A nuoto da Cuba alla Florida: Diana Nyad, la donna che ha sfidato l’oceano e l’età

Lo sport, più di una volta, è stato spunto per libri e film. Con storie e personaggi all’apparenza poco significativi, che sono riusciti a colpire, ma soprattutto emozionare, lettori e spettatori, talvolta con imprese fuori dal comune. Una di queste storie riguarda sicuramente Diana Nyad. Personaggio eccentrico, anche discusso, ma a suo modo unico. Una sorta di Paltrinieri estrema. Capace di andare oltre ogni limite immaginabile. Con una perseveranza e una voglia di non mollare fuori dal comune. Una voglia ben sintetizzata dalle prime parole dette al termine della sua più grande impresa, il 2 settembre 2013 sulla spiaggia di Key West: "Ho tre cose da dire”, erano state le sue parole. “Una è che non dovremmo mai e poi mai arrenderci. L'altra è che non si è mai troppo vecchi per perseguire un sogno. La terza è che sembra uno sport solitario, ma alle mie spalle c'è una squadra". Ecco, in questi tre concetti, di una lucidità infinita, enunciati dopo 53 ore e 177 km di nuoto nell’Oceano, c’è tutta Diana. Un fenomeno di perseveranza, cocciutaggine e allo stesso tempo voglia di vivere e sentirsi viva difficilmente riscontrabili. Perché se c’è una persona che non sa cosa voglia dire la parola arrendersi anche alle avversità della vita, quella persona è lei. Nata a New York il 22 agosto del 1949, Diana si è dimostrata da subito un'eccellente nuotatrice, soprattutto in acque libere. Una donna all’insegna dei record, come i tanti battuti nella sua longevissima carriera da nuotatrice di fondo. La sua passione per il nuoto nasce da bambina, con un sogno olimpico sullo sfondo, sopravvissuto alle molestie subite dal suo allenatore a 14 anni, ma cancellato da un’endocardite che la costringe ad abbandonare la vasca. Ma non il nuoto. Perché le acque libere come abbiamo imparato a scoprire con Paltrinieri , mari, laghi o fiumi che essi siano, sono in grado di regalare sorprese e gioie tutt’altro che scontante. E Diana trova proprio nelle acque libere la sua nuova linfa. Dal golfo di Napoli alla baia di New York. La sua prima grande impresa risale al 6 ottobre 1975 con il giro dell’Isola di Manhattan in sole 8 ore. La vita di Diana si lega in maniera indissolubile al mare e alle imprese. Come quella che mette a segno solo 4 anni dopo: nuotando nel 1979 dalle Bahamas alla Florida. Dall’isola di Bimini alla spiaggia di Juno Beach, 102 miglia a nuoto senza muta e interruzioni, in uno dei punti dell’oceano Atlantico più infestato da alcuni degli squali più aggressivi del pianeta . Una donna senza paura, sempre alla ricerca di nuove emozioni e nuove sfide al limite dell’impossibile. Ma non per lei. Perché Diana non è mai stata una capace di arrendersi. Anche se per un attimo, qualche anno , è stata sul punto di vacillare anche lei. La traversata Cuba-Florida era diventata la sua ossessione. Con diversi tentativi abortiti dovuti al meteo, in un periodo in cui tra il paese governato da Fidel Castro e gli Stati Uniti i rapporti non erano facili. Nel frattempo, dalla Florida si trasferisce a Los Angeles. L’età avanza. Ha più di 60 anni, ma quell’idea, quel tentativo di impresa continua a gironzolarle per la testa. Torna a nuotare con una certa regolarità. E quell’idea diventa un obiettivo da raggiungere. Mette su un team. Capisce che per entrare nella storia dovrà riuscire a nuotare quel pezzo di mare senza muta e gabbia per gli squali. Perché il suo sogno è quello di superare Walter Poenish e Susie Maroney che, rispettivamente nel 1978 e nel 1997, erano riusciti nell’impresa, ma appunto con l’ausilio di una gabbia protettiva. Anche se il vero incubo reale dei fondisti è un invertebrato: la medusa. E in quelle acque non è difficile trovare quella più pericolosa al mondo: la caravella portoghese, che può avere tentacoli lunghi fino a 30 metri. Parte il progetto, che diventa una spedizione a tutti gli effetti. Allenamenti, alimentazione sotto controllo. Ricerca di un team capace di prevedere le condizioni del mare, delle correnti e prevenire eventuali problemi anche con occhialini e mute speciali. Circa 40 persone e 5 barche. A capo di tutto c’è Bonnie Stoll, ex fidanzata di Diana, che oltre a farle da allenatrice tiene le fila di tutto. Non mancano i momenti di tensioni e crisi. Dal 2011 al 2013 prova l’impresa 5 volte. L’ultima è quella giusta. Le immagini di lei che dopo due giorni arriva sulla spiaggia di Key West attorniata da bagnanti increduli fa il giro del mondo. Affinché il record abbia valore non può essere toccata da nessuna fino a quando non ha superato con entrambi i piedi il confine della battigia. È la realizzazione di un sogno per Diana Nyad. Di un’impresa, voluta, cercata, mai mollata. Per tre settimane farà fatica a mangiare e parlare per le ferite provocate dal sale e dal mare. Il suo record viene ancora messo in discussione per presunte discrepanze sui criteri di una “nuotata non assistita”, che per alcuni pare essere stata assistita. Sta di fatto che l’impresa di Diana Nyad è diventata prima un libro e poi un film nel 2023. Che nella versione italiana si intitola “Nyad, Oltre l’oceano” e che ha nel cast Jodie Foster nel ruolo di Bonnie Stoll. Diana Nyad resta un personaggio forte, controverso. Che, a suo modo, alla fine di questa impresa, ci ha lasciato tre concetti non banali che intrecciano vita e sport. "Non dovremmo mai e poi mai arrenderci. Non si è mai troppo vecchi per perseguire un sogno. Il nuoto sembra uno sport solitario, ma dietro c’è una squadra". Perché talvolta una vita fatta di sport può essere la sceneggiatura perfetta per un libro o per un film.

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