"Non è cambiato il mio gioco - assicura l'azzurro - ma è cambiata la mia percezione: oggi so qual è il mio ruolo qui dentro, so di cosa ha bisogno la squadra da me". E dei Jazz che hanno vinto 12 delle ultime 14 gare disputate dice: "Il nostro segreto è che in questo gruppo non ci sono grossi ego"
Il momento magico degli Utah Jazz - in striscia aperta di sei vittorie consecutive, con 12 successi nelle ultime 14 gare disputate - riflette il momento super positivo anche di Simone Fontecchio, che sempre più recita da protagonista. Entrato in quintetto a fine novembre, praticamente non ne è (quasi) mai più uscito, nelle ultime 14 - oltre a sfiorare i 10 punti di media a partita - sta tirando con oltre il 46% dal campo e il 40% da tre, andando anche benissimo a rimbalzo (quasi 4 a sera). I Jazz sono la squadra di Markkanen ma di tanti altri protagonisti, magari secondari, ma sempre importanti - con ben 10 giocatori che possono vantare almeno 20 minuti di impiego medio (Fontecchio ne ha 22.5). "È fondamentale - dice lui - soprattutto in questo gennaio che per noi presenta un calendario parecchio intenso [17 partite nel mese, più di una ogni due giorni, ndr]. Per questo è importante avere rotazioni ampie, perché se tutti hanno minuti è più facile restare freschi ed è anche più facile restare coinvolti", spiega. Proprio il calendario, riflette l'azzurro, è la differenza forse maggiore tra la pallacanestro USA e quella europea. "In Europa si parte a settembre e si finisce a giugno come qui, dove però si parte quasi due mesi dopo. Il calendario in NBA è più compresso e questo ammontare di partite in meno tempo è abbastanza provante: se vuoi 'sopravvivere' devi fare tutto il possibile per restare sempre concentrato, prenderti cura del tuo corpo, mantenerti in forma", racconta.
"Niente forzature: devo giocare in maniera semplice, pulita"
Sulle sue prestazioni, in netta crescita dopo un primo anno di adattamento, Fontecchio ha le idee chiare: "Non credo che il mio gioco sia cambiato molto. Quella che è cambiata è la mia percezione all'interno di questa realtà: oggi so come devo giocare, qual è il mio ruolo in questa squadra. So cosa mi viene chiesto e so quello che sono in grado di fare in campo, senza forzare nulla, giocando in maniera semplice, pulita. A volte questo vuol dire anche solo restare in angolo, per allargare il campo e aiutare i miei compagni, per dare più spazio a Lauri [Markkanen] in area. Ci sono partite in cui sono più coinvolto e altre magari in cui lo sono un po' meno, ma va benissimo così se serve per il bene della squadra". Passa anche dai miglioramenti difensivi il suo ruolo sempre maggiore per coach Hardy: "Non so se avevo bisogno di conferme in questo senso, ma poter dimostrare di non andar sotto difensivamente contro alcuni dei migliori giocatori di questa lega aumenta la mia fiducia ma soprattutto quella dei miei compagni in me".
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Il feeling che Fontecchio sembra aver trovato in questi Jazz ha a che vedere con l'intesa che si è creata anche con il suo capo allenatore, che l'azzurro descrive così: "Will è una persona molto positiva, piena di energia e di gioia di vivere - qualcuno a cui è bello stare vicino. Come allenatore è uno che non ha problemi a darti libertà in campo se gli assicuri di giocar duro, passare la palla ai compagni ed essere sempre altruista". Un aspetto, quest'ultimo, che in un roster profondo come quello di Utah assume ancora più importanza: Hardy deve fare scelte a volte anche difficili per gestire i minuti di tutti. "Non ha bisogno di dirci nulla - siamo tutti adulti", dice però Fontecchio. "Sappiamo noi per primi se stiamo giocando bene, e spesso chi finisce le partite in campo è chi sta giocando meglio. Altre volte invece non è neppure il rendimento la discriminante, ma gli accoppiamenti difensivi, le combinazioni di quintetti. Ma questo è proprio il nostro punto di forza maggiore: non ci sono grandi ego in questa squadra. Tutti vogliono solo vincere e tutti sanno benissimo che il successo della squadra viene prima di quello dei singoli", una sensazione che Fontecchio racconta di aver provato ancora soltanto con la maglia della nazionale azzurra. E che ora, in questi Jazz vincenti, sta iniziando a riassaporare.