Hockey, perché il miglior ct del mondo ha scelto l'Italia

Abbiamo l’allenatore. Il migliore, probabilmente. Il resto, se vogliamo essere ottimisti, arriverà. Se dobbiamo essere realisti, il resto manca. Jukka Jalonen è il coach di hockey più celebrato e vincente a livello internazionale negli ultimi anni. Ha vinto tutto quello che c’era da vincere alla guida della Finlandia, la nazionale del suo paese. L’elenco è impressionante. Tre campionati Mondiali nel 2011, 2019 e 2022, con un secondo posto nel 2021. Il bronzo olimpico a Vancouver 2010 e soprattutto la medaglia d’oro a Pechino 2022, l’unico titolo olimpico conquistato dalla Finlandia nella storia dell’hockey ghiaccio. Ora Jukka Jalonen allenerà l’Italia. Si, quel Jalonen. La Finlandia è una nazione di 5 milioni e mezzo di abitanti ed è la numero 3 del ranking IIHF . Con Jalonen era arrivata anche ad essere la numero 1, davanti a Canada, USA, Russia, Cechia, Svezia. Cinque milioni e mezzo di abitanti che giocano ad hockey. Se non tutti, quasi tutti. Di sicuro tutti seguono l’hockey, tifano l’hockey, vivono l’hockey. L’Italia è la numero 20 del ranking IIHF, ha un numero di giocatori che fanno hockey a livello agonistico limitato ad alcune centinaia. L’hockey si vive, anche con grande passione, salendo in quota, arrivando sotto le Alpi. E nemmeno sotto tutte le montagne del nord, visto che nei campionati di vertice si sono perse regioni come Piemonte, Valle d’Aosta e Lombardia. Diciamo che Trentino-Alto Adige e Veneto esprimono l’hockey italiano con continuità. Il lavoro di Jukka Jalonen dovrà incidere su questa realtà. L’allenatore finlandese affronta a 61 anni una nuova sfida, se possibile più audace ed intrigante di quella di portare al successo la sua nazionale. La motivazione, forte, è Milano-Cortina 2026. L’Italia partecipa di diritto al torneo olimpico come paese ospitante. Con l’obiettivo di fare bella figura, in un torneo dove torneranno a disposizione di tutte le nazionali i giocatori della NHL, il campionato nord americano che raduna i migliori al mondo. Non accade da Sochi 2014. La NHL non ha più fermato la sua regular season a febbraio per permettere ai suoi giocatori di andare all’Olimpiade. Per Milano-Cortina lo farà. Sarà un torneo pazzesco. Solo la Finlandia, ad esempio, ha 48 giocatori che fatto parte del roster di squadre NHL. La Stanley Cup 2024 è stata vinta da Florida, il capitano che ha alzato la coppa è il finlandese Aleksander Barkov e nei Panthers ci sono anche Lundell, Luostarinen e Mikkola. Nel 2026 potrebbero tornare a giocare nella nazionale finlandese anche fenomeni come Hintz, Rantanen, Aho, Kapanen, Laine, Puljujarvi. Facevano parte della nazionale Under 20 che ha vinto il Mondiali Junior del 2016. L’allenatore di quella squadra era Jukka Jalonen, sempre lui. Jalonen ora lascia questa dimensione per approdare nella versione hockeystica del 'Sottosopra' di Stranger Things. La scelta della FISG del presidente Andrea Gios è ambiziosa e impeccabile. Per Milano-Cortina il progetto del Blue Team, come viene chiamata la nazionale italiana a livello internazionale, avrà a disposizione il meglio. C’è uno staff di grande qualità con gli assistenti allenatori Giorgio De Bettin e Stefan Mair, il video coach Diego Scandella e il preparatore atletico Mike Kadar. Jalonen porterà un sistema di gioco di comprovata efficacia. Ha sempre saputo ottenere il meglio dalle sue squadre, le ha sempre trasformate in un gruppo unito, ha sempre indicato obiettivi chiari e ottenuto massima applicazione e attenzione. I successi non sono venuti perché i finlandesi sono forti. Lo sono, c’è tanto talento. Ma sono forti anche altre 5 o 6 nazioni nel mondo dell’hockey. Jalonen ha lavorato negli anni partendo dalle squadre giovanili, ha creato un sistema unico e una