Chi salverà la ginnastica ritmica italiana? Una riflessione sulle possibili soluzioni

Il problema non è se si salveranno Emanuela Maccarani o i dirigenti della FGI, la Federazione ginnastica d’Italia. Il problema è se salveranno la ginnastica ritmica. Non per l’immagine negativa che viene percepita ora all’esterno. Ma per quello che le hanno fatto all’interno. Perché questa volta non si potrà aspettare che la tempesta passi e ritorni il sereno. Una vecchia tattica che funziona spesso. Applicata qui perfettamente, lasciando fare al tempo il suo lavoro di cancellazione delle cose imbarazzanti, di cui si parla poco volentieri. Un’opera di cancellazione completata dalle medaglie olimpiche come il bronzo conquistato a Parigi dalla squadra femminile di ginnastica ritmica, le celebri Farfalle. I successi sono salti temporali nell’iperspazio che allontanano i problemi, l’orgoglio nazionale giustifica ogni cosa. Il caso ginnastica ritmica non è una questione personale, è una questione sistemica. Coinvolge allenatori, allenatrici e dirigenti, soprattutto quelli di vertice. Non è bastato al nuovo presidente della FGI Andrea Facci, eletto all’unanimità un mese fa, annunciare il licenziamento di Emanuela Maccarani, l’ex direttrice tecnica delle Farfalle, e dare inizio ad un nuovo corso. Un tentativo di voltare pagina rispetto alla vicenda iniziata nel 2022 con la denuncia di due ex ginnaste, Anna Basta e Nina Corradini, per maltrattamenti e abusi psicologici all’Accademia di Desio, il centro dove Maccarani ha allenato la nazionale di ritmica. Le intercettazioni telefoniche raccolte durante le indagini della Procura di Monza hanno riportato la vicenda indietro di molte pagine. Sono emersi commenti sprezzanti e sessisti da parte dell’ex presidente federale Gherardo Tecchi e del nuovo presidente Andrea Facci su ragazze che hanno denunciato i maltrattamenti. Facci si è prontamente scusato con Ginevra Parrini, una delle ragazze oggetto di commenti poco eleganti, anche questo un segnale di quella discontinuità con la precedente gestione che vuole attuare. Sono emersi fatti che riguardano non solo l’Accademia di Desio ma anche Fabriano dove è cresciuta Sofia Raffaeli. Raffaeli, bronzo olimpico a Parigi nell’individuale, è stata allenata a Fabriano fino al 2023 da Julieta Cantaluppi. Secondo quanto riferito in alcune intercettazioni, anche lei avrebbe subito maltrattamenti e punizioni umilianti. Sofia Raffaeli ha smentito di avere mai avuto problemi. Le intercettazioni possono dare elementi interessanti, ma tutto questo arriva dopo una serie di fatti francamente molto più sconcertanti rispetto alle battute in libertà e alle allusioni sospette che si possono fare in un colloquio telefonico, sia pure smodate, sconvenienti e volgari. È molto più grave che il capo della procura federale della FGI Michele Rossetti sia stato sospeso per gravi negligenze su decisione della Commissione di Garanzia, organo che tutela l’indipendenza e l’autonomia della giustizia sportiva. Rossetti ha condotto le indagini della procura federale nel 2022, dopo la denuncia delle ex ginnaste per i presunti maltrattamenti all’Accademia di Desio. Un procedimento che si concluse con una semplice ammonizione per Emanuela Maccarani. A Maccarani fu tolta la responsabilità dell’Accademia come dirigente, ma fu confermata come allenatrice delle Farfalle dal presidente Tecchi. Il procedimento sportivo, da quello che risulta dalle intercettazioni dei Carabinieri su incarico della Procura di Monza, fu viziato da una condotta per nulla autonoma, riservata e indipendente. Rossetti riferiva al presidente Tecchi il contenuto degli interrogatori, stabiliva con lui le strategie. Sentiva Maccarani e si accordava per avere testimonianze più favorevoli. Un comportamento che è stato definito dalla Commissione di Garanzia ‘Una violazione dei doveri di indipendenza e riservatezza, con grave negligenza nell’espletamento delle funzioni’. Processo aggiustato Il processo sportivo è stato un processo aggiustato. Non perseguiva l’accertamento dei fatti ma cercava i tarallucci da intingere nel vino. Lo scopo era quello di far passare la tempesta senza danni. I danni sono arrivati lo stesso: due anni e mezzo dopo è tutto da rifare, la tempesta è tornata. Il giudice per le indagini preliminari della Tribunale di Monza ha chiesto l’imputazione coatta di Emanuela Maccarani per aver adottato metodi di allenamento non conformi e pressioni psicologiche che hanno provocato disturbi anche di carattere alimentare ad alcune ragazze. La procura aveva chiesto l’archiviazione per Maccarani e per la sua assistente Olga Tishina, ma il GIP di Monza l’ha confermata solo per Tishina, che dunque non andrà a processo. Il