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E-Games: summit a Losanna, storica apertura del Cio

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Una foto dall'Electronic and Entertainment Expo 2014, tenuto a Los Angeles (Lapresse)

Dopo l’ultimo Summit a Losanna, c’è stata una storica apertura del Cio agli e-sport. Per la prima volta, il Comitato Olimpico Internazionale sostiene ufficialmente che i videogiochi possono essere considerati delle discipline agonistiche vere e proprie, e quindi "un'attività sportiva". Per essere pienamente riconosciuti dovranno rispettare i valori olimpici e dotarsi di strutture per i controlli antidoping e la repressione delle scommesse

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Il Comitato Olimpico internazionale a Losanna per la prima volta ha discusso di e-sport, e per la prima volta ha aperto alla possibilità che i videogame diventino discipline olimpiche. Ma cos'è un e-sport? Di fatto potremmo considerarlo lo sport di giocare ai videogame. Da soli o in gruppo, con squadre che si allenano insieme e si affrontano in tornei. Ci sono tornei dei maggiori giochi in circolazione: Fifa per gli amanti del calcio, Call of Duty per gli amanti dei giochi di guerra, o giochi di strategia magari meno noti al grande pubblico ma molto apprezzati nel settore come il fantasy Warcraft.

Come negli sport, ci sono allenamenti e training da seguire. Per essere un bravo gamer bisogna allenarsi, anche 10-15 ore al giorno, aveva rivelato un'inchiesta del Guardian lo scorso agosto. Ogni sfida, ogni torneo si gioca sulla bravura dei giocatori e sulla strategia della squadra. E le partite possono durare anche 6-12 ore.

Le squadre sono composte da ragazzi che in media hanno dai 15 ai 25 anni. Difficilmente hanno un'età maggiore. Per molti ragazzi, soprattutto negli Usa, giocare agli e-sport è diventato un lavoro. Un lavoro vero, e ben pagato. Un caso oramai simbolo uomo è quello di Peter "ppd" Dager. Americano, 25 anni, a colpi di tornei vinti ha incassato premi di 2,6 milioni di dollari. Ha da due anni abbandonato l'attività da giocatore per ricoprire un ruolo di dirigente in un'altra squadra di e-sport: Evil Geniuses. Come un calciatore. E come nel calcio si può essere più o meno bravi, più o meno talentuosi e quindi più o meno richiesti dal mercato.

I soldi non mancano

Questi tornei, soprattutto negli Usa e in Asia sono diventati un business capace di generare nel 2016 un giro d'affari di 463 milioni. Quest'anno la previsione è di 696 milioni (+41,3%). E per il 2020, secondo il report annuale di Newzoo che è la mappa più autorevole dei numeri degli e-sport, la previsione è di 1,5 miliardi. E non mancano nemmeno i fan, che seguono giocatori o squadre specifiche. Disposti a pagare biglietti da centinaia di dollari per vedere gli incontri e spendere in media ogni anno in merchandising e biglietti 64 milioni. Celebri le notti alla Key Arena di Seattle, dove si tiene ogni anno The International: il più grosso evento mondiale di e-sports, capace di raccogliere 20mila fan e premiare le squadre vincitrici con un montepremi pari a 24 milioni di dollari. E non mancano gli sponsor, con i loro nomi sulle casacche delle squadre nei tornei: nel 2016 solo alcuni dei maggiori come Intel, Samsung, MasterCard e Coca Cola hanno speso circa 320 milioni per finanziare le squadre. I media 95 milioni per prendersi i diritti per la trasmissione delle partite. E 155 milioni sono arrivati dalle pubblicità.

Doping e scommesse

Ma nel lato lato oscuro degli e-sport, come sottolinea il Cio nel comunicato, ci sono il doping e le scommesse. Molti giovani giocatori nel corso degli anni hanno ammesso di fare un uso eccessivo di energy drink o Adderall, un farmaco (o un mix di farmaci) usato contro i deficit di attenzione. Mentre la UK Gambling Commission ha evidenziato come negli eSport ci siano forti "rischi e necessità simili ad altre forme di competizioni" come "truccare le partite". Servono quindi licenze per gli intermediari e divieti per i minori. In altre parole: il settore deve essere regolamentato. In Italia il fenomeno è ancora embrionale. Ma qualcosa è nato negli ultimi anni: nel 2016 un torneo è stato organizzato nell'incubatore di startup Nana Bianca di Firenze: si chiamava Italian Gaming League, e al vincitore andarono 5mila euro. Ancora lontani, per ora, dai numeri di Usa e Asia.