cultura unica. Ha convinto gli esteti finlandesi che si può vincere se giochi bene e soprattutto se impedisci agli avversari di giocare bene. Insomma, per vincere serve difendere, aggredire, crederci davvero. Per vincere, bisogna voler vincere. A parole tutti lo vogliono, nei fatti pochi lo desiderano veramente fino in fondo. Il desiderio scompare con le difficoltà. Bisogna andare oltre. La Finlandia era bella e perdente. Ha vissuto con frustrazione molte sconfitte nella sua storia, le più deludenti quelle contro gli svedesi, parenti stretti per passione hockeystica e vicinanza geografica. La finale olimpica di Torino 2006, ad esempio. La Svezia, più organizzata e cinica, è sempre stata un incubo per 5 milioni e mezzo di finlandesi. Il loro Demogorgone, che rapiva i trofei e li nascondeva in una dimensione oscura. Jalonen ha cambiato l’atteggiamento tattico, non ha sempre convocato i migliori ma i giocatori più utili al suo sistema e con caratteristiche funzionali al risultato di squadra. Ma adesso, con il Blue Team, Jalonen non deve vincere. Non è credibile e non è possibile. Non c’è la quantità e la qualità di giocatori necessaria. Forse, deve fare di più. Deve trasformare la mentalità. Non solo della sua squadra. Dell’intero movimento hockeystico italiano. Deve portare una cultura, seminarla e farla crescere. Non si tratta solo di fare bella figura a Milano-Cortina 2026. Si tratta di lasciare qualcosa che inizi da Milano-Cortina e prenda forma, sostanza. Che ci sia una strada che l’hockey italiano può chiamare futuro. Lavorerà con tutte le squadre giovanili di ogni livello, ragazze e ragazzi. Darà indicazioni agli allenatori di ogni livello. Dovrà portare le sue idee anche alle società, perché siano partecipi di un progetto che riguarda i migliori giocatori italiani da adesso in poi. Con il gruppo, un selezionatore lavora nei raduni e nelle poche partite che il calendario delle nazionali propone ogni anno. I giocatori giocano nei club ed è lì che il loro percorso di crescita prosegue o si interrompe. È una situazione che ricorda sport con problematiche simili, come il rugby. Per tanti anni la federazione ha chiamato allenatori di grande esperienza internazionale e con risultati eccellenti. Se non c’è la quantità e qualità di giocatori adeguata alle idee, se non c’è un’attività di vertice anche a livello di club, i risultati possono essere deludenti. Non si cambia dimensione, si rimane nel 'Sottosopra'. Per la verità, a Jukka Jalonen possiamo chiedere anche di vincere qualcosa, tanto per iniziare. L’Italia ha fallito già due volte negli ultimi anni la promozione nella Top Division dei Mondiali e anche nella prossima edizione del torneo di Prima Divisione – Gruppo A partirà tra le favorite . Tornare a giocare il Mondiale con le nazionali più forti è l’obiettivo immediato. Costruire un movimento credibile è un lavoro che durerà anni e che ora si può impostare. Una squadra credibile è invece quella che dobbiamo già cominciare a vedere sul ghiaccio nei prossimi mesi. Jukka Jalonen era già stato in Italia all’inizio della sua carriera. Ha allenato l’Alleghe 25 anni fa e parte di quei ricordi forse hanno contribuito alla sua scelta di tornare per una sfida più grande. Una scelta di cuore e non di testa, come ha dichiarato. Istinto, dunque. Ci saranno anche stati l’orgoglio e la motivazione di tornare all’Olimpiade dove, di fatto, è il campione in carica. Dell’Italia ama tutto. Il cibo, ovviamente, i paesaggi. Lui dice anche il nostro modo di essere, di vivere. Qui la questione non è quanto Jukka Jalonen sia innamorato dell’Italia. È quanto sarà innamorata l’Italia di Jukka Jalonen nel 2026, dopo Milano-Cortina. E se tra 10 anni lo ricorderemo ancora come un grande amore.

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