processo penale ci sarà invece per la prima. Nell’ordinanza del GIP si ipotizza il reato di maltrattamenti, articolo 572 del Codice penale, che punisce chiunque maltratti una persona sottoposta alla sua autorità o a lui/lei affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza, custodia, o per l’esercizio di una professione o un’arte. L’ordinanza elenca gli elementi di prova acquisiti nell’indagine, attraverso interrogatori, intercettazioni e analisi dei contenuti dei telefoni sequestrati. I maltrattamenti vengono descritti come urla incontrollate, insulti, lancio di oggetti, parole di scherno, esercizi imposti anche in casi di problemi di salute delle ragazze. Viene citata anche l’omessa predisposizione di un supporto nutrizionale e psicologico, nonostante fosse stato richiesto da alcune ginnaste e nonostante situazioni di rischio già verificatesi in passato. I nuovi fatti e la pubblicazione delle intercettazioni hanno aperto nuove inchieste della giustizia sportiva. Si è mossa la procura generale del Coni guidata dal prefetto Ugo Taucer. Quando scoppiò il caso nel 2022, la federazione ginnastica presieduta allora da Gherardo Tecchi disse di non tollerare gli abusi, “Perché lo sport è rispetto della persona, celebrazione del talento e del benessere”. Poi, in questi anni ha perso l’occasione per dimostrare che crede veramente in questi principi. Ora i procedimenti penali e sportivi faranno il loro corso. Solo al termine sapremo se le persone coinvolte saranno ritenute responsabili e di cosa esattamente. Se le ex ginnaste che hanno avuto il coraggio di denunciare vedranno riconosciute le loro ragioni. Se la loro esperienza riguarda o ha riguardato altre ragazze. Ma una vittima, sicura, c’è già. Non serve che lo stabilisca un giudice o un tribunale. La vittima è la ginnastica. È stata maltrattata. Non ci sono dubbi. Una risposta arrivò da Vanessa Ferrari, la regina dell’artistica, argento olimpico a Tokyo al corpo libero e prima azzurra campionessa del mondo nel concorso generale poche settimane prima di compiere 16 anni. In un suo lungo commento su Instagram disse di non essere sorpresa delle denunce fatte da ex ginnaste. Parlò delle sue esperienze negative, dei problemi di disturbi del comportamento alimentare a 19 anni, del ricovero in clinica a Verona, del percorso durato un paio d’anni per riuscire a guarire grazie al supporto di esperti. Vanessa riconosceva che lo sport di vertice è fatto di sacrifici e rinunce, “Ma prima di tutto, prima di qualsiasi risultato, vengono le persone e la loro salute”, come scrisse letteralmente. La frase che anche oggi colpisce maggiormente era un appello. Un appello all’umanità delle persone. Perché deve esserci un confine netto tra severità in ottica di disciplina e cattiveria. Viene da chiedersi se mai i dirigenti, i funzionari, gli allenatori e le allenatrici, i ginnasti e le ginnaste, le hanno lette bene queste parole. Se ci hanno mai fatto un pensiero. Vanessa continuava ammettendo un certo scetticismo, perché “Probabilmente le persone nel profondo non cambieranno mai”. Senza rinunciare però alla speranza: parlando costantemente, denunciando tempestivamente, forse si può far ragionare chi commette certe azioni e si può scegliere quale è il modo migliore di agire. In poche righe Vanessa Ferrari aveva scritto nel 2022 il programma per ripulire la ginnastica, per voltare pagina. Dichiarando il suo amore per la ginnastica, uno sport magnifico e complesso. Dichiarando la volontà di non prendere le distanze dall’ambiente, perché non era così che si potevano cambiare le cose. Pochi giorni dopo quel messaggio, Enrico Casella, storico allenatore di Vanessa Ferrari e direttore tecnico della nazionale di ginnastica artistica femminile, rilasciò una dichiarazione in cui confermava i momenti difficili affrontati da Vanessa, aggiungendo delle ammissioni importanti. Il metodo di allenamento è cambiato negli anni, scriveva Casella, spiegando poi di aver personalmente contribuito a modificare atteggiamenti che considerava sbagliati. Casella concludeva dicendo che abusi e insulti non potevano essere tollerati e accettati. Fa un po’ impressione leggere questa dichiarazione a distanza di oltre due anni, ora che alcune intercettazioni coinvolgono proprio Casella e l’ambiente della nazionale di artistica, dove, secondo un dirigente intercettato, una ragazza sarebbe stata anche presa a sberle. Si saprà anche in questo caso prima o poi cosa c’è di vero e se sono state parole in libertà al telefono, poco rilevanti sul piano delle responsabilità a qualsiasi livello. O magari se sono state un tentativo di dire… beh, lo facevano tutti. Se tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole. Una