti colpiscono nel profondo. E già il fatto che uno si offenda è importante: ti rassicura di essere vivo e di avere ancora qualche valore". Sulle etichette che gli hanno attaccato nel corso della sua carriera: "Quando uno pensa che il mondo ce l'abbia con lui la prima domanda da farsi è perché. E la seconda è se c'è una ragione, se hai prestato il fianco. Io sicuramente a volte sono stato leggero. Ma mi rassicurava il fatto di sapere chi sono. E a volte mi prendevo licenze per questo".