vecchia tattica, anche questa. Ma qui almeno c’è un direttore tecnico che ha detto che c’erano delle cose sbagliate e che sono state corrette. Poi, per il bene della ginnastica sarebbe necessario anche capire meglio nei dettagli. Quali erano le cose sbagliate? Le procedure del peso e il loro controllo? L’alimentazione? Gli allenamenti? Gli atteggiamenti? Le eventuali imposizioni? Se il problema della ginnastica era ed è sistemico, la soluzione deve essere sistemica. Quindi è necessario analizzare ogni cosa, descrivere prima il metodo per poi cambiarlo. Le responsabilità individuali vanno stabilite e perseguite, certo, è una cosa che vale per tutti. Ma è questo che serve alla ginnastica? È questo che la salverà? No. Non è questo il punto. Sulle eventuali responsabilità di Emanuela Maccarani saranno i procedimenti in corso a stabilire e decidere. Non sarà comunque la soluzione. Se tutto finisce con l’individuare un colpevole, o pochi colpevoli, il problema potrebbe essere destinato a rimanere. Perché il problema è capire veramente, sapere veramente quello che accadeva nelle palestre. Stabilire cosa andasse bene oppure no. Bisogna avere il coraggio della trasparenza. Emanuela Maccarani ha sempre detto in questi anni che non ha nulla da rimproverarsi, che non ha mai fatto nulla di sbagliato. In tante palestre d’Italia, qualcosa di sbagliato c’era, le denunce sono state tante. Anche nell’artistica qualcosa di sbagliato c’era e lo ha testimoniato anche Vanessa Ferrari. Nella ritmica, nell’Accademia di Desio, secondo Maccarani invece nulla. Niente. Solo applicazione di un suo metodo, correzioni e atteggiamenti rivolti alla tecnica e mai alle persone, cioè alle ragazze. Le denunce e gli elementi raccolti nell’indagine ed elencati nell’ordinanza del GIP di Monza descrivono altro. Ecco, sarà importante capire perché uno stesso episodio o atteggiamento viene percepito in un modo così evidentemente diverso. È importante chiedersi se il metodo sia corretto oppure no. E qualcuno una risposta la dovrà dare, alla fine. Finora è un problema che si è evitato di affrontare. Anche il nuovo corso della FGI, il nuovo presidente e il nuovo consiglio, non potranno fare a meno di cercarle queste risposte. Ora che Maccarani è coinvolta in un procedimento penale è logico che pensi alla sua difesa personale e continui sulla sua linea. Poi, forse più avanti, potrebbe cogliere un’occasione che ha perso in questi anni. Se una parola, un atteggiamento, un’abitudine non corretta, piccola o grande, c’è stata, periodica o anche solo isolata, un giorno potrà dare un aiuto per capire le cose e cambiarle. Ha dato un contributo straordinario alla ginnastica ritmica italiana. Nessuno le chiederà mai indietro l’ordine al merito della Repubblica, la palma d’oro al merito tecnico e la stella al merito sportivo. Lo sport italiano deve essere riconoscente per le 4 medaglie olimpiche, le oltre 200 medaglie conquistate nelle competizioni internazionali come mondiali, europei e coppe del mondo. C’è una nota stonata, a suo modo significativa. Dopo la medaglia di bronzo vinta a Parigi, una medaglia arrivata dopo un periodo certamente difficile per lei e per le Farfalle, ha parlato di una gara dove “Purtroppo ci sono stati degli errori”. Soprattutto uno. “Il dispiacere è la perdita d’attrezzo della capitana nel primo esercizio, che ci è costato due punti”. La capitana era Alessia Maurelli. Che aveva appena dedicato la medaglia di bronzo alla sua allenatrice, Emanuela Maccarani. E che l’ha difesa sempre ad ogni livello, soprattutto durante gli interrogatori davanti ai magistrati di Monza o davanti alla procura federale. Nonostante nelle chat dei telefoni sequestrati alle ragazze, Maurelli compresa, ci sono messaggi con parecchie lamentele sui metodi e gli atteggiamenti di Maccarani. Eppure, è sempre stata dalla sua parte. Maccarani dopo il bronzo olimpico e dopo la dedica, ha ritenuto opportuno sottolineare l’errore della sua capitana. Vengono in mente le parole di Vanessa Ferrari sull’umanità delle persone, sul confine tra severità e cattiveria, sulle persone che potrebbero ragionare meglio sulle proprie azioni e scegliere il modo migliore di agire. Quell’accusa rivolta alla sua capitana non è sembrata semplicemente la pignoleria di una allenatrice rigorosa ed esigente. Che vede solo la tecnica e non pensa al resto. Ecco, se non pensa al resto, al peso delle sue parole, questo sì che è un problema. Potrebbe essere un esempio di quel qualcosa che viene evidentemente percepito in modo diverso. Qualcosa che altri non avrebbero fatto. Potrebbe essere definito un errore, qualcosa di sbagliato. Nessuno è infallibile, dopotutto.

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